Sono 25 le parrocchie recatesi in visita estiva al “Carlo Maria Martini”, dove i ragazzi hanno potuto usufruire di un nuovo servizio didattico; altre si sono prenotate per settembre. La direttrice Nadia Righi: «Un’esperienza interessante, nata da uno sguardo curioso per poi mettersi “all’opera”, in linea col tema educativo proposto dalla Fom»
di Annamaria
BRACCINI
«Bilancio molto positivo». Bastano tre parole per definire la felice esperienza che nelle scorse settimane ha legato alcuni oratori feriali al Museo diocesano “Carlo Maria Martini”, la cui direttrice Nadia Righi sottolinea qualche cifra: «C’è stato un significativo aumento soprattutto del numero delle parrocchie che hanno partecipato all’iniziativa. Al Museo abbiamo ospitato circa 1200 ragazzi accompagnati da quasi 400 animatori. Le parrocchie sono state 25, alle quali ne vanno aggiunte altre già prenotate per settembre. Il periodo di maggior afflusso è stato quello delle settimane di giugno».
Numeri rilevanti…
Indubbiamente. Inoltre occorre notare che, con nostra sorpresa, le realtà oratoriane sono arrivate un po’ da tutta la Diocesi, con gruppi che hanno scelto Milano per l’uscita settimanale, trascorrendo al Museo l’intera giornata.
Che cosa avete voluto trasmettere ai ragazzi?
Abbiamo lavorato congiuntamente alla Fom e, quindi, il programma e le nostre proposte sono state in linea con il tema dell’Oratorio estivo 2018, “All’Opera”. Come Museo ci interessava che questo “mettersi all’opera” nascesse da uno stupore, da uno sguardo bello, curioso e aperto a cui le giovani generazioni vanno educate. Secondo quanto suggerito anche dal manuale degli animatori Fom, ragazzi e bambini hanno prodotto piccoli lavoretti con diverse tecniche e vari materiali. La cosa interessante è che, per questi semplici manufatti artigianali, il nostro servizio didattico – per quanto riguarda parrocchie e oratori, da quest’anno lavoriamo con l’Associazione culturale Ambarabart – ha proposto ai ragazzi un paragone con loro stessi.
Un esempio?
Se avevano osservato il portale di una chiesa e, quindi, si decideva di lavorare sulla pietra, ci si chiedeva: «Questo portale che cosa racconta di ciò che io trovo all’interno della chiesa? Il portale che io riproduco cosa può raccontare di me stesso?». Da questa modalità interpretativa sono emerse osservazioni bellissime perché i giovani, quando si mettono in gioco, riescono davvero a stupire sempre noi adulti.