Da oltre un anno sotto quel ponte vive un insediamento irregolare di 150 rom. Don Matteo Panzeri, giovane sacerdote della parrocchia di S. Elena insieme agli adolescenti dell'oratorio frequenta ogni settimana il campo per giocare insieme ai ragazzi rumeni
Silvio MENGOTTO
Redazione
Da oltre un anno sotto il cavalcavia di Bacula vive un insediamento irregolare di circa 150 rom che provengono in massima parte dal campo di via Bovisasca sgomberato la scorsa primavera. Sono 15 i minori sotto i cinque anni, 10 bambini frequentano con regolarità due scuole elementari del territorio. Quattordici le persone che lavorano e 50 usufruiscono dei servizi sanitari, ma le condizioni generali del campo sono pessime. Don Matteo Panzeri, giovane sacerdote ordinato nel 2002 e destinato alla parrocchia di S. Elena, zona S. Siro, insieme agli adolescenti dell’oratorio frequenta ogni settimana il campo rom per giocare insieme ai ragazzi. Lo abbiamo intervistato.
Come ha conosciuto i ragazzi rom del campo di via Bacula ?
Dopo lo sgombero del campo rom alla Bovisasca e l’intervento dell’arcivescovo di forte critica per il fatto che i rom sgomberati non avevano una alternativa, scoprimmo che una donna rom che chiedeva l’elemosina nella nostra parrocchia proveniva proprio dall’insediamento della Bovisasca. Prendendo contatto con lei, la sua storia e la sua numerosa famiglia abbiamo conosciuto le persone al campo sotto il cavalcavia Bacula. Inizialmente si andava a portare coperte, poi per evitare interventi autonomi ci siamo messi in rete con le organizzazioni che li seguono. Oltre a coperte, indumenti e alimenti, insieme al gruppo adolescenti ( III e IV superiore ) ogni sabato pomeriggio ci si reca in un giardinetto vicino al campo per giocare insieme ai bambini e ragazzi rom. Ho notato che questo appuntamento sta a cuore agli adolescenti.
Con chi vi siete messi in rete?
Con i Padri Somaschi, la Caritas, il gruppo “Segna via”organizzato da Valerio Pedroni, con don Adriano della parrocchia limitrofa al campo e il Naga che segue i rom dal punto di vista medico.
Che tipo di intervento svolgono i Padri Somaschi ?
Svolgono un lavoro egregio e stanno con i piedi per terra. Come altre realtà – Caritas o Casa della Carità – agiscono sui campi rom regolari e, in seconda battuta, hanno preso in “gestione” questo campo irregolare di Bacula. Sono presenti con assiduità più volte alla settimana. Campo irregolare ma dove pur vivono cittadini – rumeni e, quindi, europei – che non hanno un problema di clandestinità. L’intervento dei Padri Somaschi consiste nel socializzare con queste persone, creare rapporti, promuovere tutto ciò che contribuisce alla qualità della loro vita, che significa promuovere iniziative di lavoro dei padri di famiglia, per le madri cercare di seguire la sanità. Le situazioni al campo sono varie e gravi. C’è una famiglia con tre bambine, due gemelle e la terza è paraplegica e, quindi, è costretta a rimanere a letto tutto il giorno. C’è stato un grandissimo lavoro sulla scolarizzazione dei bambini. I Padri Somaschi sono stati capaci di creare un’ottima rete con due scuole del territorio cercando l’inserimento. La disponibilità delle scuole è stata grande e gli insegnati hanno preso a cuore l’integrazione dei ragazzi rom. Tutti i bambini frequentano le elementari, tranne uno che mi ha colpito molto.
Perché ?
