Un impegno che la pandemia ha reso indifferibile e che richiede una formazione specifica dei catechisti (compresa quella al digitale) al centro dell’ultima sessione Cel, dove si è parlato anche di migranti, giovani e Sovvenire

di monsignor Giuseppe SCOTTI
Segretario Cel

catechismo

«Ritrovarsi attorno a Maria esprime il desiderio e la vocazione con cui il Signore chiama i Vescovi a fare di questo tempo un’esperienza spirituale. Un tempo nel quale, in qualche modo, vivendo il dramma della pandemia, ci si sforza di accogliere con docilità ciò che lo Spirito sta dicendo, vincendo le paure di scelte e di decisioni che vanno assunte e di fidarsi dello Spirito». Inizia con questa riflessione dell’arcivescovo Mario Delpini, Presidente della Cel, l’incontro della Conferenza episcopale lombarda a Caravaggio il 20 e 21 gennaio scorso.

Un calendario intenso, fitto di lavori, aperto con una riflessione di stretta attualità sui «Sacramenti della Iniziazione cristiana e il Sacramento della Riconciliazione in situazione di Covid», guidati dal Vescovo delegato, monsignor Daniele Gianotti, e dall’incaricato regionale don Francesco Vanotti. Si è avvertito il bisogno di vedere come affrontare le sfide e il rilancio per la catechesi in questo tempo trascorso fra catechesi vissuta “in presenza” e – molto spesso – “a distanza”. Tempo nel quale vi è stato un diverso impegno dei catechisti, un deciso coinvolgimento delle famiglie, degli adulti, della comunità cristiana. Ciò ha reso ancora più evidente il volto di una Chiesa che – più che offrire servizi – si sforza di essere la comunità dei discepoli del Signore. Insomma, il “dopo pandemia”, anche per la catechesi, non sarà più come prima. Parola d’ordine: rivedere lo stile della catechesi e la formazione dei catechisti perché siano “discepoli missionari” loro e le comunità cristiane. Una comunità in ascolto del Vangelo per giungere a intercettare le ansie e le paure delle persone che vivono questo tempo per riproporre l’esperienza singolare, bella, viva, della comunità cristiana come luogo di ascolto della Parola, della vita sacramentale, dell’Eucarestia posta al centro e capace di far emergere che dalla preghiera nasce quella fraternità che si traduce nel servizio ai poveri. E in questo cammino ha uno spazio importante anche il digitale. Lo hanno specificato il vescovo delegato alle comunicazioni, monsignor Marco Busca, e l’incaricato regionale don Walter Magni. È diventato evidente, nel tempo segnato dalla pandemia, che il mondo dell’online non è tanto un linguaggio tecnico funzionale, ma ha una sua filosofia e una sua visione antropologica. Da qui l’urgenza di immaginare percorsi formativi per chi è responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali delle diocesi e per tutti coloro che operano nel campo della comunicazione delle singole parrocchie e comunità. In parole semplici: va bene la Messa in streaming, ma c’è molto altro da fare e elaborare.

E poi, nella serata, l’impegno a scrutare quella fraternità che si traduce nel servizio ai poveri nella “condivisione sulle situazioni della realtà migratoria”. Un tempo ampio di confronto, introdotto dal vescovo delegato, monsignor Franco Agnesi, che ha dato la parola a don Giovanni De Robertis, responsabile Migrantes della Cei, a sua volta accompagnato da don Roberto Vitali, l’Incaricato regionale. Qui non si è potuto fare a meno di osservare la realtà migratoria a partire dal Sinodo minore che si è tenuto a Milano sulla “Chiesa dalle genti”. Si è partiti da uno sguardo alla realtà migratoria del passato – dove erano gli italiani a emigrare e che ha espresso una grande passione missionaria capace di farsi prossimi ai migranti – per giungere alla consapevolezza del grande bisogno di formare oggi un’opinione pubblica capace di leggere l’attuale fenomeno migratorio. Un lavoro che, oltre a essere missionario, è culturale.

Dai migranti ai giovani. È stato il lavoro nella ripresa al mattino con le riflessioni sulla Pastorale giovanile e l’Odl introdotti dal vescovo delegato, monsignor Maurizio Gervasoni, e dal responsabile nazionale della pastorale giovanile, don Michele Falabretti, accompagnato dall’Incaricato regionale, don Stefano Guidi. Anche qui si fa notare che la pandemia ha obbligato tutti a lavorare in modo nuovo e si apprezza il contributo prezioso della Consulta regionale di pastorale giovanile. La pandemia ha funzionato da acceleratore mettendo in evidenza quanto già si intuiva e cioè che i giovani, soprattutto oggi, hanno più paura del futuro perché vivono molte relazioni sospese e fragili e hanno grande bisogno di dare senso alla vita. Questa la sfida oggi della pastorale giovanile e degli oratori impegnati a individuare la nuova situazione ecclesiale alla luce del recente Sinodo dei giovani e dell’assemblea di Firenze. Per questo si pensa di avviare un cammino sinodale regionale la cui prima tappa prevede un incontro dei giovani con i vescovi.

A seguire un incontro del “Sovvenire”, durante il quale il vescovo delegato, monsignor Giuseppe Merisi, ha presentato il nuovo incaricato nazionale, dottor Massimo Monzio Compagnoni, accompagnato dal delegato regionale dottor Attilio Marazzi. Una disanima seria degli scenari dell’8 per mille e delle offerte deducibili senza nascondere le criticità che si fanno evidenti. E, insieme ad altre questioni più amministrative, alcune nomine: fra queste la presidenza della Fondazione San Bernardino, dove è stato riconfermato il dottor Luciano Gualzetti, e l’Incaricato regionale della pastorale della salute, dott. Giovanni Paganini. Due giorni intensi per un cammino nel quale ci si fida dello Spirito.

 

 

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