L'opinione di Fausto Colombo, direttore di OssCom, Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell'Università Cattolica

di Pino NARDI
Redazione

«I media non devono creare consenso, ma aiutare il cittadino a costruirlo, fornendogli gli strumenti per farsi un’idea e discuterne con gli altri cittadini, con i giornalisti, con la politica. Questo vuol dire creare le basi di una partecipazione politica, che è il contrario che la nostra società vuole». Fausto Colombo – direttore di OssCom, Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università cattolica – apprezza il messaggio del cardinale Tettamanzi per la Giornata diocesana di Avvenire. E sottolinea il ruolo positivo del quotidiano dei cattolici tra i media italiani.

Da una parte il Cardinale parla di opinione pubblica quale territorio da saccheggiare e dall’altro spiega come costruire positivamente il consenso. Cosa ne pensa?
È un’analisi molto cruda, disincantata, ma anche molto onesta dello stato della politica e quindi dei legami inscindibili fra media e politica. Proprio perché l’opinione pubblica è quella larga condivisione di opinione collettiva che costituisce l’humus delle scelte strategiche della politica. Come si costituisce? Le condizioni sono che lo scambio sia efficace e quindi che noi non siamo soltanto destinatari di flussi a senso unico. Poi che la qualità dell’argomentazione della politica sia elevata, cioè che si parli di temi che hanno a che vedere col Paese e non con le baggianate. Potremmo anche dire che la costruzione del consenso non sempre è costruzione di una buona opinione pubblica. Per esempio, laddove per avere un vantaggio elettorale si pungola gli istinti peggiori: paure, insicurezze, anche quel po’ di avidità, di impurità che c’è in tutte le persone. Costruire l’opinione pubblica è un lavoro – ci dice il Cardinale – molto importante, non può essere identificata con la costruzione del consenso e va fatta bene, non saccheggiando l’elettorato, la cittadinanza e le coscienze, ma con un percorso laborioso, rigoroso e responsabile.

È dunque una critica a come molti interpretano i media: si sta affermando un uso politico, un manganello mediatico…
Il Cardinale richiama a un forte uso politico dei media: nel senso che fare politica vuole dire discutere del bene comune, dialogare con l’altro, capire la somma di differenze che fanno l’unità di un Paese. Quindi l’Arcivescovo ci sta dicendo che c’è tanto bisogno di buona politica anche nei giornali. Ma essi non fanno politica schierandosi dalla parte di un partito o dell’altro, tanto meno manganellando di volta in volta lo sgradito di turno per drenare il consenso, non è solleticando gli istinti peggiori. I media fanno politica quando aiutano il cittadino a essere partecipe delle grandi scelte.

Eppure sembra prevalere una sorta di bipolarismo mediatico, quasi che i media debbano essere schierati. Non è il caso che ci sia uno spazio specifico, anche critico di formazione delle coscienza?
È indispensabile. Le democrazie sono nate – questa è la tesi di Habermas che può essere contestata, ma un po’ ha ragione – perché nasce l’opinione pubblica, la sfera pubblica, che è il luogo in cui le opinioni si purificano nel sano confronto dialettico delle idee, i cui valori si mettono alla prova in nome di un bene comune, di una universalità. Quindi dice il Cardinale bisogna tornare a una sana costruzione del consenso che vuole dire promuovere valori positivi e cercare di raccogliere attorno a essi il maggior numero di persone possibili. Cosa fanno i media? La nostra società vuole politicizzare tutto, ma escludere la cittadinanza dalla politica. Tutto è in mano a una piccola ghenga di professionisti della politica.

