L’apprezzamento dell’Arcivescovo durante la visita al Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, che raccoglie importanti frutti dell’ingegno e della creatività umana
di Annamaria
Braccini
Sono 50 mila metri quadri di esposizione in un luogo storico, come i chiostri dell’antico monastero di San Vittore al Corpo, e allo stesso tempo proteso verso il futuro, tra didattica, percorsi formativi per bambini, ragazzi e adulti, oggetti, manufatti, veri e propri tesori. È il Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, il più grande polo museale tecnico-scientifico in Italia (e tra i più ampi in Europa), visitato da oltre mezzo milione di persone all’anno.
Tra antico e moderno
Tra loro, nel pomeriggio di ieri, anche l’Arcivescovo che, accompagnato dal direttore Fiorenzo Marco Galli e dal presidente Lorenzo Ornaghi, per circa due ore ha camminato lungo l’intero percorso espositivo. Molto interessato alle approfondite spiegazioni offerte dal direttore, monsignor Delpini è entrato in alcuni dei 14 avveniristici laboratori (diventeranno 15 entro l’anno), che spiegano come utilizzare e conoscere le tecnologie attraverso suggestioni sensoriali e multimediali, nelle aree dedicate a biotecnologia, genetica e alimentazione, nelle zone in cui si ripercorre l’avvincente vicenda degli acceleratori di particelle (realizzate in collaborazione con il Cern) , ma anche in spazi dalla bellezza antica. Quali la Sala leonardesca – con ricostruzioni di invenzioni del genio vinciano e della Firenze rinascimentale, pitture di Bernardino Luini e di altri maestri dell’epoca -, e la splendida Sala del Cenacolo, una delle poche espressioni del Barocchetto rimaste intatte, dove si è svolto il recente incontro dell’Arcivescovo con le famiglie nel contesto della Visita pastorale al Decanato Centro Storico. Senza dimenticare il grande hangar nel quale trovano posto antiche locomotive, pezzi meccanici risalenti agli albori del trasporto su rotaia, strumentazioni dei più moderni treni ad alta velocità e i suggestivi spazi all’aperto, dove è situato il famoso sottomarino “Enrico Toti”, arrivato al Museo nel 2005 e visitato anche al suo interno.
Insomma, tutto ciò ha fatto esprimere all’Arcivescovo l’apprezzamento per le scoperte umane e la capacità di voler avanzare nel progresso tecnico e scientifico, ma anche l’imprescindibile urgenza di non perdere di vista il trascendente e il senso della vita. Come lui stesso ha voluto scrivere, a ricordo della visita, nel Libro d’onore del Museo: «Da dove vieni, uomo inquieto, potente e fragile, sapiente e smarrito, buono e terribile? Che cosa sei capace di fare, abile e impacciato, creativo e ripetitivo, capace di stupore e malato di indifferenza? Vengo da un sogno, sonno mosso da un desiderio, troverò poi un senso?».