La fame, il freddo e la nostalgia sono le muse ispiratrici del racconto. Per Guareschi era il secondo Natale in Germania: scrisse la favola per resistere con l'allegria alla tristezza sua e quella tra i compagni di prigionia.


Redazione

00/00/2008

di Silvio MENGOTTO

La favola di Natale nasce in un campo di concentramento di soldati italiani deportati in Germania. Giovannino Guareschi, con il numero 6865, è prigioniero nel lager di Stalang XB, con lui migliaia di prigionieri volontari che, stringendo i denti, conducono una «coraggiosa (e ingiustamente dimenticata ) “Resistenza bianca” sulla propria pelle , rifiutandosi di aderire alla Repubblica Sociale e di collaborare con i tedeschi».

Guareschi è più conosciuto per i personaggi di don Camillo e Peppone, ovvero la realtà del microcosmo del mondo piccolo, quotidiano dove, sotto l’ombra del campanile e del municipio, si riflettono i drammi civili e politici del secolo trascorso . Nel dicembre 1944 Guareschi scrive la favola che viene letta e rappresentata il 24 dicembre insieme all’amico Coppola il quale «con la fisarmonica accompagnava le canzoncine di cui io avevo scritto il testo e che vennero eseguite da un gruppo di pezzenti come me, pieni di freddo, di fame, di nostalgia. In quella squallida baracca zeppa di altri pezzenti come noi».
La fame, il freddo e la nostalgia sono le muse ispiratrici del racconto . Per Guareschi era il secondo Natale in prigionia, scrisse la favola per resistere con l’allegria alla tristezza sua e quella tra i compagni del lager. La nostalgia che divorava i prigionieri era, a suo modo, nostalgia di futuro non del passato. Per i prigionieri la merce più preziosa è la nostalgia. Se vuoi costruire una nave non devi chiamare gli operai, prima devi suscitare la nostalgia del mare aperto. E’ l’operazione che, a suo modo, compie Guareschi. In questa favola l’autore suscita la nostalgia della pace, della quotidianità.

A guerra conclusa Guareschi illustrerà la favola con stupendi disegni riprodotti che ne fanno una sorta di inedito fumetto. Tra fame e freddo Guareschi scrive la storia di Albertino, della nonna, del papà prigioniero, e delle piccole creature – buone o cattive – che vivono e parlano in un bosco fantastico. Il bambino, la nonna e il papà si incontrano a metà strada nel bosco dove, solo nella notte di Natale, si incontrano creature e sogni di due mondi nemici e rivali.

Nasce il Dio della Pace e contemporaneamente nasce il Dio della Guerra: «Cammina, cammina, somarello: bisogna ritrovare la solitaria capanna perché il miracolo possa rinnovarsi. Perché il Figlio di Dio possa, ancora una volta, schiudere gli occhi alla luce degli uomini». Subito si innalza lo slogan sanguinario di “Guerra agli uomini di buona volontà ” e l’annuncio che il Dio della Guerra è nato in un «castello d’acciaio col cannone sul tetto , il quale spara contro tutte le stelle filanti e gli Angeli che passano nel cielo».

Nella favola non manca l’incontro con i re magi e con una modernissima Befana. Il babbo di Albertino si incontra volutamente fuori dal lager perché «neppure in sogno i bambini debbono entrare laggiù». Solo la notte santa permette ai sogni di incontrarsi: «I sogni non hanno freddo perché gli basta, per scaldarsi, il tenue focherello d’una stella, o un sottile raggio di luna. Sognare. Quante notti ho percorso la strada che porta alla nostra casetta? Lo so, anche tu, mamma, tante volte hai percorso la strada che porta al mio lager. Ma non ci siamo mai incontrati perché solo nella santa notte di Natale è concesso ai sogni di incontrarsi. E’ un miracolo che si rinnova da secoli: nella santa notte di Natale si incontrano e hanno corpo i sogni dei vivi e gli spiriti dei morti».

Con questa convinzione si svolge il pranzo di Natale dove il panettone ha il sapore del cielo e del bosco, dove nella notte si rinnova il miracolo di Dio che si fa uomo tra gli uomini.

Giovannino Guareschi
La favola di Natale
Edizione Bur
(pp. 94, Euro 6.00)

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