Il parroco di Sant'Eustorgio e l'Arciprete del Duomo riceveranno l'Arcivescovo nel giorno del suo ingresso in Diocesi
di Annamaria
BRACCINI
Come si sente un parroco che accoglie nella propria chiesa l’Arcivescovo nel giorno solenne del suo ingresso? Emozionato e coinvolto in una responsabilità comune verso i fedeli e il nuovo Pastore ambrosiano.
«Credo che sia un grande dono dare il benvenuto a monsignor Mario Delpini, avendolo tra noi e offrendogli la nostra preghiera, in un rito nel quale ci sentiamo, come parrocchia di Sant’Eustorgio, particolarmente coinvolti». È questo che dice, infatti, don Giorgio Riva, parroco dell’antichissima basilica da cui, fin dai tempi di san Carlo, inizia l’ingresso solenne dei nuovi arcivescovi. E torna, allora, don Riva sul quel termine “coinvolti”, che si capisce gli è caro in modo speciale perché significa anche evangelizzazione. «Non a caso – sottolinea – in chiesa ci saranno i Catecumeni che saranno presenti per accogliere monsignor Delpini e per essere da lui accolti. In questo modo, loro che sono in cammino verso i sacramenti, ricorderanno a tutti che ogni cristiano è un adulto che cammina verso il Signore sotto la guida del Vescovo. Quindi, direi che i nostri sentimenti di parrocchiani sono, insieme, di gioia e di responsabilità. Ed è anche ciò che io, a livello personale, umano e sacerdotale, provo come parroco».
«Quando monsignor Delpini entrerà in Duomo, bacerà il Crocifisso dalle mie mani, dal momento che lo accoglierò come Arciprete della Cattedrale», spiega, da parte sua, monsignor Gianantonio Borgonovo aggiungendo: «Ecco, io l’accolgo così, nei gesti tradizionali è come se dicessi: “Ricordati che sei qui per questo annuncio. Tutto il resto è un di più”».
Insomma, l’emozione c’è e si sente anche in un “parroco” così particolare come è l’Arciprete della “casa di tutti i milanesi”. Borgonovo, inoltre, è amico di lunga data del nuovo Arcivescovo, come ricorda. «Abbiamo fatto tanta strada insieme, nel senso che il Seminario è stata la nostra casa di lavoro per anni. Lui era Rettore quando io ancora insegnavo in Seminario, quindi ci legano molti ricordi. Questo è, senz’altro, uno dei motivi che rendono umanamente ancora più densa l’esperienza di questa consegna, di questo passaggio, di questo ingresso. Credo che non vi sarà tempo, durante il rito, di scambiare qualche parola personale, ma non mancheranno le occasioni di dialogo che sarà, come sempre, utile e proficuo».