Queste le raccomandazioni espresse dall’Arcivescovo durante la Visita pastorale, in corso fino al 25 marzo. Il decano don Paolo Rota: «Seguiamo da vicino il cammino dei nostri giovani»
di Cristina
CONTI
Fino al 25 marzo è in corso la Visita pastorale dell’Arcivescovo nel Decanato Baggio (leggi qui). «Siamo in tutto 9 parrocchie e la Cappellania dell’Ospedale San Carlo – spiega il decano don Paolo Rota, parroco a Madonna della Fede nella Comunità pastorale Discepoli di Emmaus -. Otto parrocchie sono organizzate in Comunità pastorali: Santa Marcellina e Madonna della Fede comprendono i quartieri di Olmi e Muggiano. San Giovanni Bosco e Madonna del Poveri hanno un solo parroco da settembre, come anche Madonna della Divina Provvidenza e San Materno, che comprendono Quinto e Figino. Sant’Anselmo e Sant’Apollinare stanno percorrendo un cammino per diventare Comunità pastorale. Rimane fuori solo San Pier Giuliano».
La vita pastorale è tornata attiva dopo la pandemia?
Parlo per le mie parrocchie perché conosco la situazione più da vicino. L’allontanamento dalle celebrazioni è stato consistente. Per quanto riguarda le altre attività caritative e istituzionali, l’oratorio si attesta ormai sui numeri precedenti alla pandemia (penso che sia l’unico servizio di questo tipo presente sul nostro territorio), mentre la Caritas vede aumentare sempre più il numero delle richieste: durante il periodo della pandemia abbiamo preparato un elenco delle persone più bisognose, in modo da poter rispondere alle necessità di tutti; così ci siamo fatti un quadro preciso della situazione. Una novità del periodo post-Covid è stata l’apertura della scuola di italiano per stranieri: ha avuto un grandissimo successo e ogni settimana si aggiunge una persona nuova, tanto che abbiamo dovuto chiedere aiuto alle altre parrocchie e alle istituzioni del territorio per rispondere alle richieste. In passato, soprattutto con le famiglie che si preparavano al battesimo, ci siamo accorti che gli stranieri capivano molto poco, al massimo il 10%, di quanto dicevamo loro; per questo è nata l’idea di creare una scuola gratuita ed “elastica” nella frequenza, per poter venire incontro a lavoratori che hanno ritmi particolari. Accettiamo di fare lezione anche con quattro persone su tredici iscritti: una modalità che le scuole normali non consentono.
L’immigrazione dunque è consistente…
Sì, soprattutto nel quartiere Olmi. Si tratta di persone provenienti dal Sudamerica e dall’Asia, in particolare India e Sri Lanka. Stiamo cercando di integrarli il più possibile nelle comunità.
La crisi economica si sente molto?
Siamo una periferia non indigente. A Muggiano, per esempio, c’è edilizia residenziale e il reddito è medio-alto. Altri quartieri, come Olmi, hanno invece case popolari che si sono svuotate dalle famiglie giunte con l’immigrazione dei primi anni Settanta e che si sono ripopolate di stranieri. Per la crisi economica e l’aumento dei prezzi continua a crescere la richiesta di cibo, ma anche di abitazioni. Le case in affitto costano intorno ai 1500 euro al mese più le spese e per questo motivo non riusciamo a dare risposte concrete su questo fronte. Il lavoro un po’ si trova…
I giovani frequentano?
I nostri gruppi giovanili sono una grande gioia. Certo, i numeri sono più modesti rispetto a quelli che si vedevano anni fa. Sono però ben funzionanti e molto concentrati sul loro cammino. C’è il desiderio di implementarli. Abbiamo uno sguardo aperto e consideriamo nostri tutti i giovani e gli adolescenti del territorio. Accompagnarli oggi è difficile, perché sono disseminati qua e là. Sono la cartina al tornasole di una società malata. Cerchiamo di essere loro vicino con la presenza e la preghiera.
Quali le prossime sfide?
La Visita pastorale è in corso dal 9 marzo. Le attese molto diverse. Nel lavoro che abbiamo fatto con le commissioni ci siamo concentrati su tre aspetti: liturgia, educazione e carità. L’Arcivescovo ci ha rilanciato tre parole: gioia, preghiera e amore/carità. Il nostro cammino futuro si concentrerà su queste tre prospettive.
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