Il Presidente della Fondazione Don Gnocchi commenta i dati emersi dal rapporto realizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà. Il 9 dicembre Messa con l’Arcivescovo all’Istituto Palazzolo
di Annamaria
Braccini
«In questo momento la situazione nel nostro Paese è molto delicata perché ci troviamo in una fase nella quale anche a livello politico si sta ripensando la gestione dell’assistenza ad anziani e disabili in una prospettiva post-Covid. Basti sapere che in Italia, rispetto a 2.700.000 anziani non autosufficienti, i posti letto dedicati loro offerti dallo Stato sono circa 300 mila e lo stesso vale per i disabili».
A sottolineare queste complessità del mondo assistenziale è don Vincenzo Barbante, presidente della Fondazione don Carlo Gnocchi che, con don Marco Bove, presidente della Fondazione Sacra Famiglia, ha partecipato alla presentazione del Rapporto «Anziani e disabili: un nuovo modello di assistenza», realizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà, in collaborazione con diverse Università e la partecipazione delle due Fondazioni.
Dal Rapporto si evince che l’Italia spende meno di altri Paesi, eppure noi, con 13,8 milioni di anziani, abbiamo uno dei livelli più elevati al mondo di over 65, circa il 23%…
Certamente, per questo bisogna immaginare non solo come offrire i servizi, ma anche come dare risposte ai bisogni. Infatti, accanto al servizio, che deve essere ripensato e riqualificato, bisognerà incrementare modelli di assistenza in una logica di filiera, dall’assistenza domiciliare a quella nell’ambito delle strutture. Dobbiamo dire che il sistema delle Rsa e delle Rsd, negli scorsi mesi di pandemia, ha accusato dei limiti, ma ha anche tenuto, essendo stato in grado di fornire servizi che molti anziani, costretti a rimanere nelle proprie abitazioni, non hanno potuto avere.
Quali sono i numeri della Fondazione Don Gnocchi?
Da questo punto di vista la Fondazione, che opera in 9 regioni, ha servizi distribuiti anche in quei contesti meno forniti di strutture e di risposte adeguate. Parliamo di oltre 1200 posti letto nelle Rsa del Nord Italia e di oltre 120-150 di assistenza ai disabili. Anche i numeri di persone che assistiamo a livello domiciliare sono molto significativi. Il governo sta scoprendo solo adesso realtà che il mondo no-profit già da tempo offre: la teleriabilitazione, l’Rsa aperta, l’assistenza domiciliare non devono essere più concepiti come sperimentali, ma come parte integrante del servizio del sistema pubblico.
La ricerca evidenzia il ruolo chiave del no-profit, che copre metà dell’offerta di posti letto per anziani e disabili rispetto al 42% di 10 anni fa, laddove il settore pubblico è sceso dal 30% al 25%. In tale contesto i fondi del Pnrr rappresentano un’occasione storica?
Per definire quali progetti vanno realizzati, servono dati che fotografino lo stato dell’arte: per questo abbiamo chiesto il supporto di ricercatori universitari. Molto spesso l’ambito di cui il no profit si occupa finisce per diventare quello su cui gravano i servizi più onerosi: penso, per esempio, a Milano, dove più del 70% del mondo della disabilità è gestito da enti no-profit. Abbiamo chiesto di avviare progetti in cui al no profit si affianchi lo Stato: si tratta di realizzare una spesa corrente che, nel futuro, potrà essere in grado di sostenere questa sfida.
Durante la presentazione del Rapporto lei ha sottolineato il ruolo fondamentale del no profit di ispirazione cristiana…
Un tema che mi sta particolarmente a cuore è dare significato alla parola «ripartenza». Un modo è farlo venendo incontro alle persone fragili, perché il momento presente ci mette di fronte a più gravose povertà.