In Curia, alla presenza dell'Arcivescovo, si è svolta l'assise diocesana. Al centro la sintesi delle consultazioni proposta dal referente don Walter Magni
di Annamaria
BRACCINI
Il benvenuto dell’Arcivescovo, l’invocazione dello Spirito e la lettura del Vangelo di Giovanni al capitolo 14, che trasformano subito il festoso ritrovarsi in un attento momento di ascolto e di riflessione di credenti impegnati nel cammino. È la Consultazione sinodale della Diocesi di Milano, in vista del Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità che, molto attesa, si svolge nel salone dei convegni della Curia arcivescovile.
Una trentina i partecipanti, tra cui i componenti delle Commissioni Sinodo dei Consigli pastorale e presbiterale diocesani, rappresentanti dei Servizi e Uffici di Curia di interesse pastorale, delle articolazioni ecclesiali, degli organismi della vita religiosa e consacrata, del laicato, del Seminario e i membri del Cem.
A tenere la relazione don Walter Magni, referente diocesano per il Sinodo, voluto in questo ruolo dall’Arcivescovo.
La relazione del referente
«La domanda fondamentale che introduce la Traccia proposta per la consultazione dalla Segreteria del Sinodo ha favorito di fatto un duplice percorso – spiega -. Il primo ha avviato l’ampia descrizione della condizione nella quale si trova la Diocesi di Milano dal punto di vista del processo sinodale. Il secondo si è rivelato una prospettiva spirituale non scontata, nei confronti della quale dovremo tutti imparare a esercitarci».
Da qui la logica della sintesi provvisoria proposta, che «va complessivamente intesa come una sorta di progressivo passaggio da una lettura meramente quantitativa delle consultazioni pervenute, allo stupore per ciò che ancora lo Spirito suggerisce come passi da compiere alla Chiesa che è in Milano».
Il cammino
Dall’intenso lavoro svolto, nei decenni, dai Sinodi diocesani – a cui diede forte impulso l’episcopato del cardinale Martini negli anni Ottanta – «le occasioni positive sono state molte e virtuose», certamente, come osserva don Magni, che tuttavia indica alcune criticità, a partire dal significato stesso di «sinodalità», «sfuggente e difficile da precisare».
Cruciale la difficoltà nell’ascolto reciproco, «soprattutto nella relazione tra chi presiede e l’insieme dei fedeli, come se laici e presbiteri si fronteggiassero. Molti hanno segnalato un debito di ascolto nei confronti di categorie quali i laici impegnati in servizi di formazione, le minoranze etniche, coloro che hanno perso la fede o che hanno subito particolari ferite, per esempio, i divorziati risposati, ma anche gli anziani soli, le donne, gli adolescenti e i giovani, i migranti irregolari e i rifugiati, le persone particolarmente affette da qualche forme di disabilità o disagio psichico, come pure nei confronti di chi non partecipa più regolarmente alle iniziative delle comunità, o è stato o si è volutamente allontanato, compresi LGBT dichiarati».
Emerse anche, nei vari contributi – ben due sessioni del Pastorale e del Presbiterale sono state dedicate al tema sinodale -, una certa freddezza che genera difficoltà nel seguire celebrazioni eucaristiche e nell’ascolto della Parola di Dio, come pure abbastanza assente (o, perlomeno periferica) la comprensione della dimensione spirituale della sinodalità.
I segni dei tempi
Notevoli il referente definisce «i segni dei tempi, dalla vivacità delle comunità religiose, di consacrati e consacrate, di articolazioni laicali da comprendere maggiormente, nei loro carismi, alle preoccupazioni per la realtà giovanile». Giovani per cui si intravvede una duplice problematicità: «Lo scollamento sempre più marcato ed evidente dei giovani dalle nostre comunità e la precarietà formativa e la mancanza di prospettive future, che abbattono in loro la speranza. Tale emergenza educativa provoca specialmente alcuni ambiti pastorali e sociali dedicati – oratori, società sportive, scuole, ecc – a diventare contesti educativi più accoglienti e affidabili, dove le relazioni siano maggiormente profonde e incisive, capaci di trasmettere valori alti». Segno dei tempi anche l’attenzione alla santità della porta accanto, come testimonia la futura beatificazione di Armida Barelli e don Mario Ciceri.
