Dopo ampi lavori, è nuovamente accessibile la chiesa sotterranea legata alle memorie di Gerusalemme e della Terra Santa. Riedificata dopo la prima Crociata, fu studiata da Leonardo da Vinci: san Carlo ne fece un luogo di preghiera sul Mistero della Passione di Cristo, mentre il cugino Federico Borromeo vi costruì attorno la Biblioteca Ambrosiana.

di Luca FRIGERIO

San sepolcro Leonardo da Vinci

Nel centro della città, il cuore del mondo. A Milano, là dove si apriva il foro romano, punto d’incrocio degli assi viari e della vita cittadina del tempo antico, sorge la chiesa che porta il titolo di San Sepolcro: nostalgia di Terra Santa, memoria di quella stessa Gerusalemme che è “ombelico dell’universo”.

Il tempio, fra i più insigni nella storia ambrosiana, è stato oggetto di una lunga e vasta campagna di interventi, che hanno interessato sia la parte superiore, recentemente riaperta al pubblico, sia la parte inferiore, fra pochi giorni nuovamente accessibile ai fedeli, dopo una chiusura durata oltre mezzo secolo.

Lavori che permettono ora di godere pienamente di un luogo davvero speciale, custode di significative opere artistiche, ma soprattutto protagonista di importanti vicende della Chiesa milanese.

Oggi, e fin dagli anni Venti del secolo scorso, San Sepolcro è affidato alla cura dei dottori della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, che venne eretta dal cardinal Federico Borromeo agli inizi del Seicento proprio sui terreni attorno all’antica chiesa.

Le sue origini, infatti, risalgono a poco dopo il Mille, quando Benedetto Ronzone, figlio di Remedio (maestro della zecca milanese), fondò qui una cappella ad uso privato, dedicata alla Santissima Trinità. Edificio che, proprio per la sua posizione centrale, venne scelto dai rivoltosi della pataria come proprio <rifugio> nei giorni tumultuosi – si era nell’anno 1066 – della lotta contro Guido da Velate, vescovo considerato indegno e corrotto.

Trent’anni dopo quei fatti, al ritorno dalla prima crociata a cui avevano partecipato anche molti milanesi, il pronipote del primo fondatore fece ricostruire la chiesa ad “imitazione” del santo sepolcro di Gerusalemme, appena liberato dalle mani degli infedeli. Il nuovo tempio, con la nuova dedicazione, fu consacrato solennemente il 15 luglio 1100 dall’arcivescovo Anselmo da Bovisio, quale monumentale ex voto per l’impresa compiuta e come segno di legame perenne fra la città santa riportata alla cristianità e la comunità milanese stessa. Con un’indulgenza concessa a tutti coloro che avrebbero visitato questo santuario, nell’impossibilità di recarsi in Terra Santa.

Fin dalla sua ricostruzione, dunque, San Sepolcro appare formato da due parti sovrapposte e distinte, con la medesima pianta: una sotto il piano stradale, l’altra edificata fuori terra. La facciata, inoltre, era dotata di due torri, secondo uno schema romanico diffuso soprattutto in area germanica, ma ripreso anche in ambito comacino.

La configurazione decisamente insolita di questa chiesa attirò anche l’interesse di Leonardo da Vinci, che ne eseguì vari schizzi nel suo secondo soggiorno milanese, dai quali si rileva come la cripta sia giunta a noi pressoché intatta (a cominciare dalla pavimentazione, con lastre di recupero dal foro romano). La parte superiore fu invece ampiamente rimaneggiata fra il XVII e il XVIII secolo, così che ancora ai nostri giorni appare con una veste barocca.

Opere di carità, educative e di preghiera trovarono la loro sede privilegiata proprio in San Sepolcro, dal sodalizio del Sacro Cuore di Gesù, che già dal 1527 si riuniva qui più volte all’anno per l’adorazione eucaristica delle Quarant’ore, all’assistenza per i più poveri esercitata dai padri Somaschi, fino alla pastorale “oratoriana” inaugurata da don Castellino da Castello.

La chiesa, come si diceva, andò via via arricchendosi di opere d’arte e di decorazioni pittoriche, in parte disperse ma per lo più ancora in loco: assai ammirata, ad esempio, era la Pietà del Bramantino, originariamente collocata sulla facciata, oggi esposta presso la Pinacoteca Ambrosiana.

Ma si deve segnalare, in particolare, il grande sarcofago posto al centro della zona ipogea, raffigurante in rilievo il sepolcro di Cristo, opera di un maestro campionese del primo Trecento, al cui interno, secondo la tradizione, fu deposta la terra prelevata dai crociati a Gerusalemme, insieme ad altre reliquie provenienti dai luoghi santi d’oltremare.

Davanti al sarcofago è posta una statua policroma secentesca raffigurante san Carlo. Proprio il Borromeo, del resto, volle insediare in questo complesso la congregazione degli Oblati che favorirono, in particolar modo, le devozioni in memoria della Passione di Cristo, istituendo inoltre la processione con il Santo Chiodo, nella festa dell’Invenzione della Croce. Facendo insomma di San Sepolcro, come ebbe ad affermare lo stesso arcivescovo, «la palestra dello Spirito Santo».

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