Il Pontefice ha aperto la 74ª Assemblea generale dei vescovi italiani con un discorso a braccio: superare «l'amnesia» sul Convegno ecclesiale nazionale del 2016 per recuperarne il «patrimonio»

di Maria Michela NICOLAIS

Papa Cei
Il Papa alla recente Assemblea Cei

«Quando sono entrato ho fatto un cattivo pensiero: ma questa è un’assemblea dei vescovi o un concorso per eleggere il vescovo più bello?». Il Papa ha aperto con questa battuta, pronunciata a braccio come il resto del suo discorso, i lavori della 74ª Assemblea generale della Cei, in programma all’Hotel Ergife di Roma fino al 27 maggio sul tema “Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita ‐ Per avviare un cammino sinodale”. «Io so che non è facile fare una cosa domestica in una casa che non è nostra, non è facile – ha proseguito -. Ma possiamo fare che diventi nostra con il nostro atteggiamento, nostra preghiera, e così andare avanti in questa assemblea», il consiglio di Francesco, che ha annunciato che il dialogo “a porte chiuse” con i vescovi, «come al solito», si sarebbe svolto al termine del suo discorso secondo lo schema domande-risposte. «Così voi potete parlare delle cose che vi interessano – ha spiegato – Soltanto prima dirò tre cose che mi stanno a cuore», ha detto, citando la questione dei tribunali e quella dei Seminari.

«C’è un pericolo molto grande – ha osservato a proposito di quest’ultima questione -, sbagliare nella formazione e anche sbagliare nella potenza, nella missione dei seminaristi. Abbiamo visto con frequenza seminaristi che sembravano buoni, ma rigidi. E la rigidità non è del buono spirito. E poi ci siamo accorti che dietro le rigidità c’erano dei grossi problemi». «E poi la formazione – ha sottolineato il Santo Padre -. Non possiamo scherzare coi ragazzi che vengono da noi per entrare in seminario».

Po il Papa si è soffermato sul Sinodo, «che voi incomincerete a camminare». «Sono successe tante cose dal primo incontro che abbiamo avuto noi a San Pietro, fino a oggi – ha ricordato – E una delle cose che è successa – è un atteggiamento che abbiamo tutti, succede anche nella Cei – è l’amnesia: perdiamo la memoria di quello che abbiamo fatto e andiamo avanti. E una delle cose della quale abbiamo perso la memoria è l’incontro di Firenze, cinque anni fa», ha segnalato, riferendosi all’ultimo Convegno ecclesiale nazionale.

«Direi che il Sinodo deve svolgersi sotto luce di Firenze – l’indicazione di rotta di Francesco -. Firenze è un patrimonio vostro che deve illuminare questo momento, dall’alto in basso. E dal basso in alto il popolo di Dio: la più piccola parrocchia, la più piccola istituzione diocesana, che si incontrano .La luce viene da Firenze, invece il Sinodo deve incominciare dal basso in alto – ha raccomandato il Papa -, dalle piccole comunità, dalle piccole parrocchie. E questo ci chiederà pazienza, ci chiederà lavoro, ci chiederà di far parlare la gente. Che esca la saggezza del popolo di Dio». «Il Sinodo non è altro che fare esplicito quello che dice la Lumen Gentium: la totalità del popolo di Dio, tutto, dal vescovo in giù è infallibile in credendo, non può sbagliare. C’è armonia in quella unità, ma si deve esplicitare quella fede».

Anche il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città delle Piaeve e presidente della Cei, nel suo saluto a Papa Francesco in apertura dei lavori si è soffermato sul Sinodo della Chiesa italiana. «La recente Nota del Sinodo dei Vescovi – ha spiegato – ci conforta e sostiene nel processo che intendiamo avviare. Un processo che parte dal basso per coinvolgere il Santo Popolo di Dio nei nostri territori, nelle nostre Chiese. Siamo convinti che se uno non ha coraggio, può essere che gli venga se è mosso da un desiderio più grande delle proprie paure . L’importante è avere sogni e desideri più grandi delle paure. È quel fuoco sacro che abbiamo ricevuto ieri con la Pentecoste – ha aggiunto il cardinale -. Il nostro percorso sinodale vuole camminare in sintonia con quello del Sinodo dei Vescovi. È un’opportunità anche per le nostre Chiese in Italia».

 

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