L’Arcivescovo spiega il senso della lettera inviata all’inizio dell’anno per invitare i parroci a vigilare sul problema e a prestare attenzione alle vittime: «L’infiltrazione della disonestà passa attraverso le coscienze ed è aiutata dall’omertà»
di Mario
DELPINI
Arcivescovo di Milano
La lettera ai parroci su usura e criminalità organizzata è un atto che ho sentito doveroso, avendo constatato che diverse aziende e famiglie sono messe alla prova da un’offerta di denaro che si propone di saldare debiti, non saldabili altrimenti, al prezzo di approfittare di strade illegali per penetrare a Milano. Essendo grande la sofferenza e difficile il contrasto a questa operazione della criminalità organizzata, ho chiesto ai parroci una vigilanza, un’attenzione a situazioni di difficoltà, una collaborazione per venire in soccorso a queste sofferenze e a volte tragedie che segnano profondamente la vita di aziende e famiglie.
Il contrasto non si può fare solo con l’intervento delle forze dell’ordine, ma anche e soprattutto con la vigilanza di tutti i cittadini. Sono convinto che sia necessaria una resistenza morale, prima che un insieme di provvedimenti normativi o di affinamento di strumenti di indagine. Le forze dell’ordine sono benemerite, hanno una professionalità straordinaria, ma l’infiltrazione della disonestà passa attraverso le coscienze prima che nelle scappatoie per non farsi riconoscere dalle autorità.
Corruzione, infiltrazione della criminalità organizzata nella politica e nelle imprese: ho semplicemente ripetuto quella che è la descrizione del fenomeno, di cui tante volte papa Francesco ha parlato. La mia persuasione è che il bene comune, il bene della convivenza civile, dell’attività imprenditoriale di mercato, della libertà individuale e sociale si costruiscono con la legalità: quindi rispetto delle leggi, correttezza delle procedure, trasparenza degli affari è un modo per garantire questi valori irrinunciabili.
La penetrazione delle mafie è aiutata anche da una grande omertà. La criminalità organizzata impone il silenzio, fa paura denunciare. La parola omertà ha tante risonanze negative, però contiene anche questa valenza drammatica della paura, della minaccia anche implicita, tuttavia sufficiente per convincere a sottostare e tacere. Un antico diceva: sono uomo e perciò niente di umano mi è estraneo. Questo mi sembra che sia l’orizzonte con cui un cittadino del mondo, dell’Europa, un erede della tradizione dell’umanesimo italiano, guarda la società e il tempo in cui viviamo. La mia speranza ha le radici nella fede cristiana e questa alimenta una stima dell’umanità e la persuasione che le donne e gli uomini onesti, che sono capaci di lavorare insieme, capaci di guardare lontano, possono mettere mano all’impresa di aggiustare il mondo.