Nella Festa di Tutti i Santi, in Duomo è stata celebrata la Messa capitolare solenne e non il tradizionale Pontificale, che avrebbe dovuto presiedere l’Arcivescovo attualmente in quarantena
di Annamaria
Braccini
I Santi «che hanno percorso le nostre stesse strade, che ci aiutano e ci seguono, che fanno comunione con noi nell’unica Chiesa». Loro, la moltitudine immensa resa palpabile delle migliaia di statue che fanno da corona al Duomo, in cui, nella Festa dedicata, appunto, a Tutti i Santi, monsignor Giordano Ronchi, arcidiacono della Cattedrale, presiede la Celebrazione capitolare solenne. Il Rito – che, a causa dell’impossibilità dell’Arcivescovo, positivo asintomatico, a essere in Duomo, non è Pontificale – viene concelebrato da alcuni Canonici del Capitolo metropolitano.
Dalle Letture e dal Prefazio, «cuore della preghiera eucaristica» – come lo definisce monsignor Ronchi -, prende il via la sua riflessione.
«Noi crediamo nella comunione dei Santi che va oltre la vita terrena. Dice il Prefazio, “Oggi, ci dai la gioia di contemplare la città del cielo”, la celeste Gerusalemme, di cui ha parlato l’Apocalisse nella prima Lettura, dove vi è un posto per tutti noi. Così comprendiamo che la nostra esistenza ha una mèta precisa, bella e luminosa». La Gerusalemme già raggiunta da tutti coloro che «sono passati attraverso la grande tribolazione: i martiri di un tempo e di oggi. Tutti quelli che hanno amato e seguito il Signore Gesù».
Osservazioni, queste – nota il Celebrante – che possono sembrare poco attuali, ma che rivelano la loro importanza e significato pieno se solo si pensa alla grande tribolazione di oggi. «Nelle catastrofi naturali che accadono, nelle prove della vita aggravate dalla pandemia che non sembra dare tregua, siamo come avviluppati da paura, da sfiducia, in un clima senza speranza e senza futuro».
Il riferimento è ancora al Prefazio, che invitando “noi, pellegrini sulla terra, ad affrettare nella speranza il cammino”, «apre i nostri occhi».
«Siamo chiamati a percorrere questo cammino verso la santità, che è uguale per tutti, con un’esistenza che sappia incarnare l’ideale evangelico e conformarsi a Cristo», secondo il profilo del Signore delineato nel Vangelo di Matteo delle Betatitudini, appena proclamato, e quanto scrive san Paolo nella Lettera ai Romani. «Camminiamo con la consapevolezza che, pur non vedendo ora un risultato pieno, non dobbiamo sottrarci alle nostre responsabilità e che nulla andrà perduto. Camminiamo nella fiducia che Dio è con noi. In questo ci sono di modello i Santi che non sono dei morti, ma dei viventi. Il loro esempio ci stimola, la loro intercessione ci sostiene, la loro amicizia ci arricchisce».