Quale è il ruolo di Avvenire e della stampa cattolica?
È bello il richiamo del Cardinale a un mezzo leggero. Avvenire è un grande giornale, però in confronto alle corazzate è piccolo. Mi piace questo richiamo a una dimensione piccola, ma efficace. Quindi è importante il ruolo del quotidiano, della stampa cattolica e aggiungerei di tutti quegli uomini di buona volontà che ci sono nella Chiesa italiana. Il Cardinale lo ricorda molto bene: quanto volontariato, quanto sforzo, e poi invece i media fanno passare della Chiesa solo gli scandali. È bella l’idea di questa navicella leggera che però si porta dentro in modo esemplare un messaggio importante: tutti quelli che portano avanti una buona informazione siano essi giornalisti, volontari, istituzioni, lettori, cittadini, in realtà aiutano a salvare la democrazia. «I media non devono creare consenso, ma aiutare il cittadino a costruirlo, fornendogli gli strumenti per farsi un’idea e discuterne con gli altri cittadini, con i giornalisti, con la politica. Questo vuol dire creare le basi di una partecipazione politica, che è il contrario che la nostra società vuole». Fausto Colombo – direttore di OssCom, Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università cattolica – apprezza il messaggio del cardinale Tettamanzi per la Giornata diocesana di Avvenire. E sottolinea il ruolo positivo del quotidiano dei cattolici tra i media italiani.Da una parte il Cardinale parla di opinione pubblica quale territorio da saccheggiare e dall’altro spiega come costruire positivamente il consenso. Cosa ne pensa?È un’analisi molto cruda, disincantata, ma anche molto onesta dello stato della politica e quindi dei legami inscindibili fra media e politica. Proprio perché l’opinione pubblica è quella larga condivisione di opinione collettiva che costituisce l’humus delle scelte strategiche della politica. Come si costituisce? Le condizioni sono che lo scambio sia efficace e quindi che noi non siamo soltanto destinatari di flussi a senso unico. Poi che la qualità dell’argomentazione della politica sia elevata, cioè che si parli di temi che hanno a che vedere col Paese e non con le baggianate. Potremmo anche dire che la costruzione del consenso non sempre è costruzione di una buona opinione pubblica. Per esempio, laddove per avere un vantaggio elettorale si pungola gli istinti peggiori: paure, insicurezze, anche quel po’ di avidità, di impurità che c’è in tutte le persone. Costruire l’opinione pubblica è un lavoro – ci dice il Cardinale – molto importante, non può essere identificata con la costruzione del consenso e va fatta bene, non saccheggiando l’elettorato, la cittadinanza e le coscienze, ma con un percorso laborioso, rigoroso e responsabile.È dunque una critica a come molti interpretano i media: si sta affermando un uso politico, un manganello mediatico…Il Cardinale richiama a un forte uso politico dei media: nel senso che fare politica vuole dire discutere del bene comune, dialogare con l’altro, capire la somma di differenze che fanno l’unità di un Paese. Quindi l’Arcivescovo ci sta dicendo che c’è tanto bisogno di buona politica anche nei giornali. Ma essi non fanno politica schierandosi dalla parte di un partito o dell’altro, tanto meno manganellando di volta in volta lo sgradito di turno per drenare il consenso, non è solleticando gli istinti peggiori. I media fanno politica quando aiutano il cittadino a essere partecipe delle grandi scelte.Eppure sembra prevalere una sorta di bipolarismo mediatico, quasi che i media debbano essere schierati. Non è il caso che ci sia uno spazio specifico, anche critico di formazione delle coscienza?È indispensabile. Le democrazie sono nate – questa è la tesi di Habermas che può essere contestata, ma un po’ ha ragione – perché nasce l’opinione pubblica, la sfera pubblica, che è il luogo in cui le opinioni si purificano nel sano confronto dialettico delle idee, i cui valori si mettono alla prova in nome di un bene comune, di una universalità. Quindi dice il Cardinale bisogna tornare a una sana costruzione del consenso che vuole dire promuovere valori positivi e cercare di raccogliere attorno a essi il maggior numero di persone possibili. Cosa fanno i media? La nostra società vuole politicizzare tutto, ma escludere la cittadinanza dalla politica. Tutto è in mano a una piccola ghenga di professionisti della politica.Quale è il ruolo di Avvenire e della stampa cattolica?È bello il richiamo del Cardinale a un mezzo leggero. Avvenire è un grande giornale, però in confronto alle corazzate è piccolo. Mi piace questo richiamo a una dimensione piccola, ma efficace. Quindi è importante il ruolo del quotidiano, della stampa cattolica e aggiungerei di tutti quegli uomini di buona volontà che ci sono nella Chiesa italiana. Il Cardinale lo ricorda molto bene: quanto volontariato, quanto sforzo, e poi invece i media fanno passare della Chiesa solo gli scandali. È bella l’idea di questa navicella leggera che però si porta dentro in modo esemplare un messaggio importante: tutti quelli che portano avanti una buona informazione siano essi giornalisti, volontari, istituzioni, lettori, cittadini, in realtà aiutano a salvare la democrazia.

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