Il direttore don Vincenzo Marras parla della 44� giornata mondiale e del convegno "Testimoni digitali": «Più responsabilità per la Chiesa». L'esempio della Diocesi di Milano e il carisma della Società San Paolo
di Annamaria BRACCINI
Redazione
La comunicazione come ambito pastorale vasto e delicato, nel quale ai sacerdoti sono offerte nuove possibilità di esercitare il proprio servizio alla Parola e della Parola. L’ha scritto il Papa nel suo Messaggio per la 44ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali e lo ha ripetuto, appena pochi giorni fa, incontrando gli operatori dei media a conclusione del Convegno nazionale della Cei, “Testimoni digitali”.
Comunicatori, dunque, capaci di offrire una testimonianza autenticamente cristiana nell’epoca digitale o addirittura cross-mediale. Come ogni giorno fa chi, da prete, entra nella redazione dell’emittente, Telenova, della quale è direttore: proprio dal messaggio di Benedetto XVI don Vincenzo Marras muove una sua riflessione da professionista della comunicazione. «Delle parole del Papa mi colpisce – dice Marras, negli anni scorsi direttore del mensile Jesus – un’espressione di San Paolo che mi è particolarmente cara e familiare: “Guai a me se non annuncio il Vangelo!”. Come appartenente alla Società San Paolo, fondata dal beato don Giacomo Alberione appunto con il carisma della comunicazione, voglio anche ricordare una frase emersa nel nostro Capitolo generale: “Siamo e vogliamo essere sacerdoti della comunicazione”. Ossia, io sono sacerdote in quanto la esercito quotidianamente. Questo, è ovvio, obbliga a delle precise responsabilità che stanno aumentando con le nuove frontiere digitali. Penso anche alla Diocesi di Milano, dove ci troviamo a operare e che ha avuto e ha maestri nell’approfondimento relativo ai meccanismi della comunicazione: l’attuale Arcivescovo e il cardinale Martini, con alcune sue Lettere pastorali, Il Lembo del mantello, per esempio, o con immagini come quella dei “mercanti nel tempio”: intendendo il tempio come il mondo dei media dove i mercanti esistono. Sempre con Martini possiamo dire che tra i “talenti” che ci sono donati vi è anche la comunicazione che, in quanto cristiani, va utilizzato in coerenza con gli altri, dalla fede alla carità, e coniugandolo con la testimonianza».
Appunto, “Testimoni digitali”, ma per dire cosa, al di là delle notizie? «Per dire quello che ogni cristiano è chiamato a testimoniare nella società – risponde don Marras -, e qui uso una bella frase di uno dei nostri grandi maestri, don Leonardo Zega, direttore a lungo di Famiglia Cristiana, mancato pochi mesi fa: noi siamo sacerdoti nel mondo della comunicazione per dire al mondo, agli uomini e donne di oggi, che Dio li ama. Inoltre, condivido l’idea di Papa Ratzinger che i moderni mezzi di comunicazione siano entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, instaurando forme di dialogo a più vasto raggio. Ovvia l’importanza e utilità del loro uso nel ministero sacerdotale».
