Nel 50° di Rinnovamento nello Spirito Santo, l’intervento al terzo incontro del ciclo nazionale sulla «Cultura della Pentecoste»
di Annamaria
Braccini
«Siate testimoni della civiltà dell’amore a cui tutti vogliamo dare il nostro contributo, perché tutti ci riconosciamo condotti dallo Spirito santo». Con questo auspicio l’Arcivescovo ha portato il suo saluto e il suo ringraziamento all’incontro «Una cultura della Pentecoste per una civiltà dell’amore», promosso dal Rinnovamento nello Spirito Santo in occasione del 50esimo della sua presenza in Italia.
Dopo Lucca, in marzo, e Palermo, a luglio, la Basilica di Sant’Eustorgio ha accolto i molti partecipanti del terzo incontro del ciclo «Cultura della Pentecoste», che da sempre caratterizzano la vita di RnS. Accolto dal presidente nazionale Salvatore Martinez, l’Arcivescovo ha aperto il convegno, animato come sempre da canti e preghiera e dagli interventi dei relatori: il ministro delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili Enrico Giovannini (collegato da remoto), lo stesso Martinez, il coordinatore di Reteinopera Gianfranco Cattai, Claudia Fiaschi, già portavoce del Forum del Terzo Settore, e lo storico Ernesto Preziosi.
La gratitudine della Diocesi
«Vorrei dire che prima di tutto mi faccio voce della gratitudine e della gioia dei molti che, in questa nostra Diocesi, hanno trovato nel movimento un aiuto per la loro fede, forse segnata da una certa stanchezza, noia, inerzia. Aiuto per un’esperienza coinvolgente, appassionante, vissuta negli incontri e nelle forme espressive del RnS come un principio di gioia di vivere e di consolazione. Coloro che ho incontrato spesso mi hanno comunicato che, nelle loro storie complicate, nelle ferite che la vita non ha risparmiato, hanno ritrovato la forza di andare avanti, la gioia di essere cristiani, l’intensità della preghiera. Mi faccio voce della riconoscenza di molti che, attraverso le iniziative che il Rinnovamento ha promosso, hanno sperimentato la prossimità di fratelli e sorelle nelle parrocchie, nelle carceri, in tanti luoghi di lavoro e di sofferenza».
Un passato difficile
Un rapporto – quello tra la Chiesa locale e i movimenti – che tuttavia l’Arcivescovo non ha nascosto che in passato ha portato il pesodi qualche difficoltà: «Nella nostra Chiesa diocesana non sempre c’è stata quella scioltezza e semplicità che rende possibile una delle virtù che sono più apprezzabili: essere contenti del bene fatto da chiunque venga. Non c’è sempre stata facilità di adattamento e quella duttilità che consentono alle parrocchie e alle realtà locali di arricchirsi della presenza dei movimenti, permettendo a questi ultimi di essere un principio di giovinezza nella comunità cristiana e non solo un gruppo che ha la sua vita, un suo modo di pregare e di incontrarsi. Credo che si debba riconoscere che in questi cinquant’anni non c’è sempre stata continuità e quella semplicità necessaria per trovare un’integrazione promettente. Questo giubileo può diventare un’occasione di verifica, eventualmente anche di critica e di autocritica, secondo il messaggio che papa Francesco non si stanca di ripetere e che chiede di convertirci. Mi faccio voce di un invito alla verifica dopo questi anni di vita benedetta e di benedizione, non senza però fatiche e frizioni».
L’augurio
«Mi faccio, infine, voce di un desiderio di augurio e di benedizione per il futuro. Questo convegno dichiara l’intenzione di fare della Pentecoste un principio di cultura e di umanesimo ispirato allo Spirito santo per essere a servizio dell’opera che Dio compie e per edificare la civiltà dell’amore. Vorrei affermare la mia persuasione che lo Spirito dà vita all’umanesimo cristiano che è un modo di pregare, di vivere i sentimenti e le emozioni, di pensare, di stabilire rapporti. Il frutto dello Spirito è pace, gioia, mitezza, dominio di sé. Credo che si debba compiere il cammino per fare di questi tratti una cultura, un principio di civiltà, un’anima per la città. L’umanesimo cristiano configura le persone e la comunità e, dunque, vi voglio augurare che lo Spirito aiuti voi a dare voce e storia a questa cultura di Pentecoste, per essere pietre vive di quella civiltà dell’amore che forse il mondo in cui viviamo, da un lato, ignora e, dall’altro, sospira e continua ad attendere. La vostra presenza, la gioia, la preghiera contribuiscano a costruire la civiltà dell’amore in questa città e in questa Diocesi e non resti deluso il sospiro dei tanti che, forse non lo sapendolo, aspettano un segno di speranza».
L’appello del presidente di RnS
Una speranza che ha pervaso anche l’articolata relazione del presidente Martinez: «Lo Spirito ci apre alla solidarietà con il mondo e nessuna inquietudine potrà mai veramente essere guarita dall’economia o dalla politica, se economia e politica non avranno nell’amore, nella carità, nella misericordia il vero vincolo sociale. È incredibile assistere alla domanda di molti cristiani del nostro tempo che si chiedono cosa c’entri la fede con la vita pubblica, con i princìpi morali, con le scelte familiari, con gli orientamenti politici… Dobbiamo avere libertà di servire, di costruire, di fare e rifare, non di stare a guardare, di rinviare, di delegare: tutte le deleghe sono scadute; tutte le aperture di credito sono finite; tutte le rendite di posizione si sono esaurite. Ciò significa che non c’è laicità cristiana senza una fede umilmente confessata, vitalmente praticata, permanentemente perseguitata. La fede deve suscitare profonde convinzioni con un contenuto pratico immediato, un bene di tutti, per tutti, che abbracci tutto l’uomo, che includa tutti gli uomini: ecco il bene comune», ha concluso Martinez, facendo uno specifico appello ai giovani.
«Un ultimo pensiero, da presidente del RnS che sta per lasciare l’incarico, voglio proprio che sia indirizzato a loro. Incontrando i giovani convenuti ad Assisi per «Economy of Francesco», il Papa li ha messi in guardia: serve profezia, occorre essere profeti-servitori di un mondo nuovo».