A cura di Giuseppe Grampa
NATALE Messa nel giorno
Is 8,23b-9,6a
Eb 1,1-8a
Lc 2,1-14
CREDERE A BETLEMME
A Betlemme una angusta scala scende fino al luogo della mangiatoia, ci si china quasi fino a terra per accarezzare e baciare la grande stella d’argento che indica il luogo dove Maria avrebbe posto il suo figlio neonato. Nella notte di Natale del 2006 così diceva papa Benedetto XVI: “Il segno di Dio è la semplicità. Il segno di Dio è il bambino. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo per noi. E’ questo il suo modo di regnare. Egli non viene con potenza e grandiosità esterne. Egli viene come bambino, inerme e bisognoso del nostro aiuto. Non vuole sopraffarci con la forza. Ci toglie la paura della sua grandezza. Egli chiede il nostro amore: perciò si fa bambino. Nient’altro vuole da noi se non il nostro amore…Dio si è fatto piccolo, affinché noi potessimo comprenderlo, accoglierlo, amarlo”. Quello stesso anno 2006, da Gerusalemme dove allora si trovava il cardinale Carlo Maria Martini scriveva: “Il presepio è qualcosa di molto semplice, che tutti i bambini capiscono. Come il presepio, tutto il mistero del Natale, della nascita di Gesù a Betlemme, è estremamente semplice…e per questo non è difficile da comprendere per chi ha l’occhio della fede: la fede del bambino a cui appartiene il Regno dei cieli”. Sembra più facile credere a Betlemme piuttosto che sul Calvario o davanti alla tomba vuota il mattino di Pasqua. Ne abbiamo conferma nella tradizione che ci vuole tutti riuniti per festeggiare Natale: Natale con i tuoi. Per la messa di mezzanotte le nostre chiese diventano la casa di tutti, anche di chi vi entra solo in questa notte. Una celebrazione quella natalizia che molto più della Pasqua fa l’unanimità dei sentimenti. Il linguaggio del Natale sembra essere più immediatamente comprensibile, il linguaggio della nascita è per tutti eloquente. Ma Natale non è solo una nascita: è la nascita nel tempo di Colui che è prima del tempo, che è ‘in principio’. Abbiamo ascoltato il racconto incantato della notte di Betlemme, notte percorsa dal canto degli Angeli e dall’andare frettoloso dei pastori verso la grotta. E questo racconto ridesta l’emozione per una nascita in un rifugio per animali, forse riscaldato dal fiato di un bue e di un asino. La dolce nenia natalizia che narra il discendere dalle stelle del Re del cielo per abitare il freddo e il gelo di questa nostra povera terra, esprime, con parole che sanno di infanzia, una certezza che la nostra intelligenza non comprende e che solo la fede ci dischiude. Quel Dio che gli uomini dalla notte dei tempi cercano nelle altezze, nell’infinita distanza dall’uomo, estraneo alla nostra povertà di creature incerte e fragili, quel Dio si è fatto così vicino da stare nelle braccia di una giovane donna. Ripetiamo le parole della fede cristiana: il Figlio di Dio si è fatto uomo nel grembo di Maria. Duemila anni di cristianesimo ci hanno abituati al congiungimento di Dio e dell’Uomo in questo bimbo avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. Il Concilio lo ha detto con una espressione efficace: ”Con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo, ha agito con volontà di uomo, ha lavorato con mani di uomo, ha pensato con mente di uomo, ha amato con cuore di uomo”. Dio si è unito ad ogni uomo: Dio e uomo non stanno su due rive inesorabilmente distanti. Anzi la carne dell’uomo è ormai la carne stessa di Dio.
Betlemme: fede di Maria, di Giuseppe, dei pastori e di quanti tra noi riconoscono in quella piccola creatura la misteriosa presenza di Dio stesso. Ma oso dire che Natale manifesta anche la fede di Dio nell’uomo. Quando l’evangelista Giovanni scrive: “Dio ha tanto amato il mondo fino a dare il suo Figlio” (3,16) non esprime forse l’affidarsi di Dio alla nostra umanità, stringendo a sé la nostra carne mortale? Se, come scrive il Concilio, credere è abbandonarsi a…con un gesto di incondizionato affidamento, allora nel Natale è anzitutto Dio che si abbandona a noi perché noi possiamo a nostra volta abbandonarci a Lui, al suo affidabile abbraccio. Una donna ebrea, profondamente innamorata di Gesù ma che non volle ricevere il battesimo per non sottrarsi alla sorte del suo popolo decimato dallo sterminio nazista, Simone Weil, ha scritto in una notte di Natale: “Noi non possiamo fare nemmeno un passo verso il cielo, la direzione verticale ci è preclusa. Ma se contempliamo il cielo a lungo, Dio discende e ci rapisce”.