In occasione della Giornata mondiale contro la piaga che colpisce oltre 40 milioni di persone al mondo, appuntamento promosso insieme a Caritas Ambrosiana e Mani Tese e con la collaborazione dell’Ucsi Lombardia
di Anna
POZZI
Queen non riesce neppure a sollevare lo sguardo: quello che ha subìto in Libia e poi sulle strade d’Italia è così terribile che non ci sono parole per dirlo. Koffi invece ce l’ha con il mondo intero: da quando è arrivato nel nostro Paese lo “usano” per il lavoro nei campi o nell’edilizia, per gli sgomberi o lo scarico delle merci. Queen, Koffi e centinaia di migliaia di altri uomini, donne e minori sono i nuovi schiavi del XXI secolo. Un fenomeno che riguarda circa 40 milioni di persone nel mondo. E che è ben presente e radicato anche in Italia.
Eppure ancora molti non vogliono vedere. Per questo – per approfondire un tema così drammatico e urgente – il Centro Pime di Milano, Mani Tese e Caritas Ambrosiana, in collaborazione con Ucsi Lombardia, organizzano un importante convegno in occasione della Giornata mondiale contro la tratta (8 febbraio), festa di Santa Bakhita, la schiava sudanese liberata in Italia e canonizzata nel Duemila. Il convegno – dal titolo “Tratta e gravi violazioni dei diritti umani. I nuovi schiavi del XXI secolo” – si terrà presso il Centro Pime di Milano (via Mosé Bianchi 94), l’8 febbraio alle 10.
Si tratta di un’interessante opportunità per approfondire le storture di un sistema economico che approfondisce le diseguaglianze e contribuisce a creare le condizioni perché «milioni di persone nel mondo non abbiano la libertà di dire no allo sfruttamento e al lavoro schiavo», come fa notare Chiara K. Cattaneo, Program Manager della Campagna “I Exist” di Mani Tese. L’organizzazione milanese lavora in varie parti del mondo per affrontare le cause strutturali di questa vulnerabilità e per cambiare i meccanismi e le regole che contribuiscono a perpetuarle.
Lo stesso fa il Pime che, con la sua rete di missionari e volontari, è impegnato direttamente sul campo e attraverso il sostegno a distanza nel promuovere soprattutto l’istruzione nelle regioni più povere e marginalizzate di Africa, Asia, America Latina e Oceania, cercando di favorire lo sviluppo e frenare i processi migratori senza progettualità che fanno cadere moltissimi giovani nelle reti dei trafficanti.
Dal canto suo Caritas Ambrosiana è impegnata sul territorio della Diocesi di Milano nell’accoglienza dei migranti, vittime di tratta e richiedenti asilo, offre accoglienza attraverso una rete di alloggi e comunità, accompagnamento sociale e assistenza legale attraverso una pluralità di servizi. «Sulla strada incontriamo donne sempre più deprivate, vittime di una catena di sfruttamento ancora più oppressiva che inizia dai luoghi di provenienza. Da un lato, ciò rende i clienti ancora più complici di chi commercia queste schiave moderne, dall’altro, questa presa di coscienza deve sollecitare l’intera comunità a mettere a punto strumenti di contrasto al traffico ancora più efficaci», sostiene suor Claudia Biondi di Caritas Ambrosiana.
«Se si vogliono cambiare le cose – sostiene il professor Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata, che aprirà il convegno dell’8 febbraio al Pime – si devono cambiare, per esempio, le regole del commercio internazionale. Quasi il 40% dei lavoratori nel settore tessile in Asia ha stipendi che sono inferiori al salario minimo. E il salario minimo è un quarto di quello di sopravvivenza. Significa anche concorrenza a basso costo e dumping sociale nei confronti dei nostri lavoratori. E questo non fa bene né a loro né a noi. Occorre invertire la corsa al ribasso del costo del lavoro. E mettere al centro, oltre alla riforma del commercio internazionale, anche la sostenibilità sociale e ambientale».
Il convegno affronterà anche le diverse forme di sfruttamento, da quello lavorativo che riguarda in Italia circa 150 mila persone, in gran parte giovani migranti, a quello per la prostituzione coatta, che coinvolge dalle 50 alle 70 mila donne, sino a quello dei minori, particolarmente vulnerabili e dunque coinvolti in varie forme di grave sfruttamento.