Il territorio del Decanato è in sofferenza per la pandemia che ha colpito un tessuto economico  solido, ma che guarda al futuro con preoccupazione. Anche se non mancano segnali positivi di resilienza. L’alleanza per il bene tra istituzioni, associazioni di categoria e forze sociali

di Rosangela LODIGIANI

Monza
Panoramica di Monza

Cogliendo l’occasione della visita pastorale dell’Arcivescovo nel Decanato di Monza, la Commissione per l’animazione sociale della Zona V ha avviato un percorso di lettura del cambiamento avvenuto negli ultimi anni nel mondo del lavoro e delle imprese del territorio, coinvolgendo imprenditori, artigiani e lavoratori, nonché associazioni datoriali e dei lavoratori. Si tratta di un percorso che dà continuità agli incontri promossi lo scorso anno per il convegno «Generare valore sociale: il lavoro di fare impresa», e dà voce alle testimonianze di imprenditori che, in sintonia con il magistero sociale della Chiesa e con il tratto imprenditoriale delineato da papa Francesco incontrando i lavoratori dell’Ilva a Genova nel 2017, «amano la propria impresa, hanno passione e orgoglio per l’opera delle mani e dell’intelligenza propria e dei lavoratori». È da qui che vogliamo partire per raccontare il Decanato di Monza, perché sono segno di speranza in questo tempo travagliato dall’emergenza Covid, che accelera alcuni processi già in atto.

Impatto molto pesante

«Gli incontri di queste settimane – raccontano i referenti della Commissione e don Walter Magnoni, responsabile del Servizio per la pastorale sociale e del lavoro della Diocesi – ci danno conferma di come, pur con livelli di consapevolezza diversi tra piccole imprese, imprese artigiane e imprese medio-grandi, è diffusa la spinta degli imprenditori del territorio a innovare prodotti/servizi e processi di lavoro e l’attenzione verso le persone che lavorano nell’impresa. […] Se da una parte la pressione sui prezzi e la concorrenza crescente negli ultimi anni hanno avuto un effetto negativo sui margini, dall’altra parte hanno avuto un effetto positivo nel rafforzare la capacità di lavorare in rete, nell’attenuare il “singolarismo” che a volte caratterizza l’imprenditoria del nostro territorio. L’attenzione alle persone e al valore sociale dell’impresa è emersa come aspetto qualificante anche nei mesi di lockdown. I dati mostrano come l’impatto sia stato molto pesante. Le stime più recenti per la provincia di Monza e Brianza ipotizzano una riduzione del Pil – senza considerare un’eventuale seconda ondata di contagi – compresa tra il -9,2% e il -13,1% e una crescita del tasso di disoccupazione di circa 3 punti percentuali. Questo indica che tra le 10 mila e le 13 mila persone in più perderanno il lavoro. I dati certi evidenziano che solo a marzo e aprile nel territorio si sono avuti 4.500 posti di lavoro in meno, soprattutto per contratti di lavoro a termine non prorogati o non trasformati in tempo indeterminato. Gli ultimi dati disponibili sull’industria manifatturiera evidenziano nel secondo trimestre 2020 un -9,8% del fatturato e un -5,7% della produzione, mentre i dati sulle micro-piccole imprese e imprese artigiane documentano una riduzione più pesante del fatturato nel trimestre marzo-maggio di oltre il 56%, con una stima della riduzione del fatturato su base annua di oltre il -14%. Dati in miglioramento rispetto al primo trimestre, ma ancora molto negativi. Al di là dei dati, la conseguenza più sentita dagli imprenditori è l’incertezza per il futuro, non tanto nel breve ma nel medio termine, in particolare rispetto all’accesso al credito per i progetti di investimento di un sistema già fortemente indebitato per effetto della pandemia».

Segnali positivi

Per converso, sottolineano don Walter Magnoni e suoi collaboratori «non mancano i segnali positivi, di solidità delle nostre imprese, di resilienza. Quasi l’80% delle imprese ha intensificato l’uso delle tecnologie digitali durante l’emergenza, oltre il 60% ha introdotto importanti cambiamenti (anche nei settori maggiormente colpiti dalla crisi come legno/arredo e moda) e circa il 50% delle imprese ha cercato nuovi clienti/ committenti e mercati». Ma non basta. «A questi segnali incoraggianti, vanno aggiunte le iniziative di solidarietà promosse o partecipate dalle imprese nel territorio (dal sostegno alle fasce di popolazione più deboli alla donazione di dispositivi di protezione e respiratori, alla raccolta di fondi per ospedali e protezione civile del territorio). E in special modo va aggiunto il fatto che gran parte delle imprese ha confermato l’attenzione alle persone e al valore del lavoro investendo nella sicurezza, non ricorrendo alla cassa integrazione indiscriminatamente, chiedendo ai collaboratori di anticipare la fruizione delle ferie, anticipando il Tfr. Per i collaboratori esterni a partita Iva, provvedendo all’anticipo fatture. Adesso che la fase acuta sembra superata, è fonte di speranza lo sguardo al futuro degli imprenditori del Decanato di Monza incontrati. Tante le testimonianze raccolte […]. Segnali di speranza confermati anche dalla disponibilità degli imprenditori di Monza a coinvolgersi – nello spirito dell’alleanza per il bene spesso sollecitata dal nostro Arcivescovo – con i decanati, le istituzioni, le associazioni di categoria e le forze socio-economiche del territorio in un progetto pilota della Zona V a sostegno dello sviluppo dell’imprenditorialità per creare nuovo lavoro, anche con forme innovative di micro-credito».

