La risposta migliore alle stragi del 13 novembre è rialzarsi e ripartire. «Questo non significa certo dimenticare quello che è accaduto» puntualizza Malagò (Coni)

di Leo GABBI

Inghilterra Francia

Dopo i momenti della tragedia e del cordoglio, dopo le bellissime manifestazioni di vicinanza che lo sport ha mostrato alla Francia dopo le stragi del 13 novembre in ogni campo di gioco e in ogni angolo del pianeta, ora è il momento di rialzarsi e ripartire. Fa fatica lo sport a rimettersi in moto: gli allarmi bomba o attentato, la caccia a possibili sospetti nelle vicinanze degli stadi hanno fermato martedì scorso due partite amichevoli, Germania-Olanda e Belgio-Spagna, e ovunque la paura stenta a diradarsi: eppure bisogna farcela a voltare pagina, senza peraltro dimenticare nulla di quanto accaduto.

Lo hanno detto a chiare lettere tutte le istituzioni dello sport mondiale, tra cui il presidente del Coni, Giovanni Malagò, secondo cui tutto il movimento agonistico mondiale e quello italiano in particolare «hanno dato una bellissima risposta. Ora però la vita va avanti e così anche lo sport. Questo non significa certo dimenticare quello che è accaduto», ma è necessario usare anche lo sport come «mezzo di unione e non di divisione». Sport che, ha aggiunto Malagò, «è anche un grande fatto di comunicazione: dobbiamo metterlo a disposizione per sensibilizzare gli animi». Se tutto restasse ancora fermo, per settimane, per mesi, significherebbe darla vinta al terrore, paralizzare un movimento che invece tende naturalmente alla gioia e alla condivisione. Malagò ha poi puntualizzato che «non è stato un attacco contro lo sport, è un attacco contro tutto, contro la società civile, le nostre abitudini e normalità».

All’indomani della tragedia il capo del Coni ha chiamato il suo collega del comitato olimpico francese per dimostrare la solidarietà di tutta la comunità sportiva italiana. Italia e Francia sono in competizione sportiva per la candidatura olimpica del 2024, ma questo evento straordinario accomuna tutti: ci sarà tempo per far valere le proprie ragioni, ma ora è più importante per lo sport mondiale mostrare un fronte compatto. Bellissimo a riguardo l’esempio di Wembley, dove 90 mila inglesi hanno cantato la Marsigliese prima di Inghilterra-Francia.

Poi, è chiaro, bisognerà vedere, dai comportamenti, anche quelli più semplici, come agiranno gli appassionati di sport che affolleranno uno stadio, un palasport: facile che ci si guarderà più attorno di prima, che il sospetto di diventare bersagli non ci abbandonerà facilmente, che resterà sempre un margine di dubbio a ogni petardo che ascolteremo, a ogni fumogeno che vedremo in lontananza. L’ultimo turno di campionato ci ha consegnato, come era prevedibile, stadi blindati e massima attenzione. Probabilmente con il tempo l’allerta si attenuerà, ma dobbiamo pur sempre ricordarci che il prossimo giugno la fase finale degli Europei di calcio si disputerà in Francia, mentre tra due anni e mezzo il Mondiale è previsto in Russia: proprio le due Nazioni attualmente più nel mirino del fondamentalismo terrorista. Senza contare che la prossima finale di Champions League è in programma in maggio a Milano.

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