Il decano don Mauro Barlassina illustra le motivazioni di “Fondati sul lavoro?”: «Veniamo da dieci anni di crisi, ma c'è un fermento di ripresa. Il nostro intento è di farlo emergere e, se possibile, attivare processi in questa direzione virtuosa»
di Claudio
Urbano
È una Chiesa che vuole fare il primo passo, quella che a Varese proporrà nella prossima settimana cinque giorni di incontri sulla dimensione del lavoro. Con un’attenzione rivolta in particolare ai giovani, che faticano maggiormente a inserirsi in un tessuto produttivo molto cambiato, ma che offre ancora opportunità. Don Mauro Barlassina, decano di Varese, spiega che la comunità ha voluto rispondere alle sollecitazioni arrivate già dall’arcivescovo Scola, che invitava la Chiesa locale a proporre il proprio contributo per la «vita buona» di tutta la società. Il prossimo convegno «Fondati sul lavoro?» è dunque una tappa del percorso iniziato nel febbraio dell’anno scorso con la “Lettera alla città”, nella quale le diverse realtà ecclesiali di Varese proponevano alla città le sfide del lavoro, dell’educazione e dell’accoglienza come terreni di confronto e di un possibile impegno comune.
Si riparte ora dal lavoro, spiega don Mauro: «Ci siamo accorti che i giovani faticano a restare sul territorio, si pensa che non ci siano possibilità. In effetti veniamo da dieci anni di crisi e le difficoltà ci sono. Ma forse è il momento di far emergere anche che ci sono segnali di superamento. Contattando le varie realtà che interverranno al convegno ci si accorge che c’è un fermento di ripresa. Il nostro intento è di farlo emergere e, se possibile, attivare processi in questa direzione virtuosa». L’ottica dunque è quella della speranza, declinata appunto nella dimensione concreta e quotidiana del lavoro, e testimoniata da diverse realtà che verranno raccontate nei cinque giorni di eventi. Dal giovane che ha avviato una start up agli imprenditori che hanno rinunciato al proprio guadagno per pagare i dipendenti, fino all’azienda che in questi anni ha incrementato il proprio organico, assumendo anche molti stranieri.
«Come parroco – auspica don Mauro, riportando quella che è l’intenzione dell’iniziativa di questi giorni – inviterei la comunità innanzitutto a conoscere il tessuto lavorativo del territorio, che ora si sta ripensando, ma che offre ancora opportunità. Poi vorremmo sollecitare le diverse realtà, sia istituzionali, sia produttive, a venire in ascolto e a offrire conoscenze anche per i molti che sul nostro territorio non hanno lavoro».
La comunità cristiana può dunque fare rete, e aiutare a mettere in rete altre realtà. Don Mauro sottolinea la volontà comune che ha animato i diversi soggetti ecclesiali, promotori prima della “Lettera alla città” e quindi del convegno dei prossimi giorni: il movimento di Comunione e Liberazione, con i giovani-adulti del centro culturale Kolbe, l’Azione Cattolica, il movimento dei Focolari, per citarne alcuni, insieme a molti laici delle diverse parrocchie. Un percorso faticoso a cui però la cittadinanza si è mostrata via via sempre più interessata. «Lo sono anche le istituzioni, che vedono queste iniziative come una possibilità di confrontarsi col territorio – aggiunge don Mauro -. Noi vogliamo innanzitutto contribuire a creare relazioni e sollecitare le diverse realtà a riprendere vigore in questa direzione».