L’Arcivescovo: «Non è al riparo dalle difficoltà e dalle paure che provano tutti, ma può testimoniare una certezza: la nostra destinazione non è il nulla e la morte, ma la risurrezione di Gesù»

di Annamaria Braccini

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Come si può descrivere l’emergenza spirituale? In occasione della XXVI Giornata mondiale della Vita consacrata, a fare questa domanda è l’Arcivescovo, che già da tempo indica la necessità di affrontare questa stessa emergenza, aggravata dalla pandemia, ma certamente non nata con il Covid. Semmai emersa in modo drammatico in questi mesi di fatica e dolore. «Avrò cura di te» – il titolo del video che racconta tre esperienze di altrettante consacrate – è il “filo rosso” che ispira la riflessione dell’Arcivescovo.

Quali sono i segni distintivi di questa emergenza?
Ne identificherei due. Il primo potremmo esprimerlo così: io tendo la mano, ma chi l’afferra? Da qui il senso della solitudine. Un secondo carattere è la paura di fronte a ciò che sta succedendo e all’incertezza di quanto ci aspetta, per cui tanti vedono davanti a loro solo un grande buio. Sentimenti, quindi, di solitudine, paura, disperazione.

Come la vita consacrata può incidere su questa situazione attuale?
Ovviamente la vita consacrata non è al riparo dalle prove, dalle difficoltà, dalle paure che provano tutti, ma può dire che la solitudine non è la nostra verità, perché c’è una presenza amica che ci prende per mano. Può testimoniare che c’è una fonte di fortezza, una capacità di resistenza che ridimensiona, rende affrontabile e sostenibile la paura e la vince. La vita consacrata non è al riparo dall’inquietudine sul futuro, ma afferma una certezza: la nostra destinazione non è il nulla e la morte, ma la risurrezione di Gesù. Dunque, l’emergenza spirituale può trovare nell’esperienza della vita consacrata non una soluzione, non la risposta a tutti i problemi, ma una dimostrazione di quello che la fede può produrre.

Come?
Può esserlo perché a chi sta attraversando questo tempo di emergenza spirituale si presenta come la mano amica che prende per mano chi invoca una presenza; la realtà affidabile che vince le paure, come la testimonianza di fede di quanti credono nella risurrezione. In conclusione, potremmo dire che il compito che ha la vita consacrata di fronte all’emergenza si può esprimere come un aiuto fatto di tre «a», ascolto, amicizia, annunciazione: la tua mano è tesa e io la prendo, ti ascolto; la tua solitudine è vinta; la tua disperazione può dissolversi, io ti annuncio la risurrezione.  

«Avrò cura di te»: in un video testimonianze di consacrate di fronte alla pandemia

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