Il premier Renzi riapre i giochi dopo il “niet” di Monti. E il presidente del Coni Malagò tesse la sua tela

di Leo GABBI

Cinque cerchi

A distanza di oltre mezzo secolo dalla gloriosa Olimpiade romana del 1960, si torna a parlare di una possibile nuova edizione dei Giochi in Italia nel 2024. E se tre anni fa fu l’allora premier Monti a smorzare sul nascere gli entusiasmi per una possibile candidatura italiana nel 2020, stavolta è stato proprio l’attuale primo ministro Renzi a dare fuoco alle polveri dell’entusiasmo, dichiarando che i Giochi per l’Italia sono un obiettivo possibile.

A questo punto il pallino passa nelle mani del presidente del Coni Giovanni Malagò che, forte di un sostegno governativo, può cominciare a tessere la tela per la candidatura ufficiale. Prima, però, i vertici del nostro sport vogliono capire cosa si deciderà nel vertice del Cio della seconda decade di dicembre: se infatti il bacino di un’Olimpiade, come ormai richiedono a gran voce un po’ tutti i Paesi, non sarà più ristretto a una sola città organizzatrice, ma prenderà in esame l’intero Sistema-Paese, allora l’Italia romperà davvero gli indugi.

A tal proposito è già abbozzata un’alleanza stretta Roma-Napoli e un’altra ancora da costruire Roma-Milano, non solo per spalmare gli eventi nel mese dei Giochi in un’area più estesa a livello territoriale, ma anche per far emergere tutte quelle eccellenze italiane sparse nelle varie regioni che potrebbero diventare partner privilegiate nell’operazione. Peraltro gli studi fin qui commissionati per valutare l’impatto ex post delle Olimpiadi sulle economie dei Paesi che le hanno ospitate dimostrano che nel rapporto costi-benefici, a prevalere sono i benefici (con l’eccezione di Atene 2004, che avrebbe contribuito a far precipitare la crisi greca per i ritardi nelle realizzazioni con relativi sovra-costi). E se anche a Torino, in occasione dei Giochi invernali 2006, il fattore economico non è stato brillantissimo, almeno le Olimpiadi hanno contribuito al rilancio evidentissimo di una città, come il capoluogo subalpino, che prima di allora non aveva mai sfruttato la sua vocazione turistica e che invece da allora fa regolarmente il pieno di presenze anche straniere, in molti periodi dell’anno.

Quello di Roma è un ritorno di fiamma (olimpica): in questi decenni ci sono stati spesso tentativi di fughe in avanti che però non hanno dato i frutti sperati, anche perché spesso hanno prevalso pulsioni fratricide come in certe edizioni la doppia candidatura con Milano che ha avuto come unico effetto quello di eliminare entrambe le contendenti dalla scena. Ora si riparte, finalmente consci del fatto che se non remano tutti in un’unica direzione, i Giochi resteranno soltanto un bel sogno. Intanto l’Expo del prossimo anno sarà un bel banco di prova per capire a che punto siamo sul fronte dell’accoglienza e della ricettività, fattori che, anche se esulano dall’organizzazione vera e propria e dai momenti agonistici non possono assolutamente essere sottovalutati. Se il progetto sarà sostenibile e gli affari gestiti con trasparenza e legalità, si potrà sperare in una grande edizione, sempre che si vinca il ballottaggio con le altre capitali (in questi giorni Parigi, la rivale più autorevole, sembra in fase di ripensamento). Restano però tanti, forse troppi, “se” in sospeso: solo il tempo potrà farci capire se il nostro sport avrà definitivamente voltato pagina rispetto a certe figuracce, in primis del mondo calcistico, che hanno purtroppo reso Roma tristemente nota più per fatti di cronaca nera, che di campo.

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