Un territorio con una popolazione sempre più anziana, ma con una presenza straniera in aumento. Qui la crisi economica ha picchiato duro provocando fragilità e povertà. Inquietante l’infiltrazione della ’ndrangheta
di Rosangela
LODIGIANI
Dal punto di vista demografico, il Decanato di Bollate (Zona IV) è caratterizzato da alcune tendenze già rilevate negli altri due Decanati toccati dalla Visita pastorale (Bresso e Treviglio): l’invecchiamento della popolazione, la riduzione dei matrimoni (in particolare religiosi, a vantaggio di quelli civili), unitamente all’aumento della composizione multietnica dei residenti. Rispetto a questi fenomeni, tuttavia, il Decanato di Bollate mostra qualche specificità, tra cui spicca l’accelerazione delle dinamiche di invecchiamento.
Il Decanato è composto da 7 Comuni: Arese, Baranzate, Bollate, Cesate, Garbagnate Milanese, Novate Milanese, Senago. Secondo gli ultimi dati Istat (al 1° gennaio 2019) conta complessivamente 151.293 abitanti così ripartiti: Bollate 36.564, Garbagnate Milanese 27.385, Senago 21.381, Novate Milanese 20.032, Arese 19.495, Cesate 14.453 e Baranzate 11.983. Si tratta rispettivamente dell’11°, del 18°, del 25°, del 31°, del 32°, del 44° e del 55° Comune per volume della popolazione sul totale di 134 Comuni afferenti alla Città metropolitana di Milano. Si tratta di Comuni relativamente grandi, che nell’insieme rappresentano il 4,7% della popolazione residente nella Città metropolitana di Milano e l’1,5% di quella residente in Regione.
In aumento gli stranieri
La popolazione del Decanato è aumentata di 1.772 unità durante gli ultimi dieci anni (+1,2%), ma tale aumento si è verificato solamente grazie alla crescente presenza straniera (+5.252 unità nello stesso lasso di tempo, pari a una crescita complessiva del 55,4% in dieci anni), mentre il numero di residenti italiani è diminuito di 3.480 unità (-2,5%), nonostante le 2.620 acquisizioni di cittadinanza italiana avvenute nell’ultimo decennio. Infatti in questo lasso di tempo la quota di stranieri sul totale degli abitanti del Decanato è passata dal 6,3% al 9,7%. Durante il 2018, inoltre, nel Decanato di Bollate sono nate 1.099 persone – di cui 221, ovvero più di un quinto (il 20,1%), con nazionalità straniera – e ne sono morte 1.352, per un saldo naturale negativo di 253 unità più che compensato da un saldo migratorio e per altri motivi positivo pari a 675 unità.
Nonostante questa crescita sostenuta dei residenti stranieri, l’incidenza relativa sul totale della popolazione è in linea con quella regionale, mentre resta di un punto percentuale inferiore a quella del Decanato di Bresso, laddove è al 10,7%, e di quasi 5 punti al di sotto del dato medio della città metropolitana (14,5%). Certo, se non ci fossero state tali acquisizioni di cittadinanza italiana, la popolazione straniera sarebbe quasi raddoppiata, mentre quella italiana sarebbe diminuita del 4,4%.
Rumeni i più numerosi
Osservando la composizione della popolazione straniera emerge che il gruppo nazionale più numeroso al 1° gennaio 2019 è quello rumeno, con 2.485 residenti pari al 16,9% del totale degli stranieri residenti sul territorio del Decanato, davanti agli albanesi (1.479, pari al 10,0%), ai cinesi e agli egiziani (con rispettivamente 1.102 e 1.098 unità, pari entrambi al 7,5% del totale) e ai peruviani in quinta posizione (1.024, pari al 7,0% del totale), ultimo gruppo nazionale con oltre mille unità.
Incrociando i dati Istat con quelli di indagine dell’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità è inoltre possibile calcolare che solamente poco più di un quarto della popolazione straniera residente nel Decanato di Bollate è di religione musulmana (il 25,9%), contro il doppio (51,8%) nel Decanato di Treviglio e un valore invece esattamente uguale a quello del Decanato di Bresso. La stima è di 3.817 musulmani residenti al 1° gennaio 2019 in questo territorio, soprattutto egiziani (912), albanesi (720) e marocchini (692).
