Sapienti investimenti nei settori giovanili e nell'impiantistica alla base delle numerose imprese sportive degli atleti iberici


Redazione

08/07/2008

di Mauro COLOMBO

L’ultimo, in ordine di tempo, è Rafael Nadal. Dopo aver fatto man bassa sulla terra rossa (Roland Garros compreso), il tennista di Palma de Majorca ha conquistato anche l’erba di Londra: prima al Queen’s e poi, soprattutto, a Wimbledon, in un estenuante e spettacolare testa-a-testa con il n. 1 del mondo, lo svizzero Federer, che solo grazie all’alchimia delle statistiche è (per ora) riuscito a evitare il sorpasso.

Con Nadal (che a Wimbledon ha rinnovato i fasti di Manolo Santana) continua l’anno d’oro della Spagna nello sport. A inaugurarlo era stato Alberto Contador, capace di sovrapporre la maglia rosa del Giro d’Italia 2008 a quella gialla del Tour de France 2007 (e nel 2006, nella Grande Boucle, la vittoria era andata a un altro iberico, Pereiro).

Poi era toccato alla Nazionale di calcio, campione d’Europa 44 anni dopo il titolo conquistato da Suarez e compagni. Un successo – quello degli uomini di Aragones – che ha completato un fantastico tris negli sport di squadra, dopo il trionfo mondiale nel basket del 2006 e quello europeo nella pallavolo del 2007.

Nel mondo dei motori, infine, se in Formula 1 Fernando Alonso – dopo aver litigato con Hamilton alla McLaren – vive una sorta di “anno sabbatico” alla Renault, nella MotoGp, classe regina delle due ruote, Daniel Pedrosa mostra la schiena a Valentino Rossi nella classifica mondiale e Jorge Lorenzo si annuncia come il dominatore di domani.

Dopo il balzo in avanti nell’economia e la riconosciuta leadership in campo turistico, dunque, la Spagna vince tutto anche nello sport. Un momento d’oro frutto della carica e dell’entusiasmo di un Paese giovane, ricco di energia e di voglia di fare, che guarda al futuro non con paura, ma con la prospettiva concreta di nuove conquiste.

Le vittorie sportive, in particolare, sono il risultato di anni di investimento nei vivai e nei settori giovanili. Grandi eventi come l’Olimpiade di Barcellona e l’Expo di Siviglia (entrambe nel 1992) si sono rivelati “volani” determinanti, in termini sia di promozione della pratica sportiva tra i giovanissimi, sia di lungimirante progettazione e sapiente sfruttamento delle strutture e degli impianti.

La lezione spagnola ci insegna che il tradizionale “stellone” italico non basta, se mancano basi adeguate. Converrebbe ascoltare uno di noi che ha vinto proprio in Spagna, come Andrea Anastasi, Ct della Nazionale iberica che vinse l’Europeo del volley: «Sono professionisti eccellenti nei loro campi, sanno fare squadra e hanno strutture. Nel calcio e nel basket, poi, sono spaziali: hanno stadi, campi e campetti ovunque. Imparano dagli altri e osano coi giovani. Nelle serie minori del pallone giocano i ragazzini. Da noi, invece, muoiono le squadre».

A buon intenditor…

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