Solidarietà che si fa prossima

Che ci sia bisogno di questo tipo di attenzione, segno di una solidarietà che si fa prossima, è quanto emerge dai Centri di ascolto della Caritas zonale, secondo cui il Covid-19 ha portato con sé problematiche occupazionali e un aggravio delle difficoltà economiche delle famiglie, oltre che la comparsa di bisogni di aiuto e assistenza (socio-sanitaria, ma anche educativa) strettamente connessi alle limitazioni di spostamento e di relazioni in presenza, imposte dall’emergenza. Bisogni, richieste e circostanze che hanno spinto a innovare le modalità di risposta, e hanno dato prova di un territorio che si attiva, capace di mobilitare nuove risorse, anche umane, a partire da nuovi giovani volontari. È così emerso un protagonismo che ha in parte supplito alla minor libertà di movimento dei volontari più anziani e più a rischio per la salute. Un protagonismo prezioso che occorrerà saper valorizzare anche in futuro per invertire la tendenza a veder aumentare, assieme all’invecchiamento della popolazione (registrata qui, come in altri decanati già analizzati in questi Dossier), l’impegno nei Centri di ascolto dei volontari più anziani e contrarsi quello dei più giovani. Gli uni e gli altri sono egualmente preziosi per una comunità che si prende cura.

Secondo gli ultimi dati Istat aggiornati al 1° gennaio 2020 il Decanato di Monza conta complessivamente 173.365 abitanti residenti così ripartiti: Monza 124.051, Brugherio 35.255, Villasanta 14.059, ovvero il 1°, il 6°, e il 21° Comune per entità della popolazione sul totale di 55 municipalità afferenti alla provincia di Monza e della Brianza. La popolazione residente è aumentata di 5.171 unità durante gli ultimi dieci anni (+3,1%), meno rispetto alla media provinciale (+4,1%), anche se leggermente di più rispetto alla media regionale (+2,8%) e soprattutto in controtendenza rispetto alla diminuzione di popolazione complessiva – seppur molto lieve (-0,2%) – che si è verificata in Italia. Tuttavia, l’elemento più interessante è dato dal fatto che tale aumento è dovuto in toto alla componente straniera (+6.208 residenti negli ultimi dieci anni, in termini relativi +43,8%) pur senza più considerare all’interno della componente straniera le 4.725 persone acquisite alla cittadinanza italiana durante l’ultimo decennio: al netto di queste ultime, infatti, se la popolazione straniera fosse rimasta stabile in numerosità la popolazione complessiva sarebbe diminuita di 1.037 unità (-0,6%).

La presenza degli stranieri

All’interno della popolazione straniera, il gruppo nazionale più numeroso al 1° gennaio 2020 è quello romeno con 3.084 residenti (pari al 14,9% della popolazione straniera complessivamente iscritta in anagrafe), nettamente davanti al collettivo egiziano (1.755 unità, pari all’8,6% del totale di stranieri) e poi a  peruviani (1.363, pari al 6,7%), ecuadoriani (1.338, pari al 6,6%), albanesi (1.333, pari al 6,5%), srilankesi (1.310, pari al 6,4%), ucraini (1.204, pari al 5,9%) e bangladeshi (1.094, pari al 5,4%).

Incrociando questi dati Istat sui residenti con quelli d’indagine dell’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità è inoltre possibile stimare come la maggioranza assoluta della popolazione straniera residente al 1° gennaio 2020 entro il Decanato di Monza sia di religione cristiana, anche solamente considerando assieme i quasi 6.200 cattolici (30,3% del totale) e i quasi 4.400 cristiani ortodossi (21,4%), al di là di evangelici (comunque quasi 900, pari al 4,3% del totale), copti (un paio di centinaia, quasi tutti egiziani, pari allo 0,9% del totale degli stranieri) e altri (circa 300, per un ulteriore 1,5% del totale). I musulmani sono invece circa 5.400, pari a poco più di un quarto (il 26,7%) del totale degli stranieri e tra di loro si segnalano in particolare come gruppi nazionali più numerosi egiziani (quasi 1.500) e bangladeshi (più di mille).

