Il parroco don Luca Camisana sulle bestemmie scritte sui muri della Basilica: «La pulitura richiede accordi con altre istituzioni e un lavoro accurato. In questo periodo ci siamo concentrati sul restauro dell’interno»

di Marta VALAGUSSA

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il complesso di San Lorenzo

Negli ultimi giorni un blog che si occupa delle trasformazioni urbanistiche della città di Milano ha riportato in evidenza lo stato di degrado di alcuni edifici molto significativi della metropoli, deturpati da immagini e scritte offensive. Tra questi spicca la Basilica di San Lorenzo, risalente all’epoca paleocristiana, sui cui muri posteriori si leggono anche due bestemmie, una tracciata con vernice bianca e una con vernice nera. Ne parliamo con don Luca Camisana, parroco di San Lorenzo e responsabile della Comunità pastorale dei Santi Magi.

Don Luca, ne blog ci si chiede: «Sindaco, sovrintendenza, arcivescovo, dove siete?». Lei come risponde?
Rispondo che siamo insieme. Le scritte di cui tanto si parla negli ultimi giorni ci sono da tre o quattro anni e non mancano privati disponibili a intervenire; ultimamente, per esempio, i volontari di un’associazione dedicata a questo tema hanno dato la loro disponibilità a ripulire in autonomia le scritte. È una proposta lodevole, ma non possiamo accettare.

Perché?
Perché la Basilica di San Lorenzo, come tanti altri edifici, è bene “vincolato” dalla Sovrintendenza delle Belle Arti.

Qual è la procedura allora in questi casi?
La procedura prevede che la parrocchia segnali il danno alla Sovrintendenza, che deve autorizzare e concordare l’intervento di un restauratore adeguato, al di là dei costi dell’intervento. E per un intervento a questi livelli è necessario un accurato lavoro di precisione.

E perché la parrocchia non ha ancora avviato i lavori?
Perché insieme alla Soprintendenza ci siamo concentrati in questi ultimi anni sull’interno della Basilica, con onerosi lavori di restauro, conservazione e valorizzazione del bene culturale di San Lorenzo.

Cioè? Che tipo di lavori sono già avviati?
È stata per prima restaurata la Cappella di Sant’Aquilino, poi è stata riportata all’originario splendore di fine Cinquecento la maestosa cupola; ora si sta procedendo alla ripulitura del corpo centrale della Basilica con i matronei, colonne ed esedre.

I lavori sono conclusi?
No, non ancora. Segno di grande cura e accuratezza. Ci vuole un tempo lungo e disteso per un intervento epocale come questo. Stiamo parlando di uno dei primi cinque monumenti dell’epoca paleocristiana a Milano. Una volta terminati i lavori di restauro dell’interno, ci occuperemo certamente dell’esterno, in pieno accordo con la Sovrintendenza e l’Amministrazione comunale, insistendo la Basilica sul suolo pubblico del retrostante Parco della Vetra.

Non crede sia opportuno denunciare il fatto che qualcuno ha scritto bestemmie?
Una bestemmia si denuncia da sola di fronte a chiunque, credente e non credente; è un atto di mancata civiltà… Peccato. Diffido sempre delle denunce urlate, anche quelle mosse dai più validi e sinceri motivi (come in questo caso). Preferisco che ci si intenda per intervenire con chi di dovere in forma assolutamente propositiva.

Sta alludendo alla collaborazione con le istituzioni?
Decisamente sì. Qualunque intervento a certi livelli vede coinvolta la Diocesi di Milano – che la Parrocchia rappresenta – insieme alla Sovrintendenza e al Comune di Milano. Ma non si deve mettere pressione, cavalcando la notizia. C’è uno stile di alleanza istituzionale dai modi discreti e silenziosi a cui teniamo molto e che vogliamo mantenere, spesso a prezzo di molta pazienza.

Tornando ai lavori di restauro, si può immaginare quanto siano onerosi. Come si sostengono lavori di questo tipo da un punto di vista economico?
Nel caso di San Lorenzo si tratta di contributi ministeriali insieme a quelli da Fondazioni bancarie, nonché fondi derivanti dai proventi della pubblicità, attraverso la concessione di spazio per l’installazione di un pannello ad opera di un concessionario privato.

Se l’associazione privata di turno non può intervenire per pulire un muro con una bestemmia, vuol dire che vale più un mattone che una bestemmia?
Quel mattone non è mio, è un bene culturale di tutti. Dico di più. Non è neanche un mattone solo della comunità cristiana, di cui io sono parroco. La società civile – attraverso la collaborazione delle istituzioni che la rappresentano – è chiamata in causa di fronte a certi monumenti che esprimono una ricchezza per tutti; è la fede cristiana che si è fatta cultura, qui come ovunque. Altrimenti dovremmo lasciare fuori dalla chiesa i turisti che entrano senza fare il segno della croce.

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