Il Vicario generale: «Pur nella mangiatoia, il bambino è curato con attenzione e con amore. Nella massima privazione c’è la massima cura possibile. Anche noi possiamo scoprire il massimo di amore possibile nel disagio e nella restrizione»
di Franco
AGNESI
Vicario generale
Come vivremo il Natale? Non lo so. E non pretendo di dire qualcosa a chi sta leggendo questi semplici pensieri. Non so fare previsioni sui provvedimenti. Non pretendo di immedesimarmi, anche se lo desidero, nella situazione spirituale, relazionale, economica, sanitaria di ciascuno e delle famiglie.
Papa Francesco, all’udienza generale di mercoledì scorso, ha concluso con queste parole: «Vorrei esortare tutti ad “affrettare il passo” verso il Natale, quello vero, cioè la nascita di Gesù Cristo. Quest’anno ci attendono restrizioni e disagi; ma pensiamo al Natale della Vergine Maria e di san Giuseppe: non furono rose e fiori! Quante difficoltà hanno avuto! Quante preoccupazioni! Eppure la fede, la speranza e l’amore li hanno guidati e sostenuti».
Allora ho pensato: «A Natale possiamo almeno metterci davanti al presepio e scoprire perché l’angelo ha detto “è nato per voi il Salvatore!” e ha indicato il segno: “Un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”». È bellissimo questo segno! Nella massima privazione c’è la massima cura possibile. Pur nella mangiatoia, il bambino è curato con attenzione e con amore. Anche noi possiamo scoprire il massimo di amore possibile nel disagio e nella restrizione che viviamo. Una parola buona che incoraggia, una mano ad apparecchiare la tavola, una videochiamata a qualcuno che sappiamo essere solo, un gesto di attenzione al vicino di casa. “Permesso, grazie, scusa…”. E magari pregare l’angelo custode dell’agente di polizia, del macchinista del treno, dell’infermiera e del medico, di qualche nostro amico un po’ smarrito. Sentano anche loro l’annuncio che possono trovare gioia con un gesto di cura in mezzo al disagio.
Non so come vivrò il Natale… ma vorrei che questa situazione diventasse un’occasione, come ci sta aiutando a fare il nostro Arcivescovo. Imparare a pregare, imparare a pensare, imparare a prenderci cura. Come concludeva mercoledì il Papa: «Ci aiuti anche – questa difficoltà – a purificare un po’ il modo di vivere il Natale, di festeggiare, uscendo dal consumismo: che sia più religioso, più autentico, più vero».