Il servizio attivato nella parrocchia di San Michele e Santa Rita ha dovuto far fronte a diversi problemi: l’avvicendamento dei volontari, il ricorso all’online durante il lockdown, disfunzioni tecnologiche. Ma ha sempre garantito il servizio e da dicembre ha ripreso in presenza
di Cristina
Conti
Un aiuto concreto contro l’isolamento dei ragazzi durante la pandemia. Nella parrocchia di San Michele e Santa Rita a Corvetto (Milano) dal settembre 2019 è attivo un doposcuola per i ragazzi che frequentano le classi delle medie. «Questa iniziativa si inserisce all’interno del “Progetto Periferia”, voluto dalla Caritas e dalla Fom per venire incontro ai bisogni delle periferie milanesi – spiega l’educatore Stefano Doneda -. Prima della diffusione del virus facevamo anche il pranzo insieme al termine delle lezioni a scuola, ora non si può più fare e dunque i ragazzi mangiano a casa e poi vengono qui». Il momento dei compiti avrebbe inoltre dovuto integrarsi anche con attività sportive, laboratori artistici e cene insieme: per creare aggregazione tra i ragazzi, ascoltarli e capire meglio quali sono le loro difficoltà. Ma le continue chiusure non l’hanno reso possibile.
Il servizio è operativo quattro giorni alla settimana, tra i quali i ragazzi scelgono i due più comodi per loro. Ad aiutarli nei compiti due educatori professionisti e volontari che si alternano. «Durante l’anno il numero dei volontari è andato incontro ad alti e bassi – rileva Doneda -. All’inizio, infatti, erano soprattutto anziani. Ma con la paura del contagio hanno preferito sospendere questo impegno e persone più giovani sono venute a darci una mano». Nel corso dei mesi, poi, l’attività si è dovuta svolgere per un periodo solo online, a causa del lockdown. Ovviamente non è stata la stessa cosa. I ragazzi hanno bisogno di relazioni umane, di incontri, sguardi e gesti di amicizia. E poi a questi disagi si sommavano anche altre difficoltà. «Alcuni di questi ragazzi vengono da famiglie numerose e per studiare a casa devono ritagliarsi un angolino, con attorno i fratelli più piccoli che giocano e urlano o comunque hanno attorno rumori o presenze che disturbano», precisa Doneda. Non sono mancate difficoltà anche sul supporto tecnologico: apparecchi obsoleti, mal funzionanti, con poca memoria e pochi giga a disposizione non permettevano di seguire continuativamente. «Da ottobre a dicembre, con un rapporto 1 a 1 tra adulti e ragazzi, abbiamo proseguito con l’ausilio delle piattaforme su smartphone e pc. In molti casi questo ha permesso di creare un rapporto più forte con loro. Ma i ragazzi continuavano a chiedere di riprendere in presenza», commenta. Così, da inizio dicembre, il doposcuola è ripartito in oratorio e i ragazzi si sono divisi in tre o quattro aule su più giorni.
A frequentare sono soprattutto ragazzi stranieri, molti di origine araba. Qualcuno ha i genitori che non parlano l’italiano, altri hanno bisogno di imparare un metodo di studio. «Quando arrivano, per prima cosa facciamo due chiacchiere, poi controlliamo il diario e cerchiamo di dare ai compiti un ordine di importanza, partendo da quello che devono preparare per il giorno successivo. È uno spazio bello per studiare, perché in oratorio c’è silenzio e serenità: il clima giusto per concentrarsi», conclude Doneda. Per far fronte ai problemi legati alla tecnologia, invece, tramite la Caritas si sono potuti recuperare pc, ruter e giga e con l’aiuto del parroco i ragazzi hanno potuto avere a disposizione qualche strumento in più.