Il presidente di Libera parla alla vigilia della Giornata nazionale di Milano: «Non ci si deve fermare all’indignazione: a tutti, istituzioni e cittadini, è chiesto di impegnarsi per il cambiamento»
di Annamaria
Braccini
Due giornate intense di incontri, gesti simbolici e anche di preghiera, con la Veglia per le vittime della mafia presieduta dall’Arcivescovo. Saranno quelle di lunedì 20 e martedì 21 marzo, che vedranno a Milano la tradizionale manifestazione promossa da Libera (leggi qui). Ne parliamo con il fondatore e presidente dell’Associazione, don Luigi Ciotti.
Perché la scelta di Milano?
Per commemorare le cinque vittime della strage di via Palestro, trent’anni fa, e il decennale delle esequie di Lea Garofalo, donna coraggiosa che si ribellò all’universo chiuso e spietato della ’ndrangheta. Ma anche per ricordare e ricordarci tutti che le mafie sono una realtà pervasiva e diffusa a livello nazionale e internazionale, presenti soprattutto dove l’economia è florida e le occasioni di arricchimento più numerose e ghiotte. Milano e la Lombardia sono storicamente la “locomotiva” economica del Paese.
«È possibile», questo il titolo. Ma è davvero possibile un Paese che sappia ancora indignarsi per ingiustizie e mafie di ogni genere?
È possibile, a condizione di mettersi tutti più in gioco, come ci ha chiesto 75 anni fa la Costituzione. Istituzioni e cittadini. Le mafie non avrebbero posto in società dove ogni cittadino si facesse artefice e custode del bene comune. In tal senso l’indignazione è solo il primo passo: poi deve seguire l’impegno per il cambiamento, che è tanto più grande quanto più i problemi sono radicati. Il problema del nostro Paese è che, salvo eccezioni, ci si ferma al primo passo, all’indignazione.
Le infiltrazioni della malavita organizzata in Lombardia sono particolarmente gravi. Come associazione avete questa sensazione e qualche riscontro concreto?
Che le mafie, e la ’ndrangheta in particolare, abbiano allungato le mani sul Nord e sulla regione più ricca del Paese, lo si sa da tempo. Com’è è nota la loro capacità di penetrare, riciclare, investire, condizionare. Le collusioni con segmenti della politica e dell’economia. Già il dato sui beni confiscati parla chiaro: in Lombardia sono ben 1.590 i beni immobili e 135 le aziende destinate a uso sociale dopo la confisca. Saremo a Milano anche per incentivare questi processi di cambiamento e speranza. Il ricordo delle vittime innocenti delle mafie si fonda anche sul nesso tra memoria e impegno, che deve essere collettivo, continuo e trasversale. Impegno per i diritti, per i posti di lavoro, per un’economia capace di produrre ricchezza e distribuirla con equità, per una politica non ostaggio di interessi particolari, per percorsi educativi che sappiano scavare nelle coscienze, per un’informazione disposta a servire solo la ricerca di verità.
La situazione in Italia sta peggiorando o migliorando?
In Italia il rischio più grave è quello dell’assuefazione, della sedazione delle coscienze. Rischio anche legato alla trasformazione delle mafie in imprese criminali che meno ricorrono alla violenza diretta perché il mercato economico permette loro di arricchirsi nell’ombra, senza destare allarme, operando davanti allo schermo di un computer. Il rischio è passare da una criminalità organizzata a una normalizzata.
Come sensibilizzare i cittadini sull’incidenza delle mafie nel tessuto sociale?
Sottolineare il nesso tra mafie e “liberismo” economico, tra sistema criminale mafioso e rete globale di accumulazione del capitale. Le mafie nuotano nel mare delle ingiustizie sociali e delle disuguaglianze materiali e sono diventate una delle facce di un’economia che sacrifica la vita in nome del profitto. «Sistema ingiusto alla radice», lo ha definito giustamente papa Francesco.
Cosa può fare la comunità cristiana?
Vivere il Vangelo senza limitarsi a osservarlo o predicarlo. Il Vangelo è incompatibile con le mafie perché, prima ancora, incompatibile con le ingiustizie. Mi piace ricordare le graffianti parole di un grande uomo di Chiesa, il mio amico don Tonino Bello: «Diventate la coscienza critica del mondo, diventate sovversivi: non fidatevi dei cristiani che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani autentici sovversivi come San Francesco».
Leggi anche:
Memoria delle vittime delle mafie, Veglia ecumenica con l’Arcivescovo