Il responsabile del Servizio diocesano: «Monsignor Delpini raccoglie una grande eredità della Chiesa ambrosiana, che parte dal Gruppo Samuele col cardinale Martini»

di Cristina CONTI

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Accompagnare i giovani nel cammino di discernimento vocazionale è uno dei compiti della Comunità educante. Questo il messaggio principale che monsignor Delpini sottolinea a proposito dei giovani nella sua Lettera. «L’Arcivescovo raccoglie una grande eredità della Diocesi di Milano a proposito dell’accompagnamento vocazionale – rileva don Massimo Pirovano, responsabile del Servizio giovani della Pastorale giovanile -. Un percorso in cui ha svolto un ruolo centrale il Gruppo Samuele, iniziato con il cardinale Martini, e che con il cardinale Scola ha visto lo scorso anno la ridefinizione dello statuto del Centro Vocazioni».

Nella Lettera c’è però qualcosa di nuovo: il richiamo a tutta la comunità adulta, che con i giovani condivide il cammino di crescita nella fede, a essere loro vicina. In una società sempre più complessa e globalizzata, dove spesso mancano certezze e punti di riferimento, per i giovani si fa sentire sempre più forte la necessità di non essere soli. «Gli adulti devono prendersi cura dei giovani in questa fase importante della loro vita – conferma don Pirovano -. Questa è una suggestione molto importante per rilanciare in modo più decisivo il percorso di discernimento vocazionale. Dipenderà poi dalle singole comunità capire come sviluppare questo aspetto, in base alle loro risorse e alle esigenze specifiche». In passato, all’epoca del cardinale Martini, ci fu per esempio l’iniziativa “Se tuo figlio ti chiede un pane”, che prevedeva un coinvolgimento maggiore degli adulti. Nel concetto stesso di comunità educante, infatti, c’è proprio il significato profondo di essere per i giovani un modello di vita adulta nella fede. «Oggi un’iniziativa che va in questa direzione, dal punto di vista del discernimento vocazionale, è “Start up” – aggiunge don Pirovano -, un gruppo che ha proprio l’obiettivo di accompagnare i giovani che non si sentono pronti a vivere il Gruppo Samuele, ma che potrebbero comunque essere aiutati dalla comunità nel loro percorso».

 

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