La gratitudine di un sacerdote ambrosiano a cui il cardinale Corti ha offerto uno stile, un metodo e una regola utili al cammino, oltre che una testimonianza appassionata
di don Claudio
BORGHI
parroco a Cinisello Balsamo
Nella scorsa settimana è deceduto Renato Corti, cardinale e Vescovo emerito di Novara.
Io l’ho conosciuto nel settembre del 1979, quando giunsi per la prima volta nel Seminario di Saronno per iniziare il cammino del Biennio teologico. Fui colpito dalla sobrietà dei gesti, dalla parola misurata, quasi centellinata, dalla magrezza del suo fisico e dalla gentilezza del suo tratto. Conservo ancora il quaderno con gli appunti dei suoi interventi che venivano chiamati “istruzioni”. Fu mio rettore per un solo anno, perché poi venne chiamato dal cardinale Martini a ricoprire il ruolo di Vicario generale della Diocesi.
Dopo la IV teologia, quando chiesi ai miei superiori di aspettare prima di diventare prete per compiere una verifica più puntuale, scrissi a don Renato se aveva tempo per aiutarmi a compiere un discernimento. Dopo la sua risposta positiva, andai da lui per tre/quattro volte lungo quell’anno. Mi aiutò a chiarire meglio cosa ero chiamato a vivere. Per me fu un dono.
Da prete poi mi chiamò due volte – una volta ai preti giovani dell’Ismi e una volta a Triuggio, sempre per un incontro di preti – per compiere una testimonianza sulla vita comune tra sacerdoti, dato che io e il mio parroco di Lesmo vivevamo tra noi in quella forma.
Dopo il suo ritiro a Rho al termine del suo ministero a Novara, sono andato alcune volte a trovarlo per una chiacchierata e chiedere qualche consiglio. Lo invitai nella mia parrocchia a Cinisello per un venerdì di Quaresima e infine gli chiesi se avesse desiderio di scrivermi la prefazione al libro Mangione e beone, quando celebrai il XXX anniversario del mio ministero.
Ora che ha concluso il suo cammino terreno, che cosa serbo di questo Pastore della Chiesa? Fondamentalmente tre aspetti educativi che abbino alle tre figure spirituali che ci aveva proposto come riferimenti per il cammino formativo.
Il primo: uno stile che definirei cordiale e insieme incisivo e di sostanza.
Lo stile sobrio ed essenziale della personalità di don Renato – personificato quasi anche nella sua struttura fisica asciutta e ossuta – invitava quasi plasticamente a cogliere la sostanza della realtà senza perdersi in realtà secondarie. Sbilanciandosi, una volta ci disse che alcuni insegnanti del Biennio lo avevano paragonato a un’auto tedesca, piacevole all’esterno, ma robusta all’interno: appunto, cordiale e sostanziosa insieme! Pur invitandoci a studiare seriamente la teologia e a gustare con passione tutte le materie, ci ha aiutato tuttavia a cogliere il “cuore” e il “centro” della fede e dello studio teologico che si trova nel Vangelo e nella persona di Gesù.
“Compagno di viaggio” che ha contribuito a realizzare questo “stile”, è stato il convertito Charles de Foucauld, “piccolo fratello universale” che ha vissuto nel deserto algerino dell’Hoggar la sua vita nascosta in forma sobria e senza rumore, ma che ha lasciato in molti un segno incisivo non indifferente anche a distanza di anni.
Il secondo: un metodo che potrei sintetizzare come semplice, ma insieme efficace.
A suo modo, don Renato è stato antesignano del pc. Ricordo un suo incontro dove ci spiegò come costruire un archivio personale. Sulle prime mi sembrò una cosa “fuori dal mondo”. Poi, ripensando a quell’incontro, dopo qualche giorno andai da lui per chiedergli una spiegazione ulteriore e mi fece vedere il modo con cui lui “archiviava” tutto il materiale che leggeva e che poi utilizzava per i vari incontri, creando un sistema di cartellette secondo i vari argomenti. Da prete – fino all’avvento del computer – l’ho copiato pure io e questo mi ha aiutato a tenere ordine anche circa il materiale che andavo leggendo per poterlo poi riutilizzarlo a tempo debito a scuola o nei vari incontri. Qui come “amica del cammino”, collocherei la seconda figura spirituale, la brillante convertita Madeleine Delbrel, che da laica operò a Ivry una evangelizzazione con un rigoroso metodo fatto dalla triade “osservazione della realtà, riflessione sulla situazione e azione adeguata”.
Il terzo: una regola che oserei definire essenziale e proprio per questo utile.
Le regole stanno strette a tutti e appaiono gabbie che soffocano l’iniziativa personale. Invece, l’aver adottato una “regola di vita”, poco alla volta, mi ha aiutato a fare ordine nella gestione sia quotidiana – imparando ad utilizzare al meglio il tempo -, sia settimanale e mensile per inserire spazi di studio o i tempi di svago e riposo. Non poche volte, l’avere una “regola” mi è stato utile anche per “darmi una regolata” ed evitare sbandamenti.
Riferimento spirituale per questo terzo aspetto è stata la figura della giovane monaca di clausura Teresina di Lisieux che viveva secondo la sua Regola della “Piccola via”.
Delle tre figure che don Renato aveva presentato come riferimenti per il nostro cammino, quelle che più mi hanno affascinato e segnato sono state di sicuro quella dei due convertiti: l’esploratore che diventa fratello universale nel deserto algerino e quella della brillante studentessa diventata assistente sociale nelle periferie parigine.
Il primo mi ha educato a uno stile di semplicità, di fraternità e cordialità nel rapportarmi alla gente e insieme ad andare sempre al “cuore” della fede nella pratica quotidiana della lettura del Vangelo.
La seconda mi ha aiutato ad analizzare, capire ed appassionarmi alla realtà sociale e politica nel senso nobile del termine. Fu anche per questo che negli anni del Biennio, con altri quattro compagni di corso, alcuni sabati pomeriggio andavamo a incontrare figure significative di testimoni come i preti operai al Quartiere Stella di Cologno Monzese, le Piccole Sorelle di via Salomone a Milano, don Cesare Villa che seguiva la Pastorale del Lavoro a Cuggiono, i preti del Movimento Pietro e Paolo (MOPP) a Bollate, Michele Gesualdi alunno di don Milani….
In tal modo, don Renato mi ha aiutato a tenere insieme Vangelo e vita, ideale e concretezza.
Un’ultima sottolineatura che a distanza di tempo mi piace evidenziare. Si tratta cioè del fatto che entrambe queste figure spirituali, che don Renato ci presentava avevano in comune, oltre la santità personale, anche quella di essere persone che mettevano per iscritto le esperienze che vivevano.
I numerosi Quaderni con i commenti al Vangelo di Charles de Foucauld, i Manoscritti con il racconto della propria storia personale di Teresina di Lisieux e le interessanti esperienze e considerazioni circa un nuovo metodo di evangelizzare le periferie di Madeleine Delbrel sono ancora oggi pagine che trasmettono energia quando si leggono.
Sarà forse anche per colpa di questi tre che, anche a me a un certo punto è sorta come la “necessità” di scrivere quanto vivo e vado via via maturando nel ministero!
«Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede»: così scrive l’autore della Lettera agli Ebrei (13,7). Così ho voluto personalmente ricordare con gratitudine questo Pastore della Chiesa di Dio che a me – e sicuramente a una grande schiera di uomini e donne – ha saputo offrire uno stile, un metodo e una regola utili al cammino, oltre che l’esempio e la testimonianza personale appassionata e radicale.