Il cardinale Scola ha incontrato la Delegazione dei cinquanta, tra sacerdoti, laici, religiosi, stranieri, che rappresenteranno la Chiesa ambrosiana al V Convegno Nazionale Ecclesiale di Firenze. «Sarà un momento importante», ha detto l'Arcivescovo
di Annamaria BRACCINI
«Un momento importante». Così il cardinale Scola che, in Arcivescovado, incontra la Delegazione della Chiesa ambrosiana al V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, da lui guidata, definisce l’Assise che si terrà nel capoluogo toscano dal 9 al 13 novembre, con il titolo, «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo».
«Penso che questo Convegno, preparato da lungo tempo dalla Diocesi che ci riceve il cui legame con l’umanesimo è storico ed evidente, arrivi in un periodo in cui si sommano molte iniziative. Dunque,se non ne capiamo il senso, se non ci impegniamo, se rimaniamo fermi alla superficie dell’evento, rischiamo di cadere in un certo ritualismo». Un pericolo – quello di guardare solo all””estetica” di un appuntamento atteso come Firenze – che può essere superato, secondo l’Arcivescovo, proprio «giocandosi in prima persona».
Un compito peraltro reso più “facile” e attrattivo dal fatto che, per la prima volta, ci saranno dei Tavoli di confronto per dieci persone e, per la prima volta, un giorno e mezzo dei Lavori sarà interamente dedicato al dibattito.
«Quindi è bene – riflette Scola – che ci prepariamo con molta attenzione, perché il tema è profondamente attuale, appunto per la ragione che, secondo l’ottica equivoca di molti, può apparire superato. Pensiamo all’impeto che il papato di Francesco sta imprimendo alla Chiesa con l’innesto di gesti, azioni e di testimonianza. La nostra fisionomia europea può aiutarci e bloccarci riguardo alla categoria dell’umanesimo, ma la sfida di Firenze, almeno in Europa, significa, questo: “noi siamo solo il nostro esperimento”? O, ovviamente, c’è qualcosa di più?».
E “di più” e di diverso esiste e va comunicato: è la questione del senso, nella sua duplice accezione di direzione e significato.
«Nell’occasione di questo incontro dobbiamo mostrarci tentativamente capaci di dare ragioni, fatti, esperienze, che testimonino che l’io in relazione – appunto la questione del senso -, mantiene tutto il suo peso. Il cristianesimo è fede e genera religione che ci deve vedere immersi nella realtà e responsabili del dinamismo incarnatorio. Ciò deve spingere a constatare l’urgenza di una riforma della vita della Chiesa oggi più che mai esigita, nella quale anche noi, Chiesa ambrosiana, vogliamo partecipare».
Se il cammino della nostra Diocesi, come sottolineano la Lettera e la Visita pastorale, è legato ai quattro “fondamentali” – il pensiero di Cristo, l’educazione alla carità, il radicamento nei sacramenti, da cui deriva il gusto e la passione per una comunicazione franca non egemonica -, occorre essere propositivi, suggerisce il Cardinale.
«Fare emergere questo è dare il nostro apporto narrativo, sapendo che l’esperienza dell’umanesimo è inevitabile per il fedele cristiano, perché se la fede ci dice chi è l’uomo, “dice” al contempo cultura e culture. Il problema è non fare discorsi astratti, ma comunicare, non nascondendo l’io, chi siamo e in cosa crediamo». Specie ora, come «figli di un’epoca in cui il soggetto è stato rimosso perché la scienza sperimentale si ritiene neutra».
Intenso, d’altra parte, il calendario del Convegno, che vedrà l’intervento del Papa martedì 10 novembre (Francesco sarà proveniente da Prato dove incontrerà migranti e la Comunità cinese). Poi, il mercoledì, la conoscenza e l’ascolto nei Delegati in gruppi ristretti, giovedì, ci si ritroverà a sezioni di cento persone e si condivideranno riflessioni.
«Il “Tavolo” è veramente democratico e ci permette di essere tutti presenti», nota monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale, che sarà a Firenze in qualità di membro della giunta del Comitato generale preparatorio. E raccomanda, allora Bressan, ai cinquanta presenti: «Sentitevi delegati il più possibile dalla nostra Diocesi, è importante che ognuno porti non solo la sua esperienza, ma anche quella della Chiesa ambrosiana. Sta a noi tenere alto il dibattito: ricordiamoci che le Diocesi, specie le più piccole, si aspettano molto da noi. Tessete legami tra voi, conoscetevi, interrogatevi, scambiatevi fin da ora, opinioni e suggerimenti».
«La frammentazione crea delle rotture tali che si perde di vista lo scenario», osserva, ancora, l’Arcivescovo dopo una domanda di don Gino Rigoldi. Per questo, il Convegno Ecclesiale può essere anche importante come terreno di coltura e palestra di cultura: interessante in questo contesto, è la riflessione sulla “prima via” nella Traccia preparatoria.
Insomma, la responsabilità – l’espressione è ancora di Bressan – è quella di “prendere in mano” il nostro domani. «Per questo nella Delegazione ambrosiana portiamo l’esperienza di cristiani stranieri, perché sono il nostro futuro».
E, infine, la conclusione del Cardinale che suona come una speranza e un auspicio: «Le Chiese hanno bisogno di un passo nuovo. Una certa lettura della Chiesa universale e della figura del Papa possono correre il rischio di reintrodurre una logica ideologica che speravamo ormai superata. Questo è il tempo in cui dobbiamo “mescolare le carte” e volere, di tutto cuore, far emergere il volto di ciascuno, ma nell’unità. La missione e l’attule passaggio storico dell’umanità domandano appunto questo».
Il riferimento è ai precedenti Convegni Ecclesiali, da Roma, «quando i laici hanno preso per la prima volta la parola nella Chiesa» a Loreto, «uno spartiacque», fino a Palermo, «forse, l’assise più debole e indecisa, anche per i tempi di allora» e a Verona, «dove fu intuita la necessità di superare una Pastorale “per ambiti” preordinati, per porre, invece, la centralità del soggetto».
Da qui, il monito: «O Firenze fa capire la bellezza della pluriformità nell’Unità o si blocca il cammino ecclesiale».