Una riflessione di don Mattia Magoni, che sabato 20 giugno ha dato avvio al corso di formazione online promosso dagli Uffici comunicazioni sociali della Cel

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di Mattia MAGONI
Diocesi di Bergamo

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Don Mattia Magoni

Ha preso avvio sabato 20 giugno il corso online promosso dagli Uffici di comunicazioni sociali della Conferenza episcopale lombarda sul tema della pastorale digitale. Questi mesi di lockdown e di distanza hanno costretto la fantasia pastorale della nostra Chiesa a cercare e trovare nuove strade per non perdere quella vicinanza di cui vive; così, le possibilità legate ai social e al mondo di internet hanno svelato un volto più amichevole e una disponibilità interessanti.

Entrare in questo continente da esploratori grati, ma non sprovveduti chiede a ciascun attore ecclesiale lo sforzo di provare a capirci un po’ di più, per evitare le polarizzazioni apocalittiche di chi vede solo la minaccia, quanto le illusioni acritiche di chi vi ripone le migliori speranze sul futuro dell’evangelizzazione. I nuovi media, prima di tutto, ci chiedono di essere conosciuti, di essere frequentati un po’ più da vicino e di essere capiti nella spinta di cambiamento che riposa in mezzo ai loro circuiti e alle abitudini che hanno introdotto nella nostra vita: non si sceglie il ristorante andando a caso, non si raggiunge un posto sconosciuto preferendo le cartine ingiallite alla comodità di un navigatore, non si passano momenti di noia se con un colpo sullo schermo si può evadere nel magico e brillante mondo dei social, è raro cenare senza la colonna sonora di una vibrazione leggera in sottofondo che notifichi l’arrivo di un messaggio…

Questi impercettibili mutamenti nei nostri comportamenti quotidiani rivelano uno spostamento assiale, un cambiamento più profondo e radicato, che in superficie si vede poco, ma che sotto sotto sentiamo scavare anche nelle nostre convinzioni più profonde e nel nostro modo di affrontare la vita. I nuovi media mostrano, e nel medesimo tempo producono, un cambiamento «antropologico», che cioè riguarda il nostro modo di essere uomini, di attraversare l’avventura umana sulla terra e di costruire i significati che danno forma alla nostra identità. I nuovi media non cambiano solo il modo di comunicare: cambiano noi che comunichiamo.

Questo vuole essere il primo focus del percorso: i cambiamenti antropologici del mondo digitale, cioè come questi strumenti stiano agendo su di noi alterando il nostro modo di percepire lo spazio, il tempo, la realtà, il significato del fare esperienza e la relazione con il nostro corpo. Queste cinque dimensioni disegnano il perimetro dentro cui ciascuno di noi vive i suoi tentativi e i suoi sforzi di umanizzazione: quando cambiano le regole del gioco, cambia il gioco stesso. L’intenzione è quella di provare ad afferrare i tratti salienti di quest’epoca e di questa metamorfosi per apparecchiare un retroterra condiviso che ci permetta, nei prossimi incontri, di arrivare al cuore della proposta: provare a capire come possiamo dialogare con questa cultura che ci plasma, per trovare quell’incontro e quel dialogo che renda attuale il nostro desiderio di evangelizzazione.

Il percorso si apre dunque con una serie di domande, da cui chi fa pastorale non può smarcarsi troppo velocemente: cosa vuol dire avere a che fare con un mondo che i nuovi media rifanno in digitale come emotivamente più interessante di quello fisico, a volte così poco entusiasmante? Quali considerazioni implica il fatto che la tv on-demand basata sul gusto di ciascuno cancelli la logica dell’appuntamento, su cui si basava il calendario delle nostre parrocchie fino all’altro ieri? Quali spunti trarre da un reale che è percepito sempre meno come creazione e sempre più come un artefatto modificabile?

 

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