A ricevere Delpini il cardinale Scola, suo predecessore. L’Arciprete monsignor Borgonovo gli consegna la Croce capitolare di San Carlo. Alcune interviste raccolte tra i fedeli
di Stefania
CECCHETTI
Un Vescovo che sia vicino alla gente, soprattutto agli umili, che sappia ascoltare, che sia davvero un pastore per la sua diocesi. È questa la richiesta che si leva, quasi unanime, dalla folla radunata in piazza Duomo per salutare l’arcivescovo Mario Delpini nel giorno del suo ingresso solenne in diocesi.
In una giornata di sole, quasi un ritorno d’estate, monsigonr Delpini è stato accolto oltre che da una folla sestante, dal Prefetto e dalle massime autorità della Regione Lombardia e del Comune di Milano e dal Generale comandante del Presidio militare. Benedetta la bandiera e resi gli onori militari, l’Arcivescovo ha attraversato la piazza tra i fedeli ed è salito sul sagrato, atteso davanti alla porta centrale della Cattedrale dal suo predecessore, l’Arcivescovo emerito, il cardinale Angelo Scola.Varcato il portale, ha ricevuto dall’Arciprete del Duomo monsignor Gianantonio Borgonovo la Croce capitolare di San Carlo.
Nella piazza erano tante le facce festose e piene di aspettative nei confronti del nuovo Pastore ambrosiano. Ma anche la consapevolezza che monsignor Delpini sia proprio l’uomo giusto per rispondervi. Una sorella dell’Istituto suore della riparazione, è emozionatissima e dice, con un sorriso pieno di fiducia: «Monsignor Delpini sta già vivendo quello che noi figlie della Chiesa desideriamo: essere vicini, essere Chiesa unita».
Anche Patrizia, della parrocchia di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, è molto fiduciosa: «Il nostro prete dell’oratorio – racconta – ci ha detto che dobbiamo aspettarci grandi cose da don Mario, come lui molto semplicemente si definisce, che è una persona buona». Il fatto che monsignor Delpini non sia un volto nuovo per i fedeli ambrosiani è un fatto del tutto positivo per Patrizia: «È bello che sia stata fatta una scelta di continuità per la diocesi. Abbiamo bisogno che lui sia davvero un pastore per noi, che accolga tutti».
Del resto il sogno di una società del dialogo, aperta alle altre fedi e agli stranieri è nel cuore di questo Arcivescovo, come lui stesso ha dichiarato alla stampa in occasione dell’annuncio della sua nomina. Un sogno che è condiviso da tantissime persone presenti oggi in piazza Duomo. Secondo Pietro, parrocchiano di Santa Maria in Caravaggio a Milano, «quello del dialogo non è un bisogno solo del presente. Forse la società, e con lei noi milanesi, è rimasta un passo indietro rispetto alle esigenze dell’oggi. Ma sono sicuro che monsignor Delpini avrà molto da dire rispetto ai problemi dell’attualità».
Pietro non è il solo a sperare nelle capacità di essere un padre accogliente di “don Mario”. La devono pensare così anche i tanti stranieri accorsi in Duomo a salutarlo. Come Rosine, giovanissima ragazza proveniente dal Camerun, un mare di treccine per capelli e un sorriso dolce e timido. Su monsignor Delpini, che già conosce per averne ascoltato diverse omelie, non ha aspettative particolari: «Amo la sua maniera di dire le cose e di rapportarsi alla gente», dice semplicemente. Onorio, filippino, è arrivato in bicicletta, forse per emulare il nuovo Vescovo, già famoso per essere un ciclista appassionato che percorre in lungo e in largo le vie della città: «Mi aspetto che pensi a noi giovani», dice con un sorriso.
Una preoccupazione condivisa anche da Angela, da Novate Milanese: «C’è tanto bisogno che qualcuno parli ai giovani, nelle nostre parrocchie che si stanno svuotando. Abbiamo bisogno di sentire una presenza concreta, qualcuno che sia sì una figura istituzionale, ma anche un pastore».
Ma è soprattutto il desiderio di un Vescovo vicino alle persone ad animare la gente presente in piazza. Stefano e Veronica, della parrocchia dei Santi Nabore e Felice, sono qui con la loro piccola Maddalena che dorme nel passeggino: «Siamo venuti ad accogliere l’Arcivescovo in questo momento speciale di vicinanza. E di vicinanza c’è tanto bisogno tra la Chiesa-istituzione e noi fedeli. Noi conosciamo già lo stile di monsignor Delpini e apprezziamo il suo linguaggio diretto e semplice, molto vicino alla gente. La diocesi ha bisogno, come ci diceva il Papa durante la sua visita a Milano, di aprire le porte, di andare in mezzo alle strade a incontrare tutti. Speriamo che l’arcivescovo Mario faccia proprio così».
Anche Bruno, che arriva da Sumirago, in provincia di Varese, a un paio di chilometri dal paese natale di monsignor Delpini, ne apprezza l’umiltà: «Mi piace perché è semplice, umile come noi tutti. Come me, che in parrocchia mi presto ad aiutare dove c’è bisogno, taglio anche l’erba, se me lo chiedono», dice con una risata contagiosa.
Dunque vicinanza alle persone, apertura alla società e attenzione ai giovani. Ma non è tutto qui. Don Gianfranco Macor, rettore della rettoria di San Tommaso apostolo a Milano, che è in coda per entrare alla celebrazione, è convinto che il magistero di questo vescovo sia già stato da lui ben delineato: «Penso ai tre ambiti che monsignor Delpini stesso ha indicato: il rapporto con il Signore Gesù come realtà primaria della vita del cristiano, la vocazione alla missionarietà e l’impegno nella società e nel mondo».