di Antonio AUTIERI Direttore di "Box Office"
Redazione

Che senso e spazio hanno oggi le Sale della Comunità nel mercato cinematografico? Snobbate a lungo da osservatori superficiali, hanno ritrovato una loro collocazione precisa negli ultimi 15 anni: in coincidenza del diffondersi dei multiplex, oggi modello dominante di fruizione, le Sale della Comunità hanno retto meglio di altri cinema (monosale e piccole multisale «private») l’evoluzione del mercato prima e la crisi finanziaria poi, nonostante mille problemi. I motivi? Una maggiore elasticità, anche economica (derivante, per esempio, dal rapporto con la relativa parrocchia e dall’utilizzo di volontari), ma anche una modernità di gestione e di scelte, una programmazione «alta» – che a volte si sovrappone con il cinema d’essai – e l’uso di mailing e internet per dialogare col pubblico, fino in certi casi all’installazione del 3D. Pur mantenendo un’identità culturale e di rapporto con il territorio e con la parrocchia, le Sale della Comunità si pongono insomma in modo nuovo con il pubblico. E anche con i distributori che le considerano sempre più partner interessanti. Del resto, con circa 1200 schermi in Italia di cui 400 solo in Lombardia, questi cinema sono una realtà importante e in alcuni casi strategica per alcuni tipi di prodotto, con i suoi punti di forza e con le sue caratteristiche; sui loro schermi, infatti, non passano tutti i film (fondamentale rimane la valutazione Cei). Fra le sfide future, forse andrebbe considerata di più la formazione del proprio pubblico. Se la famiglia è un «target» di riferimento, ma i giovani tendono naturalmente ai multiplex e ai film più commerciali, ma non sono mal disposti come si crede, se ben stimolati da proposte interessanti. In questo senso ci sembra fondamentale da una parte la sinergia con la parrocchia e dall’altra il rapporto con associazioni culturali cristiane attive sul territorio con cineforum e dibattiti. La formazione non è solo una brillante strategia di mercato tesa a formare nuovo pubblico, ma anche una necessaria attività culturale, in sintonia con la vocazione della Sala della Comunità. Che talvolta, nelle grandi città, diventa anche punto di riferimento per la produzione indipendente, mentre in certe zone dove è sparita ogni altra offerta, per la chiusura di altri cinema, diventa un vero baluardo culturale. Che senso e spazio hanno oggi le Sale della Comunità nel mercato cinematografico? Snobbate a lungo da osservatori superficiali, hanno ritrovato una loro collocazione precisa negli ultimi 15 anni: in coincidenza del diffondersi dei multiplex, oggi modello dominante di fruizione, le Sale della Comunità hanno retto meglio di altri cinema (monosale e piccole multisale «private») l’evoluzione del mercato prima e la crisi finanziaria poi, nonostante mille problemi. I motivi? Una maggiore elasticità, anche economica (derivante, per esempio, dal rapporto con la relativa parrocchia e dall’utilizzo di volontari), ma anche una modernità di gestione e di scelte, una programmazione «alta» – che a volte si sovrappone con il cinema d’essai – e l’uso di mailing e internet per dialogare col pubblico, fino in certi casi all’installazione del 3D. Pur mantenendo un’identità culturale e di rapporto con il territorio e con la parrocchia, le Sale della Comunità si pongono insomma in modo nuovo con il pubblico. E anche con i distributori che le considerano sempre più partner interessanti. Del resto, con circa 1200 schermi in Italia di cui 400 solo in Lombardia, questi cinema sono una realtà importante e in alcuni casi strategica per alcuni tipi di prodotto, con i suoi punti di forza e con le sue caratteristiche; sui loro schermi, infatti, non passano tutti i film (fondamentale rimane la valutazione Cei). Fra le sfide future, forse andrebbe considerata di più la formazione del proprio pubblico. Se la famiglia è un «target» di riferimento, ma i giovani tendono naturalmente ai multiplex e ai film più commerciali, ma non sono mal disposti come si crede, se ben stimolati da proposte interessanti. In questo senso ci sembra fondamentale da una parte la sinergia con la parrocchia e dall’altra il rapporto con associazioni culturali cristiane attive sul territorio con cineforum e dibattiti. La formazione non è solo una brillante strategia di mercato tesa a formare nuovo pubblico, ma anche una necessaria attività culturale, in sintonia con la vocazione della Sala della Comunità. Che talvolta, nelle grandi città, diventa anche punto di riferimento per la produzione indipendente, mentre in certe zone dove è sparita ogni altra offerta, per la chiusura di altri cinema, diventa un vero baluardo culturale.

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