Durante lo sgombero della Bovisasca rimase traumatizzato e per molti mesi non parlò più. Le insegnanti lo indirizzarono alla neuropsichiatria infantile. Era terrorizzato dal fatto di non trovare più i genitori al ritorno della scuola. Solo l’idea di andare a scuola lo faceva impazzire perché ha riportato questo grave trauma. Comunque i Padri Somaschi hanno un’antica esperienza con lavori svolti anche in Romania, cioè nelle zone di provenienza di queste persone. Tutto ciò depone a favore alla grande qualità del loro lavoro svolto. Da oltre un anno sotto il cavalcavia di Bacula vive un insediamento irregolare di circa 150 rom che provengono in massima parte dal campo di via Bovisasca sgomberato la scorsa primavera. Sono 15 i minori sotto i cinque anni, 10 bambini frequentano con regolarità due scuole elementari del territorio. Quattordici le persone che lavorano e 50 usufruiscono dei servizi sanitari, ma le condizioni generali del campo sono pessime. Don Matteo Panzeri, giovane sacerdote ordinato nel 2002 e destinato alla parrocchia di S. Elena, zona S. Siro, insieme agli adolescenti dell’oratorio frequenta ogni settimana il campo rom per giocare insieme ai ragazzi. Lo abbiamo intervistato. Come ha conosciuto i ragazzi rom del campo di via Bacula ? Dopo lo sgombero del campo rom alla Bovisasca e l’intervento dell’arcivescovo di forte critica per il fatto che i rom sgomberati non avevano una alternativa, scoprimmo che una donna rom che chiedeva l’elemosina nella nostra parrocchia proveniva proprio dall’insediamento della Bovisasca. Prendendo contatto con lei, la sua storia e la sua numerosa famiglia abbiamo conosciuto le persone al campo sotto il cavalcavia Bacula. Inizialmente si andava a portare coperte, poi per evitare interventi autonomi ci siamo messi in rete con le organizzazioni che li seguono. Oltre a coperte, indumenti e alimenti, insieme al gruppo adolescenti ( III e IV superiore ) ogni sabato pomeriggio ci si reca in un giardinetto vicino al campo per giocare insieme ai bambini e ragazzi rom. Ho notato che questo appuntamento sta a cuore agli adolescenti. Con chi vi siete messi in rete? Con i Padri Somaschi, la Caritas, il gruppo “Segna via”organizzato da Valerio Pedroni, con don Adriano della parrocchia limitrofa al campo e il Naga che segue i rom dal punto di vista medico. Che tipo di intervento svolgono i Padri Somaschi ? Svolgono un lavoro egregio e stanno con i piedi per terra. Come altre realtà – Caritas o Casa della Carità – agiscono sui campi rom regolari e, in seconda battuta, hanno preso in “gestione” questo campo irregolare di Bacula. Sono presenti con assiduità più volte alla settimana. Campo irregolare ma dove pur vivono cittadini – rumeni e, quindi, europei – che non hanno un problema di clandestinità. L’intervento dei Padri Somaschi consiste nel socializzare con queste persone, creare rapporti, promuovere tutto ciò che contribuisce alla qualità della loro vita, che significa promuovere iniziative di lavoro dei padri di famiglia, per le madri cercare di seguire la sanità. Le situazioni al campo sono varie e gravi. C’è una famiglia con tre bambine, due gemelle e la terza è paraplegica e, quindi, è costretta a rimanere a letto tutto il giorno. C’è stato un grandissimo lavoro sulla scolarizzazione dei bambini. I Padri Somaschi sono stati capaci di creare un’ottima rete con due scuole del territorio cercando l’inserimento. La disponibilità delle scuole è stata grande e gli insegnati hanno preso a cuore l’integrazione dei ragazzi rom. Tutti i bambini frequentano le elementari, tranne uno che mi ha colpito molto. Perché ? Durante lo sgombero della Bovisasca rimase traumatizzato e per molti mesi non parlò più. Le insegnanti lo indirizzarono alla neuropsichiatria infantile. Era terrorizzato dal fatto di non trovare più i genitori al ritorno della scuola. Solo l’idea di andare a scuola lo faceva impazzire perché ha riportato questo grave trauma. Comunque i Padri Somaschi hanno un’antica esperienza con lavori svolti anche in Romania, cioè nelle zone di provenienza di queste persone. Tutto ciò depone a favore alla grande qualità del loro lavoro svolto.