Proprio pochissimi giorni fa, nella solennità dell’Ascensione, il cardinale Tettamanzi ha definito anche la comunicazione quale Giudea e Samaria del terzo millennio, simboliche, dove annunciare Cristo e la sua verità… «È chiaro che i new media sono una grande opportunità come, d’altra parte, dice Benedetto XVI e come è emerso dal Convegno della Cei – continua don Marras -. Una volta eravamo “apostoli della comunicazione”, forse oggi è più giusto dire che noi come Paolini, ma l’intera Chiesa, siamo chiamati a essere “apostoli nel mondo” e ciò significa non venire mai meno al proprio ruolo e viverlo con consapevolezza e onestà. Che deve saper essere tecnicamente all’altezza della sfida dei tempi, ma con la fedeltà ai valori e principi del Vangelo». La comunicazione come ambito pastorale vasto e delicato, nel quale ai sacerdoti sono offerte nuove possibilità di esercitare il proprio servizio alla Parola e della Parola. L’ha scritto il Papa nel suo Messaggio per la 44ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali e lo ha ripetuto, appena pochi giorni fa, incontrando gli operatori dei media a conclusione del Convegno nazionale della Cei, “Testimoni digitali”.Comunicatori, dunque, capaci di offrire una testimonianza autenticamente cristiana nell’epoca digitale o addirittura cross-mediale. Come ogni giorno fa chi, da prete, entra nella redazione dell’emittente, Telenova, della quale è direttore: proprio dal messaggio di Benedetto XVI don Vincenzo Marras muove una sua riflessione da professionista della comunicazione. «Delle parole del Papa mi colpisce – dice Marras, negli anni scorsi direttore del mensile Jesus – un’espressione di San Paolo che mi è particolarmente cara e familiare: “Guai a me se non annuncio il Vangelo!”. Come appartenente alla Società San Paolo, fondata dal beato don Giacomo Alberione appunto con il carisma della comunicazione, voglio anche ricordare una frase emersa nel nostro Capitolo generale: “Siamo e vogliamo essere sacerdoti della comunicazione”. Ossia, io sono sacerdote in quanto la esercito quotidianamente. Questo, è ovvio, obbliga a delle precise responsabilità che stanno aumentando con le nuove frontiere digitali. Penso anche alla Diocesi di Milano, dove ci troviamo a operare e che ha avuto e ha maestri nell’approfondimento relativo ai meccanismi della comunicazione: l’attuale Arcivescovo e il cardinale Martini, con alcune sue Lettere pastorali, Il Lembo del mantello, per esempio, o con immagini come quella dei “mercanti nel tempio”: intendendo il tempio come il mondo dei media dove i mercanti esistono. Sempre con Martini possiamo dire che tra i “talenti” che ci sono donati vi è anche la comunicazione che, in quanto cristiani, va utilizzato in coerenza con gli altri, dalla fede alla carità, e coniugandolo con la testimonianza».Appunto, “Testimoni digitali”, ma per dire cosa, al di là delle notizie? «Per dire quello che ogni cristiano è chiamato a testimoniare nella società – risponde don Marras -, e qui uso una bella frase di uno dei nostri grandi maestri, don Leonardo Zega, direttore a lungo di Famiglia Cristiana, mancato pochi mesi fa: noi siamo sacerdoti nel mondo della comunicazione per dire al mondo, agli uomini e donne di oggi, che Dio li ama. Inoltre, condivido l’idea di Papa Ratzinger che i moderni mezzi di comunicazione siano entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, instaurando forme di dialogo a più vasto raggio. Ovvia l’importanza e utilità del loro uso nel ministero sacerdotale».Proprio pochissimi giorni fa, nella solennità dell’Ascensione, il cardinale Tettamanzi ha definito anche la comunicazione quale Giudea e Samaria del terzo millennio, simboliche, dove annunciare Cristo e la sua verità… «È chiaro che i new media sono una grande opportunità come, d’altra parte, dice Benedetto XVI e come è emerso dal Convegno della Cei – continua don Marras -. Una volta eravamo “apostoli della comunicazione”, forse oggi è più giusto dire che noi come Paolini, ma l’intera Chiesa, siamo chiamati a essere “apostoli nel mondo” e ciò significa non venire mai meno al proprio ruolo e viverlo con consapevolezza e onestà. Che deve saper essere tecnicamente all’altezza della sfida dei tempi, ma con la fedeltà ai valori e principi del Vangelo». Il prete di celluloide – Il prete di celluloide. Nove sguardi d’autore è l’ultima fatica editoriale di monsignor Dario Edoardo Viganò, presidente della Fondazione Ente dello spettacolo. «Educatore eccentrico, missionario eroico, detective intraprendente, predicatore goffo e logorroico, professorino carrierista e corrotto – scrive monsignor Viganò nell’introduzione al volume edito da Cittadella Editrice (128 pagine, 9.5 euro) – sono alcuni dei tratti del prete nella provocatoria semplificazione che il cinema, complice anche il piccolo schermo, ha spesso raccontato. Nella vasta produzione non mancano anche istanze critiche circa alcuni cambiamenti sopraggiunti nel passaggio da una cultura moderna a quella contemporanea».