Nel primo di tre incontri organizzati negli oratori ambrosiani monsignor Delpini ha dialogato con i ragazzi, rispondendo alle loro domande sulla vita, la vocazione, il rapporto con i genitori e agli amici

di Annamaria Braccini

Arcivescovo agli adolescenti
Foto di gruppo al termine della serata di Peschiera Borromeo

Un dialogo, semplice, diretto, vissuto in un’atmosfera serena e “feriale”, dopo aver cenato tutti insieme nel grande salone dell’oratorio. Il primo dei tre incontri voluti dall’Arcivescovo in altrettante realtà parrocchiali (leggi qui la presentazione), per incontrare gli adolescenti e ascoltarli nei luoghi e nei tempi in cui normalmente si ritrovano, ha certamente raggiunto l’obiettivo. Infatti a Peschiera Borromeo (Zona VI) sono stati davvero tanti i ragazzi e le ragazze della Comunità pastorale San Carlo Borromeo che, con il parroco don Zaccaria Bonalumi e gli altri quattro sacerdoti impegnati nells Cp, non hanno voluto mancare all’appuntamento.

«Quest’anno abbiamo scelto di mettervi al centro dell’attenzione, perché per noi siete il bene più prezioso», spiega in apertura don Stefano Guidi, direttore della Fom e responsabile del Servizio diocesano per l’Oratorio e lo Sport, richiamando l’anno straordinario degli adolescenti in corso. A partire dalle sollecitazioni venute dall’approfondimento della lettera intitolata Fellowers indirizzata dall’Arcivescovo a tutti gli adolescenti, si avvia il dialogo con gli “ado”, che prendono via via la parola accanto a don Simone Riva, incaricato della Pastorale giovanile.  

Una delle ragazze che hanno dialogato con l’Arcivescovo

I genitori e l’amicizia

Irene, prima superiore, chiede perché ci sono «alcuni argomenti che non si possono discutere con i genitori». La risposta dell’Arcivescovo a questa domanda – che definisce «complicata, differente a seconda delle varie famiglie e che, comunque, riguarda i temi più seri della vita» – fa riferimento al naturale evolversi nella crescita: «Viene un’età in cui nasce l’idea che bisogna lasciare madre e padre, e si cercano interlocutori fuori di casa su interrogativi che è giusto porre». Questo non è un male, osserva ancora l’Arcivescovo, «a patto che si trovi qualcuno che offre risposte. L’abilità del genitore è di lasciare andare i figli, incoraggiandoli. Si impara a essere donne o uomini perché, più che i discorsi, si ricorda un esempio e che tipo di persone erano i genitori. Quello che conta non sono tanto le risposte, ma un modo di essere che abbiamo imparato nelle nostre case».

L’Arcivescovo ascolta le domande degli adolescenti

Gli anni del Seminario

Lorenzo, sempre prima superiore, chiede al Vescovo quale sia il suo ricordo preferito, magari vissuto con un amico. Il pensiero non può che andare ai tempi del Seminario, con il giovane futuro don Mario per il quale «l’amicizia è stato uno dei rapporti più importanti della vita, specie negli anni del Liceo. Tre sono le cose che hanno contato: il gusto del parlare di argomenti seri, perché la conversazione ci fa rendere conto che l’altro si aspetta qualcosa da noi; le imprese, ossia fare qualcosa che da solo non si potrebbe; i riti, come il Rosario recitato insieme».

Si continua con Elena, terza superiore, che domanda ancora degli anni del Seminario e «se, così, non si è perso qualcosa dell’adolescenza». «Sono entrato in Seminario a 17 anni – spiega l’Arcivescovo – ed era bellissimo stare con i compagni di classe, perché volevo fare il prete. Non mi è proprio sembrato di perdere niente. Andare in Seminario per me è stato solo un vantaggio».

«Cosa vede di speciale nei nostri preti?», aggiunge un’altra ragazza. «Vedo che vivono la dedizione con naturalezza. La vita per noi è unificata nella dedizione», la risposta che arriva immediata come quella al dubbio di Sofia: «La vocazione la devi cercare o accade?».

La vocazione

«La fede fa sì che Gesù sia l’interlocutore e, quando è una presenza reale, le scelte si fanno con lui, ascoltandolo. La vocazione è la scoperta che la vita ha un senso, perché qualcuno ci ha chiamato a vivere. Oggi sembra che il destino sia il nulla. Invece, quando qualcuno incontra il Signore, sa che siamo chiamati non per morire, ma per la vita eterna. La ricerca della propria vocazione significa fare un incontro con la realtà, trovando una risposta quotidiana nella consapevolezza di essere figli di Dio».

Una delle risposte dell’Arcivescovo

I saggi consiglieri della vita e la speranza

Virginia, seguendo quanto indicato nella lettera, si interroga su «come riconoscere i saggi consiglieri». «Chi sono? – scandisce l’Arcivescovo -. Sono coloro capaci di volere il vostro bene, la libertà, di non legare a se stessi. I saggi consiglieri con creano dipendenze, dicono la verità e, così, offrono la persuasione che voi andate bene per vivere, siete adatti. Ciò è particolarmente importante nell’adolescenza, quando talvolta ci sono conflittualità con i genitori o difficoltà a scuola. Voi potete fare le cose serie della vita».

Infine, Ivan: «Se dovesse scegliere un’azione per migliorare il mondo, cosa farebbe?». «Organizzerei delle feste per la famiglia, perché il mondo non migliora con i grandi proclami, ma per la vita di famiglie unite e liete. Poi cercherei motivi per sperare, perché la speranza è diventata un poco straniera nella cultura contemporanea. Ci sono stati decenni, nel passato, nei quali sembrava necessario solo organizzare in vista di un progresso indefinito dell’ottimismo senza fine; al contrario, oggi siamo convinti che tutto vada male e che domani andrà peggio. Si è insinuata l’idea del buio, invece, occorre seminare la speranza che nasce dall’affidarsi alla promessa andando sulle strade di Dio perché si è riconosciuto in Gesù».  

A conclusione della serata, dopo il trasferimento in chiesa, si prega insieme. Viene distribuito un foglietto con alcune domande sulla serata, per continuare a tenere vivo il rapporto creatosi con l’Arcivescovo, che rivolge ai ragazzi un’ultima raccomandazione: «Il Signore è alla porta, ti fissa, anche se magari non lo senti perché dentro hai il caos. La vostra vita, nei giorni belli e brutti, facili o meno, è benedetta da Dio, ricordatelo sempre».

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