A Milano duemila "prof", tra i quali un centinaio di reduci da una carriera di contratti a termine, ora sono al bivio: lasciare, chiedere la proroga o il part-time?


Redazione

15/01/2009

di Cristina CONTI

Sono duemila i professori milanesi pronti alla pensione. Compileranno il modulo entro il 26 gennaio. Tra questi anche un centinaio di precari. Le donne che hanno compiuto 60 anni, gli uomini che ne hanno compiuti 65 e i docenti che, superati i 58 anni di età, hanno almeno 35 anni di contributi possono scegliere: lasciare la cattedra, chiedere una proroga o cercare di ottenere il part-time. Una scelta che quest’anno si fa ancora più ardua per insegnanti e bidelli che nella loro carriera hanno avuto solo contratti a termine.

I precari hanno un anno di nascita che varia tra il 1944 e il 1948 e decenni di contributi versati: tanto che sono riusciti a ricongiungere anche i mesi estivi, senza Inps per il licenziamento obbligato. «Ho 65 anni e nella mia vita non sono mai riuscita ad avere una cattedra fissa – commenta Enrica Guida, insegnante di lettere al liceo classico -. Compiuti 60 anni, ho deciso di continuare per recuperare i mesi persi tra un contratto a tempo determinato e l’altro. Ma adesso sono davvero stufa».

Sono le donne le più determinate a lasciare l’incarico. «Sono preoccupate per l’innalzamento dell’età pensionabile», commenta Leonardo Donofrio di Iuniscuola. Una misura che dovrebbe partire proprio dal pubblico impiego. E il 30% di loro lavora alle elementari: «Con le novità del maestro unico continuare diventa davvero difficile».

In controtendenza i capi d’istituto. Anche quelli che hanno più di 40 anni di anzianità vogliono rimanere. Esempio per tutti il provveditore Antonio Lupacchino, che vanta 43 anni di servizio. «Ma non è chiaro se potranno continuare – spiega Rita Frigerio, segretario della Cisl Scuola -. Quest’anno, infatti, cambia il regolamento e stiamo aspettando delucidazioni dal Ministero. La scelta, comunque, dovrebbe toccare al direttore scolastico regionale, ma occorrono trasparenza ed equità».

Affezionati al lavoro, pieni di soddisfazioni e con un forte senso del dovere, i presidi però non demordono. «Come fanno a sostituirci? Un terzo dei nostri istituti è senza guida – precisa Michele D’Elia, a capo dello scientifico Vittorio Veneto -. Colleghi in pensione da due anni non hanno ancora visto la liquidazione».

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