Maggioranza di cristiani
La maggioranza assoluta degli stranieri è invece cristiana, più spesso cattolica (nel 28,4% dei casi considerando tutti gli stranieri), ma non raramente ortodossa (22,8%), con quote inferiori di evangelici (3,6%) e altri (1,9%, soprattutto copti, quasi tutti egiziani). Tra i cattolici (4.178 in tutto) si segnalano in particolar modo i peruviani (926) e gli ecuadoriani (633). Tra gli ortodossi (3.360) la maggioranza assoluta è invece rumena (1.889), con una buona rappresentanza anche di ucraini (611). I buddisti rappresentano infine il 3,7% della popolazione straniera residente, gli induisti lo 0,6%, i sikh lo 0,2% e il totale degli afferenti ad altre religioni un ulteriore 1,8%, mentre gli atei o agnostici stranieri sono stimati in 1.643 (in particolare modo cinesi) pari all’11,9%.
Sempre più anziani
Tornando ad analizzare la popolazione nel suo complesso e nelle proprie ripartizioni demografiche, è interessante notare che i minorenni (under 18 anni) rappresentano il 16,4% del totale dei residenti nel Decanato al 1° gennaio 2019, e cioè lievemente di più rispetto al 16,3% d’incidenza media entro la città metropolitana di Milano. Contemporaneamente gli ultrasessantacinquenni rappresentano il 23,4% (e il 25,6% tra le femmine) e cioè nettamente di più rispetto alle quote invece comprese tra il 22,6% e il 22,8% che caratterizzano la città metropolitana di Milano, la Regione e l’intera Italia. Cosicché gli indici di vecchiaia e di dipendenza anziani registrano valori elevati e peggiori rispetto alle medie di tali aree territoriali. Per esempio: l’indice di vecchiaia sfiora i 175 punti (mentre in particolare mediamente in Regione è poco sopra i 165), indicando la presenza di circa sette anziani ultrasessantacinquenni ogni quattro giovani minori di 15 anni; dal canto suo, l’indice di dipendenza degli anziani (che indica il rapporto tra la popolazione ultrasessantacinquenne e la popolazione in età attiva tra i 15 e i 64 anni, estremi d’età inclusi) raggiunge i 37 punti, mentre altrove mediamente nella città metropolitana, in Regione ed in Italia oscilla piuttosto attorno ai 35 e mezzo.
Significativamente, l’età media è aumentata di ben tre anni, passando nel decennio considerato (da 42,3 a 45,2 anni); un aumento che vale quasi il doppio che in Città metropolitana, laddove è passata da 43,2 a 44,7, e ha raggiunto un valore più alto altresì rispetto alla media lombarda (44,8) e italiana (44,9).
Pochi si sposano
Come negli altri Decanati, nell’ultimo decennio si è anche registrato un deciso cambiamento in ordine alle scelte matrimoniali che si intrecciano alle dinamiche demografiche: sono infatti molto diminuiti i coniugati (che erano maggioranza assoluta, pari al 52,4% del totale dei residenti, al 1° gennaio 2009, sono diventati oggi il 48,7%) a vantaggio soprattutto dei celibi (che erano il 43,9% dieci anni fa e oggi sono 46,1%). Inoltre sono quasi raddoppiati in termini relativi i divorziati (1,6% vs 2,7%) mentre è aumentata un po’ anche la quota dei vedovi (che era al 2,2% dieci anni fa e oggi è pari al 2,5%).
Analogamente tra le donne sono diminuite le coniugate (dal 51,2% al 47,4%) e aumentate le nubili (35,3 vs 37,2%). Risulta invece sostanzialmente stabile la quota delle vedove (11,3%) e quasi raddoppiata in termini relativi quella di divorziate (2,3% vs 4,1%).
