di don Tommaso LENTINI Parrocchia S. Antonio di Padova - Bollate Cascina del Sole
Redazione

Cosa significa oggi avere una Sala della Comunità? Se come parroco e insieme direttore di una Sala della Comunità, dovessi valutare l’attività della mia Sala esclusivamente dal guadagno immediato (di spettatori, economico o pastorale), dovrei arrendermi e chiudere subito. Poi rifletto: non è forse questa una tentazione frequente riferita anche alla missione di una comunità cristiana? Quante volte si cercano risultati immediati nelle attività parrocchiali, eppure scoprendo che non ve ne sono, non si esita comunque a continuare a fare catechesi, proporre lo sport, le attività teatrali, le feste patronali?
Attraverso la Sala della Comunità si vuole promuovere la cultura all’interno della propria comunità. Spesso però la platea non è piena e la maggior parte degli spettatori arrivano da oltre i confini parrocchiali, a volte anche da molto lontano. Questo non è motivo certo di sconforto: la cultura non ha confini e le vere opere d’arte sono patrimonio di tutti! Un film (ma anche un quadro, una scultura, un concerto, un libro, una trasmissione televisiva, ecc) che edifica, che aiuta a iniziare o approfondire un cammino, che porta a capire meglio la vita è «bello». Se un’opera è bella, costruisce e fa crescere ciascuno di noi e l’umanità! Così anche per le proiezioni cinematografiche: se un film è bello (anche se comico) certamente edifica, costruisce, stimola.
Uno solo è il futuro delle Sale della Comunità: cercare di aiutare l’uomo – ogni uomo – a riflettere sulla vita attraverso qualcosa di bello. Certo si tratta di andare spesso contro corrente perché oggi, nella mentalità comune, un film vale per il numero degli spettatori che riesce ad attrarre. Ricordo l’intervista di un famoso attore che ogni anno recita nel film di Natale (campione di incassi ma, come è noto, pieno di volgarità, doppi sensi e banalità): «Se così tante persone fanno la coda per vedere i miei film è perché i miei film valgono e sono belli, altrimenti non andrebbero a vederli». Incassi stratosferici, certo, ma se noi «educhiamo» la gente alla volgarità, le persone cercheranno sempre volgarità, come durante gli spettacoli nelle arene antiche: fiumi di sangue che alimentavano la sete di sangue negli spettatori. È la bellezza vissuta e sperimentata anche attraverso i film che porta a rendere la propria vita bella.
Ho in mente come esempio il recente film Departures, che abbiamo proiettato in programmazione nel fine settimana con pochi spettatori e poco incasso. Un film così propone una visione della vita piena di speranza; la delicatezza con cui vengono trattati i temi della morte e dei legami insegna ad essere miti e umili negli incontri e nelle varie situazioni della vita. Meglio pochi spettatori ma certamente resi belli da quell’opera d’arte, che folle davanti a banalità che rendono poi banale e superficiale la vita. Perché noi sappiamo che attraverso un film così o qualsiasi opera d’arte trasmettiamo non solo il senso della bellezza, ma il Vangelo. Cosa significa oggi avere una Sala della Comunità? Se come parroco e insieme direttore di una Sala della Comunità, dovessi valutare l’attività della mia Sala esclusivamente dal guadagno immediato (di spettatori, economico o pastorale), dovrei arrendermi e chiudere subito. Poi rifletto: non è forse questa una tentazione frequente riferita anche alla missione di una comunità cristiana? Quante volte si cercano risultati immediati nelle attività parrocchiali, eppure scoprendo che non ve ne sono, non si esita comunque a continuare a fare catechesi, proporre lo sport, le attività teatrali, le feste patronali?Attraverso la Sala della Comunità si vuole promuovere la cultura all’interno della propria comunità. Spesso però la platea non è piena e la maggior parte degli spettatori arrivano da oltre i confini parrocchiali, a volte anche da molto lontano. Questo non è motivo certo di sconforto: la cultura non ha confini e le vere opere d’arte sono patrimonio di tutti! Un film (ma anche un quadro, una scultura, un concerto, un libro, una trasmissione televisiva, ecc) che edifica, che aiuta a iniziare o approfondire un cammino, che porta a capire meglio la vita è «bello». Se un’opera è bella, costruisce e fa crescere ciascuno di noi e l’umanità! Così anche per le proiezioni cinematografiche: se un film è bello (anche se comico) certamente edifica, costruisce, stimola.Uno solo è il futuro delle Sale della Comunità: cercare di aiutare l’uomo – ogni uomo – a riflettere sulla vita attraverso qualcosa di bello. Certo si tratta di andare spesso contro corrente perché oggi, nella mentalità comune, un film vale per il numero degli spettatori che riesce ad attrarre. Ricordo l’intervista di un famoso attore che ogni anno recita nel film di Natale (campione di incassi ma, come è noto, pieno di volgarità, doppi sensi e banalità): «Se così tante persone fanno la coda per vedere i miei film è perché i miei film valgono e sono belli, altrimenti non andrebbero a vederli». Incassi stratosferici, certo, ma se noi «educhiamo» la gente alla volgarità, le persone cercheranno sempre volgarità, come durante gli spettacoli nelle arene antiche: fiumi di sangue che alimentavano la sete di sangue negli spettatori. È la bellezza vissuta e sperimentata anche attraverso i film che porta a rendere la propria vita bella.Ho in mente come esempio il recente film Departures, che abbiamo proiettato in programmazione nel fine settimana con pochi spettatori e poco incasso. Un film così propone una visione della vita piena di speranza; la delicatezza con cui vengono trattati i temi della morte e dei legami insegna ad essere miti e umili negli incontri e nelle varie situazioni della vita. Meglio pochi spettatori ma certamente resi belli da quell’opera d’arte, che folle davanti a banalità che rendono poi banale e superficiale la vita. Perché noi sappiamo che attraverso un film così o qualsiasi opera d’arte trasmettiamo non solo il senso della bellezza, ma il Vangelo.

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