I 50 anni della "tenda dell'anima" dedicata alla Madonna del Morbegno a Margno, in Valsassina, costruita con le collette dei militari italiani come voto nei drammatici mesi della campagna di Albania nel 1941

di Marcello VILLANI
Redazione

La chiesa votiva nel comune di Margno, località Pian delle Betulle, in Valsassina, dove il cardinal Tettamanzi ha celebrato la Messa domenica scorsa, nel suo cinquantesimo di costruzione, ha una sua storia del tutto particolare. A partire dalle due cerimonie, di consacrazione e di inaugurazione, celebrate nell’estate 1959 in maniera distinta: la prima ebbe protagonista il cardinal Montini, mentre la seconda scandì poi il ritrovarsi che si ripete, da allora anno dopo anno, la prima domenica di settembre.
Insieme a Tettamanzi è stata protagonista la Sezione di Lecco dell’Associazione nazionale alpini. Il tutto a testimonianza di un passato lontano che rimanda al freddissimo inverno del 1941, in Albania, tragico fronte di guerra per gli alpini del 5° e del battaglione Morbegno, di cui facevano parte moltissimi lecchesi e valsassinesi. Una storia raccontata da alcuni saggi del giornalista e storico lecchese Angelo Sala.
Alcuni alpini del battaglione Morbegno, impegnati nella terribile campagna albanese proferirono un voto: se fossero rimasti vivi avrebbero dedicato la loro sopravvivenza alla Madonna. Giornate fatte «di fuoco, marce estenuanti, addiacci, fame, neve, sentieri di sangue – scrive Mario Cereghini, architetto della chiesetta costruita come “tenda dell’anima” -. Era già Natale. Una baita, un ovile seminterrato accolse a turno i più fedeli che il cappellano, di sera, confessò. Quella fu la prima chiesetta del Morbegno. Poi venne il voto alla Madonna: Squimarit si chiamava quel luogo dove scaturì la voglia di un approdo morbegnino. Si pensò a una cappella da erigersi in Valsassina, con i nomi di tutti, o almeno quelli del sottotenente Sampietro, del sergente Strappo, del caporal maggiore Viganò che erano stati proposti per la medaglia d’oro».
Dall’Albania alla steppa russa, il voto pronunciato nello Squimarit sembrava ormai dimenticato anche perché degli alpini che l’avevano espresso, ne erano rimasti molto pochi. Erano scomparsi quasi tutti. Non c’era nemmeno più il 5° alpini e il Morbegno fu l’ultimo dei suoi battaglioni a rientrare nei ranghi. Ma un voto come quello non si può certo rompere e così nel 1957 in Alta Valsassina, al Piano delle Betulle la costruendo stazione turistica ha bisogno di una chiesetta. Il progetto viene approvato subito dai “veci” di Lecco, insieme al deposito delle prime collette. In quell’anno, presidente sezionale Ugo Merlini, riprende il discorso del voto fatto in Albania. Le 100 mila lire raccolte sul fronte greco-albanese sono lo sprone per iniziare l’opera. Nel luglio 1959 il cardinal Montini consacra l’altare. Nel settembre, alla presenza del presidente nazionale Ettore Erizzo e di un reparto di alpini del Morbegno, si fa l’inaugurazione ufficiale.
L’altare era consacrato, ma qualcosa mancava: il voto era stato fatto alla Madonna, ma gli alpini non riuscivano a trovarne una che piacesse veramente. Tra la gente che saliva alla chiesetta nel giorno della Messa c’erano due anziani coniugi di Como, zii di un “morbegnino” e genitori di un sottotenente del battaglione sciatori Monte Cervino che era caduto in Russia. Tutti gli alpini ormai li chiamavano mamma Rosa e papà Oreste.
E furono proprio loro a dare a Raffaele Ripamonti, presidente sezionale di quegli anni, un pacco dicendogli: «La guardi. È una Madonna col Bambino, se vi piace è vostra: per la chiesetta». Il loro unico figlio prima di morire nella Campagna di Russia aveva raccolto sotto le macerie di un’isba l’Icona e se l’era posta nello zaino per portarla a casa a sua madre. Quando cadde, l’attendente, che sapeva, raccolse l’Icona e la portò a mamma Rosa e a papà Oreste in cambio di quel ragazzo vigoroso e buono che non sarebbe tornato. L’appesero in camera di fianco al letto, per poi donarla alla chiesetta dei “morbegnini” e divenne così la «Madonna del Morbegno ». Ora è lassù, murata e protetta da un grosso vetro. Un piccolo faro la illumina durante le funzioni sacre.