Infine, nel 2018 nel Decanato di Bollate sono stati celebrati 355 matrimoni: 50 a Bollate, 44 a Garbagnate Milanese, 36 a Senago, 34 ad Arese, 30 a Novate Milanese, 19 a Cesate e 17 a Baranzate. Nel complesso, i matrimoni religiosi sono stati 125 e quelli civili quasi il doppio, 230.
Accanto alle trasformazioni demografiche, il territorio del Decanato ha conosciuto nell’ultimo decennio anche importanti trasformazioni sotto il profilo sociale e economico-produttivo e occupazionale, su cui gettiamo uno sguardo con il contributo di don Walter Magnoni, responsabile del Servizio per la Pastorale sociale e il lavoro della Diocesi di Milano.
Cresce il commercio
Anzitutto sono emerse nuove opportunità di sviluppo, in un tessuto produttivo denso e dinamico che vanta uno storico passato industriale e che ora vede crescere il settore commerciale e dei servizi, anche se il profilo manifatturiero resta importante; opportunità di sviluppo che, se allarghiamo lo sguardo all’intera area Rhodense, sono alimentate dalla vicina Fiera e dalla spinta di Expo e destinate ad ampliarsi con l’utilizzato del sito come polo di ricerca e innovazione.
L’infiltrazione mafiosa
L’effetto Expo, peraltro, ha avuto anche un altro risvolto, di segno completamente diverso, ma non meno importante, prima ancora della costruzione del sito, nella lunga fase preparatoria: riguarda l’emersione delle infiltrazioni mafiose nel territorio. A fungere da detonatore è l’uccisione di un uomo nel 2008 (Carmelo Novella) che abitava a Bollate, figura di spicco dell’organizzazione malavitosa. «All’epoca il sindaco era Carlo Stelluti che si rese disponibile a collaborare con le forze dell’ordine. La presenza della ‘ndrangheta, durava da quarant’anni. L’indagine del pool antimafia di Milano – “Operazione infinto” – è stata favorita dall’imminente costruzione della struttura per Expo. La malavita voleva averne gli appalti. L’organizzazione si muoveva soprattutto sullo spaccio di droga e condizionava le scelte politiche per arrivare ad aggiudicarsi agli appalti pubblici. Un’organizzazione spregiudicata che praticava l’usura sulle aziende del territorio. Dire quanto ciò abbia influito è difficile dirlo, ma sicuramente questo aspetto va riconosciuto. Lo sviluppo del territorio – anche dal punto di vista urbanistico – è stato certamente condizionato da queste forti infiltrazioni mafiose».
La crisi economica
Non si possono trascurare infine i contraccolpi occupazionali ed economici sia della forte contrazione e ristrutturazione industriale avvenuta nel tempo, sia della crisi del 2008. Tali fattori hanno concorso ad aumentare le condizioni di vulnerabilità sociale nel territorio, peraltro fronteggiate da un vivace insieme di realtà associative e di terzo settore propense – grazie anche all’azione promozionale dell’Azienda speciale consortile “Comuni insieme per lo sviluppo sociale” di Bollate, che coinvolge quasi tutti i Comuni del Decanato – a operare in una prospettiva comunitaria.
Povertà e fragilità
Il volto più fragile della vulnerabilità, che si trasforma in disagio e povertà che rischia di cronicizzarsi, è quello intercettato dai servizi territoriali connessi all’implementazione del Reddito di cittadinanza e dai Centri di ascolto di Caritas.
Il Reddito di cittadinanza, recentemente subentrato al Rei come misura di contrasto alla povertà, ha avuto l’effetto di ampliare in modo significativo la platea dei soggetti potenzialmente, riguardando cittadini con ISEE inferiore a 9.360 euro. Secondo i dati dell’Azienda speciale consortile al 31/10/2019 sono state presentate 2.860 richieste e ne sono state accolte 1.502. Di queste la maggior parte, circa il 60%, sono state indirizzate ai Centri per l’impiego per la sottoscrizione dei Patti per il lavoro e il restante 40% sono state indirizzate alla Unità operativa inclusione sociale di Comuni Insieme per la presa in carico e i Patti di inclusione sociale.
