«Gesù entra in ogni vita segnata dal dolore e vi porta la comunione che rende partecipi della vita di Dio», scrive ai primi. E ai secondi: «In questo Natale offre a ciascuno la possibilità di iniziare oggi a vivere da figlio di Dio»
Come è ormai consuetudine, anche per il Natale 2018 l’Arcivescovo rivolge una parola augurale ai malati e ai carcerati. Messaggi per esprimere la vicinanza della Chiesa ambrosiana a chi vivrà le prossime festività in condizioni difficili a causa di un cattivo stato di salute o di una situazione di detenzione. Sono pubblicati dal Centro Ambrosiano, quello ai malati in vendita a 0.30 euro, quello ai carcerati consegnato ai cappellani perché venga distribuito negli istituti di pena.
«Se Natale arriva mentre si è malati, non viene neppure la voglia di partecipare alle feste: quel dolore che non dà requie, quella diagnosi che preoccupa, quella terapia che “butta a terra”, quegli effetti collaterali che mettono in imbarazzo… Anche la compagnia chiassosa e il rito dei regali forse sono più causa di fastidio che di letizia – scrive l’Arcivescovo ai malati -. Ma Gesù è entrato nella storia senza disturbare: in una notte di ordinaria monotonia, in un rifugio rimediato per l’emergenza, deposto nel lettuccio inusuale di una mangiatoia. Il Figlio di Dio è entrato così nella storia dei figli degli uomini. Sono certo che può entrare così anche nella tua storia: con discrezione e delicatezza, con parole buone e silenzio attento ad ascoltare, con il tratto lieve che asciuga le lacrime. Gesù entra in ogni casa dove c’è una pena, in ogni vita segnata dal dolore e vi porta non solo la consolazione palliativa che procura un momento di sollievo, ma offre la comunione che rende partecipi della vita di Dio, la vita eterna». «Vorrei che tu sentissi in questo Natale la mia vicinanza attraverso il gesto amico di chi ti vuol bene – prosegue -, attraverso la visita discreta dei preti e dei fedeli che sono incaricati di esprimere ai malati la sollecitudine della comunità cristiana. Prego per te e ti benedico».
«Forse il mondo era troppo stanco. Forse la vita era troppo complicata e troppo ingiusta. Forse era esaurita la speranza. Dicono che il Padre Eterno abbia scelto proprio quel momento per la nascita di Gesù a Betlemme: non se ne poteva più – scrive invece ai carcerati -. Ci sono anche quelli che dicono che non è servito a niente. Il mondo ha continuato a essere stanco, complicato, ingiusto e disperato. Invece io credo che quella notte di Natale abbia cambiato tutto: è stato un nuovo inizio… Da quella notte, infatti, è stato possibile all’uomo diventare figlio di Dio, vivere come figlio di Dio, perché il Figlio di Dio è diventato figlio dell’uomo, primogenito di molti fratelli». E quindi prosegue con l’augurio, «che questo Natale sia un nuovo inizio… Cominciare a scrivere una storia nuova, secondo come è possibile. Se ho fatto del male, cerco di rimediare facendo del bene; se ho fatto soffrire, cerco di rimediare provando a consolare; se ho procurato danni, cercherò di compensare mettendo mano all’impresa di aggiustare il mondo, almeno un po’. Non è vero che Dio si è stancato del mondo. Non è vero che Dio si è stancato degli uomini: Lui non si stanca mai. Ma oggi, in questo Natale offre a ciascuno la possibilità di un nuovo inizio: iniziare oggi a vivere da figlio di Dio, come Gesù».