Alla presenza del cardinale Scola, si è svolta la cerimonia per la riapertura della Cripta della chiesa del Santo Sepolcro, chiusa al pubblico da mezzo secolo. Autorità civili e religiose e molti cittadini hanno partecipato all’evento preceduto da un incontro, presso la Biblioteca Ambrosiana, nel quale l’Arcivescovo ha richiamato il valore di una fraternità universale ben espressa dalla millenaria vicenda civile e religiosa di Milano

di Annamaria BRACCINI

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Una giornata tiepida di sole per salutare un evento, «un fiore all’occhiello, che parla della nostra storia, del presente e fa ben sperare per il futuro».

È la riapertura della Cripta della chiesa millenaria e centralissima di San Sepolcro e sono in tanti –autorità, volti noti della società civile, della cultura, dell’imprenditorialità milanese, della Chiesa ambrosiana – che affollano, allora, la “Sala dell’Accademia-Giovanni Galbiati” della Biblioteca Ambrosiana, in cui prendono la parola il prefetto e il presidente del Conservatori dell’Istituzione, monsignor Franco Buzzi e Lorenzo Ornaghi, gli Assessori alla Cultura del Comune di Milano e della Regione, Del Corno e Cappellini, che rappresentano rispettivamente Sindaco e Governatore, la soprintendente alle Belle Arti e Paesaggio, Antonella Ranaldi. Concordi, tutti, nel vedere nell’evento un momento felice e particolarmente importante per la metropoli, come ben si comprende ascoltando la lettura, pronunciata in apertura da monsignor Marco Navoni, del Documento di fondazione della chiesa della SS. Trinità e memoria del Santo Sepolcro, risalente al 1030. Tempio divenuto, poi, nel 1100, appunto, “San Sepolcro” per volere dell’arcivescovo Anselmo IV da Bovisio, dopo la conquista di Gerusalemme.

Spazio straordinario, anche se i lavori di restauro non sono del tutto conclusi, prevedendo una spesa complessiva di due milioni di euro, di cui, finora, sono stati utilizzati 200.00 (140.000 stanziati da Regione Lombardia). Basti pensare – come ricorda Ranaldi – al lastricato del Cripta in marmo di Verona che proviene dal Foro romano, verso cui camminavano (e avranno lasciato le loro impronte molto concrete) Sant’Ambrogio e Agostino E, poi, i materiali di reimpiego, ampiamente riutilizzati come elementi fondativi della Cripta stessa, le pitture, le statue (tra cui il “Gruppo del Compianto” del De Fondulis, risalente al XV secolo, che tornerà restaurato, entro ottobre, in Cripta), l’ampiezza dell’area della chiesa inferiore resa al pubblico, dopo cinquant’anni di chiusura, pari, nella sua planimetria, alla soprastante chiesa. Insomma, un gioiello nel gioiello, inseriti entrambi in uno scrigno come la Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana. Realtà che il cardinale Federico Borromeo intese aprire, nel 1607, come «una grande finestra che permettesse di guardare alle culture passate e dell’allora presente, ma anche un luogo da cui guardare Milano con la sua cultura umanistica», nota il presidente Ornaghi.

«L’Ambrosiana riapre alla nostra città il suo cuore più antico e più glorioso. Un cuore che è gravido di promessa in vista del rinascimento della nuova Milano che diventa metropoli, chiamata a svolgere una funzione di stimolo per l’intero continente europeo», dice subito il Cardinale che delinea velocemente la storia della Cripta e della chiesa. «Dal cuore della nostra città, sulle vestigia del Foro romano, si aprono come arterie il Cardo e il Decumano (oggi via Manzoni e corso di Porta Romana), orientati da Cuba a Giava attraverso Istanbul, da Mosca a Johannesburg attraverso Roma: quasi ad intercettare, da duemila anni, storie di miseri e mercanti, cavalieri e santi, patrioti e dittatori. Ebrei e siriani, longobardi e tedeschi, francesi e spagnoli, austriaci ed ungheresi da qui sono passati, a volte con ferocia devastatrice, più spesso rimanendovi con fervore di cittadini operosi del bene comune».

E fa impressione pensare, allora, all’oggi, alla Siria devastata, all’Islam contrapposto all’ebraismo, ma anche a quel Leonardo che pure visitò San Sepolcro definito “vero mezzo di Milano”.

«Ombelico anzitutto di carità, dal quale attraverso la Confraternita di Santa Corona sorsero gli ospedali della Ca’ Granda; ombelico di riforma spirituale, per accogliere la sfida che Martin Lutero lanciava da Wittenberg nel 1517; ombelico di riforma culturale, artistica e scientifica, con la fondazione dell’Ambrosiana nel 1607, la pratica delle SS. Quarantore e la Scuola della Dottrina Cristiana», scandisce l’Arcivescovo, esprimendo riconoscenza alle Istituzioni e agli organismi – la Fondazione Cariplo, la Soprintendenza, la Regione – che con il loro contributo hanno permesso all’Ambrosiana di restituire a Milano uno dei suoi tesori, tanto più nascosti quanto più pregevoli. Un restauro nei muri che è simbolo della restaurazione e della conversione, specie in questo Anno dedicato alla Misericordia e nel cammino verso la Pasqua, del cuore di ognuno, delle pietre vive che siamo noi. «Del nostro modo di pensare e di sentire, fondamento di un’autentica comunione ecclesiale di cui la nostra Chiesa ha certamente molto bisogno per la costruzione di un’autentica amicizia civica in grado di formare una società aperta e solidale, di consentire un esercizio dell’autorità che sia essere presi a servizio, di vivere una cittadinanza inclusiva ed accogliente, specialmente dei più deboli: concepiti, bambini, donne, giovani in cerca di lavoro, famiglie ferite, carcerati da riabilitare, affamati privi di casa e di dignità, – a Milano dormono per strada circa cinquemila persone, riflette Scola –, anziani soli, malati e moribondi».

L’appello, esemplificato anche attraverso il Salmo 137 e un componimento in lode a Gerusalemme, dal pensatore medioevale Muhammad bin Ahmad al-Wasiti, è per un’autentica pace che passa da Gerusalemme, a Roma a Milano, con quei tre “cuori” pulsanti presenti anche nello stemma episcopale del cardinale Martini.

Idealmente chino sul sepolcro di Cristo, nella “sua” Gerusalemme, e sul sepolcro che, nel nome e nella memoria, ne richiama, a Milano, il sacrificio, il Cardinale conclude: «Qui, come toccò a Gesù, siamo ora invitati a scendere per risalire verso ogni città dell’uomo, per “prenderci cura insieme” dell’umanità ferita, tentando fraternità e sonorità: ebrei, cristiani, musulmani, donne ed uomini di tutte le religioni e di buona volontà, come fratelli e sorelle ritrovati, secondo l’esortazione di papa Francesco. Con l’animo rivolto alla verità e alla giustizia, alla compassione e alla misericordia, uniamoci in questo cuore di Milano per costruire un popolo di battezzati veramente credente e abitare la società plurale con amicizia».

Poi, la discesa appunto alla Cripta, mentre il Coro “Aurora Totus” esegue suggestivamente antichi canti ambrosiani in latino e la gente aspetta, a piccoli gruppi, di entrare ad ammirare “la meraviglia ritrovata”

 

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