«Da allora ogni prima domenica di settembre – conclude Sala – gli alpini salgono alla chiesetta votiva per ringraziare la Madonna del Morbegno di averli protetti nella bufera della vita; per riunirsi e stare insieme ancora una volta nel ricordo perenne di quelli che non sono tornati». La chiesa votiva nel comune di Margno, località Pian delle Betulle, in Valsassina, dove il cardinal Tettamanzi ha celebrato la Messa domenica scorsa, nel suo cinquantesimo di costruzione, ha una sua storia del tutto particolare. A partire dalle due cerimonie, di consacrazione e di inaugurazione, celebrate nell’estate 1959 in maniera distinta: la prima ebbe protagonista il cardinal Montini, mentre la seconda scandì poi il ritrovarsi che si ripete, da allora anno dopo anno, la prima domenica di settembre.Insieme a Tettamanzi è stata protagonista la Sezione di Lecco dell’Associazione nazionale alpini. Il tutto a testimonianza di un passato lontano che rimanda al freddissimo inverno del 1941, in Albania, tragico fronte di guerra per gli alpini del 5° e del battaglione Morbegno, di cui facevano parte moltissimi lecchesi e valsassinesi. Una storia raccontata da alcuni saggi del giornalista e storico lecchese Angelo Sala.Alcuni alpini del battaglione Morbegno, impegnati nella terribile campagna albanese proferirono un voto: se fossero rimasti vivi avrebbero dedicato la loro sopravvivenza alla Madonna. Giornate fatte «di fuoco, marce estenuanti, addiacci, fame, neve, sentieri di sangue – scrive Mario Cereghini, architetto della chiesetta costruita come “tenda dell’anima” -. Era già Natale. Una baita, un ovile seminterrato accolse a turno i più fedeli che il cappellano, di sera, confessò. Quella fu la prima chiesetta del Morbegno. Poi venne il voto alla Madonna: Squimarit si chiamava quel luogo dove scaturì la voglia di un approdo morbegnino. Si pensò a una cappella da erigersi in Valsassina, con i nomi di tutti, o almeno quelli del sottotenente Sampietro, del sergente Strappo, del caporal maggiore Viganò che erano stati proposti per la medaglia d’oro». Dall’Albania alla steppa russa, il voto pronunciato nello Squimarit sembrava ormai dimenticato anche perché degli alpini che l’avevano espresso, ne erano rimasti molto pochi. Erano scomparsi quasi tutti. Non c’era nemmeno più il 5° alpini e il Morbegno fu l’ultimo dei suoi battaglioni a rientrare nei ranghi. Ma un voto come quello non si può certo rompere e così nel 1957 in Alta Valsassina, al Piano delle Betulle la costruendo stazione turistica ha bisogno di una chiesetta. Il progetto viene approvato subito dai “veci” di Lecco, insieme al deposito delle prime collette. In quell’anno, presidente sezionale Ugo Merlini, riprende il discorso del voto fatto in Albania. Le 100 mila lire raccolte sul fronte greco-albanese sono lo sprone per iniziare l’opera. Nel luglio 1959 il cardinal Montini consacra l’altare. Nel settembre, alla presenza del presidente nazionale Ettore Erizzo e di un reparto di alpini del Morbegno, si fa l’inaugurazione ufficiale.L’altare era consacrato, ma qualcosa mancava: il voto era stato fatto alla Madonna, ma gli alpini non riuscivano a trovarne una che piacesse veramente. Tra la gente che saliva alla chiesetta nel giorno della Messa c’erano due anziani coniugi di Como, zii di un “morbegnino” e genitori di un sottotenente del battaglione sciatori Monte Cervino che era caduto in Russia. Tutti gli alpini ormai li chiamavano mamma Rosa e papà Oreste.E furono proprio loro a dare a Raffaele Ripamonti, presidente sezionale di quegli anni, un pacco dicendogli: «La guardi. È una Madonna col Bambino, se vi piace è vostra: per la chiesetta». Il loro unico figlio prima di morire nella Campagna di Russia aveva raccolto sotto le macerie di un’isba l’Icona e se l’era posta nello zaino per portarla a casa a sua madre. Quando cadde, l’attendente, che sapeva, raccolse l’Icona e la portò a mamma Rosa e a papà Oreste in cambio di quel ragazzo vigoroso e buono che non sarebbe tornato. L’appesero in camera di fianco al letto, per poi donarla alla chiesetta dei “morbegnini” e divenne così la «Madonna del Morbegno ». Ora è lassù, murata e protetta da un grosso vetro. Un piccolo faro la illumina durante le funzioni sacre.«Da allora ogni prima domenica di settembre – conclude Sala – gli alpini salgono alla chiesetta votiva per ringraziare la Madonna del Morbegno di averli protetti nella bufera della vita; per riunirsi e stare insieme ancora una volta nel ricordo perenne di quelli che non sono tornati». –

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