Alle 17.30 l’Arcivescovo presiederà una celebrazione eucaristica in segno di ringraziamento per la canonizzazione (diretta tv e web, omelia in differita alla radio). Le Missionarie della Carità della comunità di Baggio dedicano la vita ai poveri nel loro stile umile e riservato

di Luisa BOVE

Madre Teresa di Calcutta

Domenica 30 ottobre, alle 17.30, nel Duomo di Milano, l’Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, presiederà una celebrazione eucaristica in segno di ringraziamento per la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, proclamata Santa da papa Francesco in Vaticano il 4 settembre scorso.

La religiosa di origine albanese che ha dedicato tutta la vita ai poveri rivive oggi nelle consorelle che continuano a servire gli ultimi e gli emarginati. Una comunità di Missionarie della carità è presente anche sul territorio ambrosiano, nella zona di Baggio a Milano.

La piccola struttura in via Forze Armate si trova nella storica piazza di quello che un tempo era l’antico borgo di Baggio, una semplice targa sul muro e un cancello anonimo è ciò che appare all’esterno, ma all’interno le religiose servono i poveri con umiltà e il sorriso in volto. Le Missionarie della carità, infatti, oltre ai tradizionali voti di povertà, castità e obbedienza, ne hanno un quarto: «dedizione e servizio gratuito ai più poveri tra i poveri».

La loro realtà è ben conosciuta in quartiere e in particolare dalle comunità cristiane che da sempre portano i ragazzi dell’iniziazione cristiana a conoscere la piccola comunità di suore (oggi tutte straniere) e la loro vita spesa senza riserve. La loro casa è sempre aperta a chiunque ne abbia bisogno: tutti hanno alle spalle storie pesanti di solitudine, povertà, abbandono… Qui ognuno trova conforto, sostegno e attenzione particolare, a cominciare dal fatto di sentirsi chiamare per nome, ritrovando una dignità a volte dimentica o perduta.

«Ospitiamo mamme e bambini da zero a tre anni in prima accoglienza e donne sole – spiega la superiora africana suor Marie Xavier -. Inoltre abbiamo una mensa riservata agli uomini, frequentata in media da 130-150 persone, ma durante l’estate arriviamo anche a 200». Le religiose assistono anche i malati, i carcerati, gli anziani della «Baggina» (Pio Albergo Trivulzio), portano la Comunione, visitano le famiglie del quartiere e organizziamo momenti di preghiera anche con i poveri. «Abbiamo anche tanti volontari e collaboratori – dice la superiora -, vengono a darci una mano e sono sempre generosi, perché noi siamo solo in sette e non riusciremmo a fare tutto. Non saprei neanche dire quanti sono: vengono tutti i giorni e poi nel week-end con altri a turno».

In un ripostiglio, dietro una porticina di legno, ci sono i grembiuli dei volontari, gli attrezzi da giardinaggio, i guanti. In tanti si alternano durante la settimana nelle attività di gestione quotidiana della casa. Sono soprattutto adulti e pensionati, spesso over 50, mentre i giovani sono pochi, forse a causa degli orari: il turno di lavoro del mattino, infatti, va dalle otto alle dodici, poi riprende dalle quattro alle sette. Il pomeriggio è dedicato interamente al servizio più impegnativo della giornata: preparare un pasto caldo per i poveri che affollano la mensa ogni sera.

Il loro numero oscilla a seconda dei giorni e del clima. Quando piove ovviamente c’è molta più gente perché trovano un pasto caldo in un luogo accogliente e asciutto. Per la legge alcuni di loro non esistono, non hanno tessere di accesso ad altre mense per i poveri e spesso sono rifiutati. Le Missionarie della carità accolgono tutti, senza distinzione. La cucina è un locale grande e luminoso, al centro si trovano i fornelli e intorno due ampi lavandini, tavoli e armadietti. I volontari portano le pentole fumanti con la pasta al sugo su carrelli d’acciaio e i piatti disposti in alte pile. In un angolo ci sono invece grandi sacchi di pane pronti per essere distribuiti. Quando tutto è pronto sono i volontari (professionisti, ingegneri, madri e nonne) a servire in tavola con gesti semplici e un sorriso cordiale.

Lo stile delle suore di Santa Teresa di Calcutta contagia tutti e i volontari lo apprendono direttamente dalle religiose. «Noi facciamo ciò che ci ha lasciato madre Teresa – dichiara suor Marie – e ora che è santa continua a intercedere per noi».

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