«Non possiamo rassegnarci, restare indifferenti o apatici senza assumerci la responsabilità verso gli altri e verso la società». È il monito del Papa nel messaggio inviato alla 49ª Settimana sociale. Un videomessaggio anche per i giovani
di Maria Michela
NICOLAIS
Agensir da Taranto
«Non possiamo rassegnarci e stare alla finestra a guardare, non possiamo restare indifferenti o apatici senza assumerci la responsabilità verso gli altri e verso la società». È il monito del Papa, nel messaggio inviato alla 49ª Settimana sociale, aperta oggi a Taranto sul tema «Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. Tutto è connesso».
«Questo appuntamento ha un sapore speciale – l’esordio di Francesco -. Si avverte il bisogno di incontrarsi e di vedersi in volto, di sorridere e di progettare, di pregare e sognare insieme. Ciò è tanto più necessario nel contesto della crisi generata dal Covid, crisi insieme sanitaria e sociale». «Per uscirne è richiesto un di più di coraggio anche ai cattolici italiani», l’appello del Papa, secondo il quale «siamo chiamati a essere lievito che fa fermentare la pasta. La pandemia ha scoperchiato l’illusione del nostro tempo di poterci pensare onnipotenti, calpestando i territori che abitiamo e l’ambiente in cui viviamo. Per rialzarci dobbiamo convertirci a Dio e imparare il buon uso dei suoi doni, primo fra tutti il creato». Ribadisce Francesco: «Non manchi il coraggio della conversione ecologica, ma non manchi soprattutto l’ardore della conversione comunitaria».
«Ascoltare le sofferenze degli ultimi»
«Che la Settimana Sociale rappresenti un’esperienza sinodale, una condivisione piena di vocazioni e talenti che lo Spirito ha suscitato in Italia», è l’augurio del Papa. «Perché ciò accada occorre anche ascoltare le sofferenze dei poveri, degli ultimi, dei disperati, delle famiglie stanche di vivere in luoghi inquinati, sfruttati, bruciati, devastati dalla corruzione e dal degrado». «Abbiamo bisogno di speranza», la tesi del Papa, che ha definito «significativo il titolo scelto per questa Settimana Sociale a Taranto, città simbolo delle speranze e delle contraddizioni del nostro tempo». «C’è un desiderio di vita, una sete di giustizia, un anelito di pienezza che sgorga dalle comunità colpite dalla pandemia», l’appello di Francesco alla Chiesa italiana: «Ascoltiamolo».
«Troppe persone incrociano le nostre esistenze mentre si trovano nella disperazione»
Tre “cartelli” per “camminare con audacia sulla strada della speranza”. A proporli è il Papa. Il primo cartello è «l’attenzione agli attraversamenti»: «Troppe persone – la denuncia di Francesco – incrociano le nostre esistenze mentre si trovano nella disperazione: giovani costretti a lasciare i loro Paesi di origine per emigrare altrove, disoccupati o sfruttati in un infinito precariato; donne che hanno perso il lavoro in periodo di pandemia o sono costrette a scegliere tra maternità e professione; lavoratori lasciati a casa senza opportunità; poveri e migranti non accolti e non integrati; anziani abbandonati alla loro solitudine; famiglie vittime dell’usura, del gioco d’azzardo e della corruzione; imprenditori in difficoltà e soggetti ai soprusi delle mafie; comunità distrutte dai roghi… Ma vi sono anche tante persone ammalate, adulti e bambini, operai costretti a lavori usuranti o immorali, spesso in condizioni di sicurezza precarie. Sono volti e storie che ci interpellano – l’appello del Papa -: non possiamo rimanere nell’indifferenza. Questi nostri fratelli e sorelle sono crocifissi che attendono la risurrezione. La fantasia dello Spirito ci aiuti a non lasciare nulla di intentato perché le loro legittime speranze si realizzino».
«Non formiamo gruppi elitari»
«Quando assistiamo a diocesi, parrocchie, comunità, associazioni, movimenti, gruppi ecclesiali stanchi e sfiduciati, talvolta rassegnati di fronte a situazioni complesse, vediamo un Vangelo che tende ad affievolirsi», denuncia il Papa. Come secondo cartello sulla strada della speranza, indica il divieto di sosta. «Al contrario, l’amore di Dio non è mai statico e rinunciatario, “tutto crede, tutto spera”: ci sospinge e ci vieta di fermarci – spiega Francesco -: Ci mette in moto come credenti e discepoli di Gesù in cammino per le strade del mondo, sull’esempio di Colui che è la via e ha percorso le nostre strade. Non sostiamo dunque nelle sacrestie, non formiamo gruppi elitari che si isolano e si chiudono – l’indicazione di rotta del Papa -. La speranza è sempre in cammino e passa anche attraverso comunità cristiane figlie della risurrezione che escono, annunciano, condividono, sopportano e lottano per costruire il Regno di Dio. Quanto sarebbe bello che nei territori maggiormente segnati dall’inquinamento e dal degrado i cristiani non si limitino a denunciare, ma assumano la responsabilità di creare reti di riscatto», il sogno di Francesco.
«Paura e silenzio favoriscono il malaffare»
«Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Si tratta di ridefinire il progresso – prosegue il messaggio -. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore non può considerarsi progresso. Talvolta prevalgono la paura e il silenzio, che finiscono per favorire l’agire dei lupi del malaffare e dell’interesse individuale. Non abbiamo paura di denunciare e contrastare l’illegalità, ma non abbiamo timore soprattutto di seminare il bene!».
«Proporre processi di cambiamento duraturi»
Per camminare con audacia su sentieri di speranza, il terzo cartello stradale è l’obbligo di svolta. «Lo invocano il grido dei poveri e quello della Terra – scrive il Papa nel messaggio -. La speranza ci invita a riconoscere che possiamo sempre cambiare rotta, che possiamo sempre fare qualcosa per risolvere i problemi», ribadisce Francesco, che cita don Tonino Bello, «profeta in terra di Puglia», il quale amava ripetere: «Non possiamo limitarci a sperare. Dobbiamo organizzare la speranza!». «Ci attende una profonda conversione che tocchi, prima ancora dell’ecologia ambientale, quella umana, l’ecologia del cuore», la proposta del Papa, secondo il quale «la svolta verrà solo se sapremo formare le coscienze a non cercare soluzioni facili a tutela di chi è già garantito, ma a proporre processi di cambiamento duraturi, a beneficio delle giovani generazioni. Tale conversione, volta a un’ecologia sociale, può alimentare questo tempo che è stato definito di transizione ecologica – la tesi di Francesco – dove le scelte da compiere non possono essere solo frutto di nuove scoperte tecnologiche, ma anche di rinnovati modelli sociali. Il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando esige un obbligo di svolta. Guardiamo, in questo senso, a tanti segni di speranza, a molte persone che desidero ringraziare perché, spesso nel nascondimento operoso, si stanno impegnando a promuovere un modello economico diverso, più equo e attento alle persone – l’omaggio del Papa -. Ecco, dunque, il pianeta che speriamo: quello dove la cultura del dialogo e della pace fecondino un giorno nuovo, dove il lavoro conferisca dignità alla persona e custodisca il creato, dove mondi culturalmente distanti convergano, animati dalla comune preoccupazione per il bene comune».