I Centri di ascolto Caritas, con i 9 centri (7 interparrocchiali, 2 parrocchiali) di cui l’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse di Caritas ambrosiana dispone i dati, nel 2018 hanno intercettato 2411 persone, in prevalenza cittadini stranieri (64,2%), portando richieste che – in termini di frequenza – possono essere ordinate come segue: sussidi (per pagamento bollette/tasse, per spese sanitarie, per alloggio, generici), beni materiali e sevizi (soprattutto alimentari, buoni mensa e mensa e in secondo luogo vestiario e guardaroba), lavoro in generale, abitazione, ascolto e compagnia e per ultime prestazioni tecniche-professionali. Le principali risposte fornite dai Centri di ascolto consistono in sussidi economici, sostegno personale (soprattutto ascolto), beni materiali e servizi (per lo più alimentari, buoni mensa e mensa), consulenza e orientamento rispetto al lavoro e consulenza e orientamento rispetto alle problematiche abitative.
Volontariato diffuso
Secondo i responsabili dei Centri di ascolto Caritas, sono impegnati nelle attività dei centri stessi almeno 270 volontari, suddivisi tra 88 operatori specifici dei centri di ascolto e 182 volontari di iniziative generiche promosse dalle Caritas locali. Accanto ai Centri di ascolto operano altre realtà ecclesiali, almeno 6 in base alle segnalazioni ricevute, per un totale di 162 operatori volontari (in maggioranza pensionati, donne in servizio da oltre 5 anni; un profilo non dissimile da quello dei volontari Caritas) impegnati in un ampio ventaglio di ambiti di intervento: persone e famiglie indigenti, stranieri (corso di italiano), ammalati, minori, fragilità, housing, ricerca lavoro, intercultura.
Vasta rete di doposcuola
L’attenzione per l’intercultura, e più in generale per l’educazione, connota la sensibilità della Chiesa locale per il mondo della scuola nelle sue diverse espressioni, come annota don Fabio Landi, responsabile del Servizio di Pastorale scolastica della Diocesi. È un’attenzione che parte dalla «vasta rete di doposcuola parrocchiali in cui i ragazzi sono seguiti da volontari in stretto contatto con i docenti e le istituzioni scolastiche» (i quali costituiscono «un ottimo ponte che favorisce la collaborazione tra parrocchie e scuole»), e che si estende a tutta la “filiera” delle istituzioni formative. D’altro canto, il territorio del Decanato è caratterizzato «un’alta concentrazione di scuole statali e paritarie di tutti gli ordini e i gradi e comprende realtà molto diversificate tra loro per quanto riguarda l’utenza scolastica: alcune hanno una forte impronta di immigrazione meridionale ormai consolidata e pienamente inserita nel territorio; altre vedono l’arrivo di alunni stranieri (magrebini, albanesi, slavi) che si ricongiungono ai genitori che precedentemente avevano cercato e trovato lavoro in questa zona; altre ancora hanno accolto famiglie di professionisti con alte competenze che si spostano da Paesi economicamente forti per mobilità lavorativa.
Progetti di integrazione
Nelle situazioni più difficili e soprattutto di fronte all’alta percentuale di presenza di alunni stranieri, da anni sono stati attivati progetti di integrazione che coinvolgono non solo i bambini e i ragazzi ma anche le loro famiglie, in un clima per lo più di reciproca fiducia, stima e collaborazione. Merita una segnalazione particolare l’attenzione che l’Istituto Comprensivo “G. Rodari” di Baranzate riserva da molto tempo agli alunni rom e sinti (circa 60) con risultati davvero incoraggianti. Le scuole dell’infanzia e primarie sono inserite in circuiti psicopedagogici (attraverso cooperative e associazioni di logopedisti, psicomotricisti, psicologi e psicoterapeuti) che coinvolgono le varie amministrazioni comunali e, ormai da anni, il Consultorio decanale di Bollate. Le scuole dell’infanzia e primarie paritarie sono molto vicine alle parrocchie con una continuità di valori e proposte. Si segnala in particolare lo sforzo di accompagnamento dei genitori con progetti su temi educativi e pedagogici».