I passi da compiere
Infine, arrivano alcune proposte.
«Un primo passo consiste nella graduale acquisizione di una più precisa metodologia sinodale, in ordine a qualsiasi decisione di carattere ecclesiale. In tal senso si potrebbe utilmente imparare dalla metodologia ordinariamente applicata nella celebrazione dei Capitoli generali degli istituti religiosi, come anche dalle procedure sinodali già sperimentate da alcune associazioni e gruppi ecclesiali, per esempio l’Azione Cattolica».
Un secondo passo «riguarda l’avvio di una più giustificata distinzione tra la centralità dell’Eucaristia che “fa la Chiesa” e che trova nella forma della parrocchia la sua territoriale collocazione, e la funzionalità pratica di altre forme di organizzazione territoriale della Chiesa diocesana: unità pastorale, comunità pastorale, decanato. Andrebbe pertanto favorito il superamento di una Chiesa pastorale/clericale unidirezionale, dando maggior rilievo all’icona conciliare della Chiesa Popolo di Dio. Si potrebbero costituire ad experimentum piccole comunità fondate “non sul fare, ma sullo stare”, caratterizzate da una sana familiarità e da una concreta accoglienza. Realtà e parrocchie “scintille”. Se non si procederà in questa direzione, gli eventi stessi ci obbligheranno a cambiare».
Un terzo passo – ha proseguito Magni – riguarda il vasto mondo della scuola «che chiede d’essere considerata soggetto ecclesiale, al fine di meglio condividere la missione evangelizzatrice della Chiesa».
«Un ultimo passo riguarda la linea segnalata dallo stesso Arcivescovo, che auspica che questo processo sinodale diventi occasione per la Diocesi di evidenziare e proporre modelli, prototipi, esperienze sinodali esemplari. A tal fine andrebbero avviate in Diocesi delle scuole di sinodalità, incrementando percorsi non solo teorici, ma laboratoriali, che insegnino a riflettere sulle esperienze che viviamo e sugli stili che esercitiamo».
Gli interventi
Si prosegue con i brevissimi interventi dei presenti, attenti a sottolineare la necessità di un incremento dell’ascolto, della capacità di camminare insieme. Non manca la sottolineatura di meglio definire, nella traccia, il ruolo dell’oratorio, degli insegnanti credenti anche nelle scuole pubbliche, dei laici impegnati in percorsi socio-politici, delle famiglie da non considerare «sempre e solo problematiche».
Da tutte queste sollecitazioni – è da quelle che perverranno per iscritto nei prossimi giorni – verrà completata la traccia, da presentare entro aprile alla segreteria della Conferenza Episcopale Italiana, dopo essere stata sottoposta al Cem riunito il 27 aprile.
Lo sottolinea l’Arcivescovo, che ringrazia «per il lavoro impegnativo svolto dal referente, arrivato a sintesi coerente».
Valorizzare una Chiesa propositiva
«Questa assemblea ha una sua solennità, perché dà la sua approvazione a ciò che, come Chiesa ambrosiana, presentiamo alla Chiesa italiana. Lo scopo è contribuire a un contesto sinodale ampio, ma anche dire a che punto siamo nell’impegno sinodale».
Due le osservazioni dell’Arcivescovo.
«Ho percepito una partecipazione e uno stile costruttivi: il clima è stato positivo, perché segnato dalla qualità cristiana del dibattito. Naturalmente si può anche pensare a una sorta di rassegnazione che viene dallo scetticismo che non possiamo approvare. Mi pare che entrambi gli aspetti sono presenti e questo ci impegna al compito di accendere scintille in un procedimento sinodale».
Per quanto riguarda il contenuto, l’Arcivescovo nota come alcune critiche «forse, ci chiedano di guardare non sempre a ciò che manca o che è negativo, ma a ciò che si fa. Non per essere reticenti, o non per volere il cambiamento, ma per non enfatizzare le difficoltà che creano un clima deprimente. C’è un seme di sinodalita che è molto promettente – come indicano i Gruppi Barnaba – per cui noi impariamo a lavorare in modo sinodale perché stiamo lavorando in modo sinodale».