Dall’ex calciatore di Como, Fiorentina, Milan e Nazionale, scomparso a 49 anni dopo una lunga battaglia contro la Sclerosi laterale amiotrofica, una grande lezione di vita

di Mauro COLOMBO

Stefano Borgonovo

Non ha vinto la “stronza”, come Stefano Borgonovo chiamava la Sclerosi laterale amiotrofica – o Morbo di Gehrig – da quando aveva saputo di esserne affetto. Sì, alla fine lui è morto, a 49 anni, ma non ha vinto lei. Come succede nelle partite di Coppa ad andata e ritorno, quando l’avversario si aggiudica un match, ma nel computo totale sei tu a prevalere. Come quella sera piovosa a Monaco di Baviera nel 1990: la partita la vinse il Bayern, ma in finale a vincere la Coppa dei Campioni ci andò il Milan, grazie proprio a un pallonetto di “Borgogol” nei supplementari.

Quando viene formulata una diagnosi infausta come quella della Sla, allo stato attuale delle terapie l’esito finale è purtroppo scontato. Non importa neppure “quanto” si riuscirà a resisterle, anche se Borgonovo l’ha fronteggiata per otto, lunghissimi anni, a testimonianza di un fortissimo attaccamento alla vita anche in condizioni estreme (tant’è vero che a suo tempo richiese la rianimazione dopo il blocco respiratorio, eventualità prevista dai protocolli di cura). No, quello che conta è “come”, ed è in questo che Borgonovo ha vinto la sua partita.

Non ha semplicemente cercato di sopravvivere; ha vissuto, guardando in faccia la malattia, in carrozzina e poi a letto, ma col sorriso sulle labbra. Non si è nascosto, da quando ha rivelato al mondo il suo dramma. Finché ha potuto, ha partecipato alle partite e alle manifestazioni organizzate per sostenere la ricerca contro la Sla. Anche se non poteva più parlare, non ha mai fatto mancare la sua voce dalle pagine della Gazzetta dello Sport, su Internet, via mail, attraverso i social networks e anche in un libro in cui si è raccontato da “attaccante nato”. Ha donato un motivo di speranza ad altri malati come lui e una lezione di vita a tutti.

Non l’ha giocata da solo, Stefano, questa partita. Al suo fianco ha sempre avuto una famiglia forte e coraggiosa: la moglie Chantal, i figli Andrea, Alessandra, Benedetta e Gaia. L’hanno accompagnato in ogni istante, hanno condiviso la sua battaglia e ora sicuramente la proseguiranno nel suo nome. C’è una Fondazione intitolata a Stefano Borgonovo, che ha già fornito grandi contributi alla ricerca e che continuerà a farlo. Se in un futuro più o meno prossimo sarà possibile curare e guarire la Sla, molto si dovrà a Borgonovo. Sarà il suo gol più bello. E la “stronza” sarà definitivamente sconfitta.

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