Seminario internazionale sul tema “Credenti nel mondo dello sport”, promosso dal Pontificio Consiglio della cultura. Quattro obiettivi per il futuro: dare vita a una “teologia dello sport”; creare una rete internazionale di associazioni sportive cattoliche; istituire scuole di pensiero e centri di formazione per animatori e educatori sportivi in tutto il mondo, organizzare un evento “straordinario” come un incontro con i vertici dello sport mondiale

a cura di Giovanna PASQUALIN TRAVERSA

Gianfranco Ravasi

Nella cornice dell’Anno della fede, riuniti dal pontificio Consiglio della Cultura i responsabili dello sport professionistico e dell’associazionismo sportivo cattolico all’indomani della staffetta “100 metri di corsa e di fede”, organizzata con il Csi domenica 20 ottobre in piazza San Pietro.

Sei verbi nella tag cloud ideale della giornata: giocare, rivelare, educare, comunicare, integrare, coinvolgere. E poi quattro compiti. Monsignor Melchor Sánchez de Toca Alameda, sottosegretario del Pontificio Consiglio della cultura e incaricato del dipartimento “Cultura e sport” del dicastero, ha sintetizzato ieri sera in questi termini il bilancio del seminario internazionale “Believers in the World of Sports” (Credenti nel mondo dello sport), promosso dal Pontificio Consiglio in collaborazione con l’Ufficio per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Cei. Ospitato dal dicastero vaticano, l’incontro ha riunito, nella cornice dell’Anno della fede, responsabili dello sport professionistico e dell’associazionismo sportivo cattolico all’indomani della staffetta “100 metri di corsa e di fede”, organizzata con il Csi domenica 20 ottobre in piazza San Pietro.

Quattro compiti

Dopo essersi brevemente soffermato sul senso dei sei “verbi chiave” della giornata, ricorsi negli interventi quasi come filo conduttore della riflessione, mons. Sánchez de Toca ha delineato gli obiettivi sui quali si concentrerà l’impegno del suo dipartimento. Dare vita a una «teologia dello sport, che per sua natura dovrebbe essere interdisciplinare»; creare una rete internazionale di associazioni sportive cattoliche; istituire scuole di pensiero e centri di formazione per animatori e educatori sportivi in tutto il mondo “esportando” l’esperienza pilota della “Scuola di pensiero” promossa dalla Cei e giunta ormai al terzo anno e, infine, organizzare un evento “straordinario” come un incontro con i vertici dello sport mondiale: «Sarebbe un segnale forte».

Il gioco: “inutile” ma, prezioso

Nella sua relazione di apertura, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, ha riflettuto sul senso del gioco come tessuto di «gratuità e libertà». Nell’accezione più ampia e creativa del termine, ha osservato, «appartiene all’essenza stessa dell’umanità» e dovrebbe essere «un’analogia per parlare della fede». Il gioco, come l’arte, «in un certo senso è inutile, perché non produce nulla», ma senza il gioco «il mondo sarebbe molto più povero e disperato». Forte, nei diversi interventi, l’accento sul rapporto sport – corpo – fragilità – disabilità. John Swinton, docente di teologia pratica e pastorale (University of Aberdeen – Regno unito), ha messo in guardia da «uno sport che escluda ogni vulnerabilità», mentre per Cristina Cangemi (Kairós Forum – Regno unito), «anche nella fragilità del corpo spezzato si manifesta la gloria di Dio». Di qui un secco “no” al «riduzionismo nei confronti della vita». Che ci sia bisogno di formazione lo testimonia James Parker, già cappellano della squadra paralimpica a Londra 2012: «Molti atleti disabili mi confidavano che il loro problema non era la gara ma l’eccessiva pressione subita dagli allenatori». A chiedere alle istituzioni di «investire di più perché lo sport sia un diritto reale e concreto per tutti i ragazzi portatori di disabilità» è Massimo Achini, presidente del Csi, rendendo noto che grazie a un progetto con il governo di Haiti, nell’isola è operativo un centinaio di formatori competenti, mentre in Italia esistono già forme di sport ‘integrato’: alcune squadre “miste” in cui giocano insieme giovani disabili e normodotati.

Corona incorruttibile

Per rilanciare «un ethos che sappia guardare alla dignità di ogni persona», c’è bisogno di «una coscienza nuova» e di una vera «rivoluzione culturale», ha chiosato Sergio Belardinelli, ordinario di sociologia dei processi culturali all’Università di Bologna. Quale ruolo per la fede? Tenere aperto l’orizzonte «su qualcosa che vale ben più dello sport»: la conquista della “corona incorruttibile” descritta da San Paolo. Aggiunge Edio Costantini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport: «La vera carità che l’associazionismo cattolico ha il dovere di fare è aprire le nuove generazioni» di sportivi «alla conoscenza dell’Assoluto». Jan Tolleneer, belga, docente all’Università cattolica di Lovanio e Ghent dove si occupa di etica dello sport, ha illustrato un progetto di prevenzione e contrasto al doping, sviluppato tramite un approccio micro-meso-macro, e ha sottolineato la necessità di una riflessione multidisciplinare su un tema lanciato dagli organizzatori: le conseguenze etiche, filosofiche e culturali della medicina rigenerativa (terapie con cellule staminali adulte) per potenziare il corpo umano. Da padre David Murray, cappellano Università Foro Italico (Roma) l’invito a interrogarsi su «come Cristo, allenatore di vita divina, parli nelle nostre anime», e sul «tipo di comunicazione più efficace per raggiungere le persone». «Papa Francesco ha scelto il linguaggio giusto per toccare il cuore dei giovani – la replica di padre Leonardo Lenin Tavares, uno dei responsabili dell’organizzazione della Gmg di Rio de Janeiro -: con lo sport occorre fare lo stesso». Il Brasile sarà palcoscenico dei Mondiali di calcio 2014 e delle Olimpiadi 2016: «Abbiamo gli occhi del mondo puntati su di noi: come Chiesa dobbiamo agire».

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