Conosceva tutti i segreti del mestiere ed era ben voluto e ascoltato dai giovani. È stato una figura di riferimento per larghi settori del mondo cattolico, per la cultura, per la società civile
di Antonio
Giorgi
Il giornalismo milanese piange la scomparsa di Luigi De Fabiani, figura storica del quotidiano Avvenire, spentosi domenica all’età di 91 anni. Proveniente dal giornale della diocesi ambrosiana L’Italia, De Fabiani era approdato in Avvenire nel lontano dicembre 1968, quando la testata nata dalla fusione tra L’Italia e L’Avvenire d’Italia aveva cominciato a muovere i primi passi.
Luigi De Fabiani, Gigi per gli amici e per tutti i colleghi, era capo cronista all’interno della neonata iniziativa editoriale fortemente sollecitata da Paolo VI. Sotto la sua guida si sono formate generazioni di giornalisti, molti dei quali hanno raggiunto posizioni di grande prestigio a livello nazionale. Tra i tanti della sua scuola un nome va ricordato: quello di Walter Tobagi, ucciso sotto casa in via Salaino da un commando di terroristi di sinistra la mattina del 28 maggio 1980.
Dall’ufficio del capo cronista al desk del capo redattore ai tempi della direzione di Angelo Narducci il passaggio fu rapido, e altrettanto quello – di poco successivo – alla qualifica di vicedirettore, in quegli anni Ottanta segnati per Avvenire da difficoltà estreme che rischiavano di mettere a rischio la stessa sopravvivenza.
Eccellente professionista, De Fabiani si batté con tutte le sue forze perché la qualità del prodotto Avvenire migliorasse di giorno in giorno così da contribuire a mantenerne la presenza migliorandone la diffusione e l’apprezzamento all’interno del mondo cattolico.
Fu un maestro stimato, ben voluto, ascoltato, autorevole senza mai mostrarsi autoritario. Conosceva tutti i segreti di un mestiere difficile che ti assorbe e ti coinvolge come pochi altri. Ma fu anche, Gigi De Fabiani, una figura di riferimento per larghi settori del mondo cattolico milanese, per la cultura, per la società civile nel suo complesso.
Al lavoro di redazione affiancava l’impegno nel sindacato, negli organismi professionali della categoria e poi, quando fu costituita, nella scuola di giornalismo voluta dall’Ordine regionale lombardo.
In quanto giornalista, assicurò negli anni frequenti apporti professionali a varie testate dell’informazione cattolica della Diocesi di Milano, collaborazioni apprezzate e ricercate.
Era uomo che ispirava fiducia, che sapeva valutare le persone. Offriva lealmente amicizia e ne era ricambiato. Era persona perbene, in tutti i sensi.
Operatore appassionato dell’informazione in ambito cattolico, De Fabiani non poteva non essere un credente, una persona di solido radicamento nella fede. Anche in questo fu di esempio per molti. Quando Avvenire attraversò la stagione più drammatica della sua allora ancora giovane esistenza toccava a lui rincuorare i colleghi preoccupati per il loro futuro. Lo faceva con parole semplici, sdrammatizzanti, sempre concluse con l’invito a confidare nella Provvidenza.
Al giornalismo italiano Luigi De Fabiani mancherà. Mancherà alla testata Avvenire alla quale molto ha dato. Mancherà a Milano, alla sua Chiesa, all’informazione diocesana, alla città. Ricordare l’uomo e il giornalista sarà dovere di tutti.