Il Preside della Facoltà teologica riflette sul tema al centro dell’inaugurazione dell’anno accademico della Facoltà e dell’Istituto superiore di Scienze religiose: il 24 novembre la Lectio del cardinale Grech
di Annamaria
Braccini
Sarà dedicata alla sinodalità, uno dei temi che più impegnano e interrogano la Chiesa universale – senza dimenticare il percorso della Chiesa italiana e della nostra Diocesi -, la Lectio magistralis del cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, con cui verrà inaugurato l’Anno accademico 2022-2023 della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale e dell’Istituto superiore di Scienze religiose di Milano.
Giovedì 24 novembre, presso la sede centrale dell’Ateneo (via Cavalieri del Santo Sepolcro 3), dalle 15, avrà luogo la tradizionale cerimonia solenne, aperta dall’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo – che della Facoltà è Gran Cancelliere e dell’Istituto Moderatore – cui seguiranno quelli del preside della Ftis don Massimo Epis e del pari grado dell’Issrm don Ermenegildo Conti. Poi, la Lectio del cardinale Grech, significativamente intitolata «Il popolo di Dio soggetto del percorso sinodale». Una scelta, come dice il preside Epis, che vuole «essere un segno di comunione con il cammino della Chiesa tutta, chiamata da papa Francesco ad assumere anzitutto uno stile sinodale».
Come si potrebbe definire lo stile sinodale?
È qualcosa di molto preciso, che fa riferimento a una forma dell’azione pastorale ordinaria della Chiesa capace di prevedere il coinvolgimento di tutti i battezzati e, con una specifica responsabilità, anche di realtà ecclesiali e accademiche come la nostra Facoltà. Sinteticamente si potrebbe dire che la sinodalità riguarda «la forma della riforma», sempre necessaria alla Chiesa per essere fedele a Gesù e docile al suo Spirito in ogni tempo. Per non confondere la partecipazione con l’assemblearismo, infatti, occorre non dimenticare mai che l’esercizio dell’ascolto e la pratica del dialogo debbono allenarsi a una duplice fedeltà: alla Parola e al proprio tempo. Già Paolo VI, d’altra parte, richiamava all’importanza di una Chiesa come esperta di umanità, impresa che, specialmente in un’epoca come la nostra, contrassegnata dal pluralismo e dalla fluidità, necessita della collaborazione di tutti, specie di chi, come dice papa Francesco nella sua prima Esortazione apostolica Evangelii gaudium, gode del sensus fidei, del senso della fede.
Dunque, approfondire la sinodalità è anche una responsabilità che attiene alla teologia e a un Ateneo come il vostro…
Sì. Proprio perché la sinodalità riguarda il modo di vivere e di operare della Chiesa tutta, anche per la nostra Facoltà l’inaugurazione è occasione per una verifica del ministero che siamo chiamati a svolgere. Lo studio personale può rimanere esposto alla tentazione dell’autoreferenzialità, perciò è necessario esercitarsi nell’ascolto reciproco, nel confronto delle idee e nella condivisione dei progetti di ricerca. Per questo, la presenza del Segretario generale del Sinodo dei Vescovi è motivo di grande onore e occasione preziosa per una verifica del contributo che, come istituzione universitaria, siamo chiamati a offrire al percorso di rinnovamento della realtà ecclesiale.
La sinodalità può essere anche un modo per interpretare, come ha sottolineato il Vaticano II, «il segno dei tempi»?
Senza dubbio può essere molto utile. Questa interpretazione è oggi molto complessa e richiede strumenti adeguati, che appunto una realtà accademica è chiamata a fornire, non solo ai propri studenti, ma alla riflessione condivisa nella Chiesa e nella società. Il discernimento della voce dello Spirito e dei segni del nostro tempo chiamano in causa non soltanto il singolo, ma anche una competenza non elitaria a riguardo delle profonde mutazioni antropologiche che caratterizzano la nostra comunità civile, interpellando in modo nuovo l’annuncio del Vangelo. Per dirla con la Costituzione conciliare Dei Verbum, questo ci è chiesto dalla logica evangelica della “condiscendenza”: spetta a noi disporre l’orecchio all’ascolto.
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