Da piazza Sant’Eustorgio alla Chiesa ortodossa romena l'Arcivescovo ha presieduto la preghiera ecumenica che ha riunito i membri del Consiglio delle Chiese cristiane della città: «Guardiamo i disastri provocati dalle armi sempre più potenti, più costose, più insopportabili»

pace

di Annamaria Braccini

«La guerra che è un’offesa, una mancanza di rispetto per la vita umana e per la creazione. Come figli di un unico Padre celeste non abbiamo altro potere che implorare la pace, anche se non possiamo rimanere indifferenti ai drammi che fanno da preludio alla settimana delle passioni. La nostra arma è la preghiera, perché tacciano le armi, affinché i popoli in conflitto, per le decisioni dei loro governanti, ricevano il dono della riconciliazione».

Nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, da tempo affidata alla Chiesa ortodossa romena, padre Traian Valdman, vicario patriarcale della stessa comunità in Italia, dà così il suo benvenuto ai moltissimi che gremiscono la parrocchia fin all’esterno, per la preghiera ecumenica per la pace promossa dal Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, alla presenza dell’Arcivescovo.

Partito dalla Basilica di Sant’Eustorgio, l’evento – che vede la partecipazione di tanti ministri e fedeli delle 19 Confessioni cristiane aderenti al Cccm – si avvia con una breve processione attraverso il parco delle basiliche per arrivare alla chiesa di via De Amicis. Dove, tra canti, invocazioni di perdono, momenti di riflessione, accompagnati dal suono struggente di un violino, si prega con molte voci di differenti fedi cristiane,  tutti insieme.   

L’Arcivescovo durante la sua meditazione

La meditazione dell’Arcivescovo

Commossa è la meditazione dell’Arcivescovo (leggi qui il testo integrale), che prende la parola, presiedendo il rito, con padre Valdman e la pastora della Chiesa evangelica valdese Daniela Di Carlo, e commentando il brano di Esodo al capitolo 3: «Dio degli oppressi, Dio degli indifesi e degli sconfitti, ascolta ancora il nostro grido come hai ascoltato il grido del tuo popolo oppresso. Siamo umiliati in questa terra dove scorre latte e miele, terra della prosperità e dell’intelligenza, della libertà e della democrazia, ma dove ancora i fratelli disprezzano, odiano, uccidono i fratelli. Ascolta ancora il nostro grido – invoca l’Arcivescovo che aggiunge -. La nostra terra è stata bagnata, nei secoli, da troppo sangue, è stata oppressa da troppa prepotenza sanguinaria, ingannata da troppa menzogna. Siamo umiliati e ci sentiamo impotenti: nelle nostre chiese il popolo della pace invoca la tua misericordia, riconosce il proprio smarrimento e condivide la compassione per i fratelli uccisi, per le persone vittime della violenza, per le famiglie derubate delle loro case e dei loro beni; guarda con sconcerto i disastri provocati dalle armi sempre più potenti sempre, più costose, sempre più insopportabili».

Il richiamo è a Mosè, al dramma della cattività d’Egitto e alla sofferenza di oggi: «Mettevi in cammino, come dice l’Esodo. Se siete come Mosè, e ancora vi interrogate nel nome di Dio, se vivete la fede inquieta mettetevi in cammino, siete adatti a percorrere le vie della pace. Se siete come Mosè incapaci di parlare, intimoriti all’idea di parlare davanti ai potenti, mettetevi in cammino: siete adatti a percorrere le vie della pace; se siete come Mosè terrorizzati dall’incalzare dell’esercito invincibile del Faraone mettetevi in cammino. Se siete come Mosè scoraggiati per le troppe chiacchiere, critiche, pretese, proteste di un popolo sempre scontento, mettetevi in cammino. Ecco cosa dice Dio a coloro che si accostano al roveto che arde per il fuoco e non si consuma: cerate gente che si mette in cammino per seguire Gesù, il principio della pace, la via, la verità, la vita»

Le altre meditazioni

Poi, le invocazioni e ancora meditazioni. Il vescovo di Lodi, monsignor Maurizio Malvestiti, delegato Cel per l’Ecumenismo e il Dialogo, nota: «Abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali e stiamo tradendo le speranze dei popoli e dei giovani. Con vergogna diciamo, abbi pietà, Signore».  

Il pastore Nino Plano, della Chiesa cristiana avventista del 7* giorno, commenta il brano proposto dalla seconda Lettera paolina ai Corinzi e parte da un’esperienza personale: «Celebrando tra i nostri fedeli ucraini, ho visto una ragazza a me sconosciuta, di Bucha, scappata il 27 febbraio. Mi sono avvicinato e questa giovane è scoppiata in lacrime: non sono servite parole, è stato sufficiente guardarsi negli occhi per vedere il dolore. La guerra distrugge relazioni, spezza le vite. Questo accade quando l’essere umano decide di dare spazio ai propri egoismi, al desiderio di vendetta, al dolore come un vortice senza fine. È difficile trovare soluzioni, ma esiste la possibilità di sanare il vaso rotto, la strada è quella della riconciliazione. Da tutti noi riuniti deve provenire una parola di riconciliazione, perché quel pianto di dolore possa trasformarsi in un pianto di gioia».

Il riferimento è al gesto, fortemente simbolico, di un vaso rotto portato da una ragazza ucraina – che veste con i colori nazionale del suo Paese, l’azzurro e il giallo –  e una russa. Vaso ricomposto da un bambino a nome delle nuove generazioni.

I partecipanti alla preghiera ecumenica

La pace trasforma

Padre Ambrogio Makar, archimandrita del Patriarcato di Mosca, legge in lingua russa e ucraina un brano del capitolo 14 del Vangelo di Giovanni, tradotto da padre Shehata, della Chiesa Copta Ortodossa d’Egitto, e padre Ionut Rodu, della Chiesa Ortodossa romena lo approfondisce, osservando: «La pace è un dono di Dio e deve essere cercata diligentemente nell’anima, nella famiglia e nella società. La pace è donata personalmente da Dio è così ricevuta, ma ha un effetto trasformante sulle relazioni umane. Abbiamo bisogno della lucidità della fede, la Chiese devono parlare con relazioni veritiere anche in guerra. Il fatto che siamo qui è un messaggio di speranza. Ci sono differenze, ragioni storiche, politiche, sociali, ma di fronte alla guerra tutto decade; lo straniero è davvero l’icona di Cristo. Nella diversità delle persone si testimonia l’amore secondo il modello ella Santa Trinità che non è livellamento delle persone. Non si può strumentalizzare Dio, né abbassare le Scritture per sostenere la cattiveria. Pace politica e civile, dentro e fuori, con Dio e la coscienza, con la vita e con la morte: questa è la nostra pace, quella dei piedi insanguinati di Cristo».

Infine, la preghiera conclusiva proclamata dal vicario di Settore, monsignor Luca Bressan – presente anche il responsabile del Servizio per l’Ecumenismo e i Dialogo della Diocesi, il diacono Roberto Pagani – e il saluto e ringraziamento del presidente del Cccm, Francesco Castelli che evidenzia la collaborazione con l’Ucid, l’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, «che ha creduto e realizzato in maniera convinta la diretta streaming della preghiera trasmessa in differita in alcune piazze europee e che raggiungerà dei canali digitali nel territorio della Federazione Russa». 

Un momento della serata

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