Requisita in epoca napoleoniche per le collezioni di Brera, il capolavoro di Luca Signorelli torna temporaneamente ad Arcevia, là dove venne creato cinquecento anni fa.
Redazione
05/09/2008
di Luca FRIGERIO
Benedetto, maledetto Napoleone. Oggi come allora, quando folle osannanti inneggiavano al nome dell’imperatore Buonaparte, tante quante quelle che gli inveivano contro. Per quello che qui ci interessa, benedetto Napoleone perchè fu per suo impulso che si costituirono i grandi musei “moderni”, aperti al pubblico e destinati, per la prima volta, all’arricchimento culturale della collettività. Un obiettivo raggiunto, tuttavia, a colpi di requisizioni e ruberie perpetrate per conto, appunto, di quel maledetto Napoleone.
Così è accaduto, ad esempio, alla bella Pala con Madonna e santi che Luca Signorelli dipinse nel 1508 a Roccacontrada, l’attuale Arcevia, alle spalle di Senigallia, nelle Marche. Così bella che al principio dell’Ottocento gli emissari napoleonici la ritennero degna di entrare a far parte delle collezioni del nuovo, italico museo per eccellenza, quello di Brera, sottraendola al suo luogo “d’origine”. Una volta arrivata a Milano, però, l’opera finì prima nei depositi braidensi (troppe le tele che si erano andate accumulando!), per essere poi “prestata” alla parrocchiale di Figino, nel territorio di Trenno.
Dopo Waterloo e il Congresso di Vienna i marchigiani tentarono di reclamare la restituzione del loro capolavoro , ottenendo però un successo assai relativo: il ministero dei beni culturali dell’Italia unita, infatti, riconobbe sì il valore del dipinto, ma proprio per questo dispose che fosse degnamente esposto… nel capoluogo lombardo!
Oggi, per festeggiare il suo cinquecentesimo “compleanno”, la Pala del Signorelli torna là dove è nata , dopo due secoli di assenza, anche se solo per qualche mese. Un prestito per nulla scontato, del resto, perchè, come ricorda la soprintendente lombarda Carla Enrica Spantigati, l’opera è di quelle «che la prudenza consiglierebbe di non spostare mai» e che solo l’eccezionalità dell’anniversario ha giustificato, considerando le sue dimensioni (oltre due metri di altezza) e il suo notevolissimo peso, conservando essa la sua struttura lignea originale. E tuttavia si tratta di un “piccolo”, dovuto risarcimento ad Arcevia e alla sua gente.
Luca Signorelli era di “casa” in terra marchigiana, e a Roccacontrada in particolare, centro allora fiorente, economicamente e culturalmente, che aveva beneficiato dell’illuminato governo sforzesco prima e pontificio poi. In diversi soggiorni l’artista, con i suoi lavori, aveva così accontentato il patriziato locale e i vari ordini religiosi. E proprio laggiù, mentre Michelangelo iniziava il cantiere della Sistina , e certo consapevole degli sviluppi artistici della Città eterna, Signorelli maturava scelte pittoriche “monumentali”, e tuttavia anche più inquiete, vibranti di una tensione che oggi potremmo definire pre-manieristica.
La Pala di Arcevia-Brera è forse il più riuscito esempio di questo nuovo sentire dell’artista . Il dipinto, però, costituisce soltanto il pannello centrale di un complesso più ampio e articolato che fu commissionato al Signorelli da Giacomo di Simone Filippini, per la cappella di famiglia situata nella chiesa di San Francesco. Il polittico venne “smembrato” agli inizi del Settecento durante il rifacimento barocco dell’edificio, e le parti eccedenti furono vendute dagli eredi, cosicchè oggi risultano disperse o conservate in diversi musei : la cimasa con l’Incoronazione della Vergine, ad esempio, dal 1985 è al San Diego Museum of Art in California.
A far da corona alla Pala Filippini, in mostra, gli altri capolavori realizzati da Luca Signorelli, come il poderoso Polittico di San Medardo e il magnifico Battesimo di Cristo. Questi sì rimasti, da sempre, ad Arcevia.
Fino al 28 settembre presso la Collegiata di San Medardo, Arcevia. Da martedì a sabato, dalle ore 11 alle 13 e dalle 15 alle 19. Catalogo Skira.