Pochi giovani

Tornando ad analizzare la popolazione nel suo complesso, è interessante notare che gli under 18 anni sono 27.898 e rappresentano il 16,1% della popolazione residente nel Decanato di Monza, dove incidono meno della quota di minorenni invece in provincia (16,6%) e in Regione (16,3%), ma più che in Italia (15,8%). Soprattutto, però, alla stessa data (1° gennaio 2020), entro il Decanato di Monza i 42.185 ultrasessantacinquenni sono invece ben quasi un quarto (24,3%) della popolazione totale residente, nettamente di più rispetto alle quote invece del 22,5%, del 22,8% e del 23,2% che caratterizzano la provincia, la Regione Lombardia e l’intera Italia. Sia per una più elevata anzianità anagrafica media, sia per le quote bassa di giovani ed elevata di anziani, nel Decanato di Monza al 1° gennaio 2020 l’indice di vecchiaia (calcolato come rapporto, moltiplicato per 100, tra ultrasessantacinquenni e minori di 15 anni) sfiora i 185 punti, mentre in Provincia non raggiunge i 164, in Regione i 170 e in Italia è poco sopra i 179; e per quanto riguarda l’indice di dipendenza degli anziani (in cui, rispetto al precedente indice di vecchiaia, cambia il denominatore che diventa la popolazione in età compresa fra i 15 e i 64 anni, estremi d’età inclusi), esso si colloca molto prossimo ai 39 punti entro il Decanato di Monza, mentre negli altri territori oscilla fra i 35 e i 36 al 1° gennaio 2020.

Meno matrimoni, più divorzi

Come negli altri Decanati già analizzati, nell’ultimo decennio si è anche registrato un deciso cambiamento in ordine alle scelte matrimoniali che si intrecciano alle dinamiche demografiche: sono molto diminuiti i coniugati tra gli uomini a vantaggio soprattutto dei celibi; e sono aumentati di quasi il 60% i divorziati maschi mentre è aumentata un po’ anche la quota dei vedovi. Per quanto riguarda la componente femminile, pure sono relativamente diminuite le coniugate, mentre sono sensibilmente aumentate le nubili. Risulta invece leggermente diminuita nel tempo la quota di vedove e in forte aumento invece quella di divorziate. Su questi andamenti incide il calo dei matrimoni. Secondo gli ultimi dati Istat disponibili, i matrimoni celebrati entro il Decanato nel 2018 sono stati 384 (cioè 17,4% di tutti i 2.199 in Provincia durante il medesimo anno). Di questi, il 71,4% è stato a Monza, il 21,9% Brugherio e il 6,8% a Villasanta. In tutti i Comuni c’è stata una prevalenza di riti civili su quelli religiosi: minima a Villasanta (16 contro 10), con un rapporto di due a uno a Brugherio (56 contro 28), e massima a Monza (198 contro 76 e cioè quasi tre su quattro civili); per una media entro il Decanato del 70,3%, molto superiore a quella provinciale che è del 63,2%.

Alta mortalità

Vista l’eccezionalità del 2020, segnato dall’emergenza sanitaria, un primo approfondimento, infine, si può fare riguardo alla mortalità. Secondo i più recenti dati Istat, rispetto alla media dei cinque anni precedenti a Brugherio nella prima metà dell’anno in corso i decessi sono aumentati del 53,4%, a Monza del 38,0%, e a Villasanta del 55,6%, per una media entro il Decanato del 42,0%. In termini assoluti si tratta di 1.239 decessi contro una media nei cinque anni precedenti di 872. I 367 decessi in più rispetto alla media storica rappresentano lo 0,2% della popolazione residente, e per 340 unità (cioè il 92,6%) sono concentrati nei mesi di marzo e aprile 2020. Nei 53 dei 55 Comuni della provincia di Monza e della Brianza dai quali l’Istat è riuscita ad avere già i dati sulla mortalità nei primi sei mesi del 2020, l’aumento del numero dei decessi rispetto alla media del quinquennio 2015-2019 è stato del 33,7%, e quindi inferiore rispetto al 42,0% registrato entro il Decanato di Monza considerando gli stessi periodi come riferimenti. Il dato del Decanato è di molto superiore rispetto all’incremento medio calcolabile a livello nazionale (+11,5%), della città metropolitana di Milano (+32,7%) e anche lombardo (+49,2%), ma non ha toccato le punte drammatiche registrate in alcune zone delle province di Brescia e Bergamo.  Al di là dei numeri, ricordiamo i volti. Il pensiero va alle persone e alle famiglie colpite dalla malattia e dal lutto. La comunità intera è chiamata a guardare con fiducia al futuro e a operare con responsabilità, ma si può confidare che le risorse di solidarietà e prossimità non mancheranno.

 

Ti potrebbero interessare anche: