Redazione
«Occorre cambiare responsabili e metodi della designazione: Bergamo e Pairetto hanno gravemente compromesso la credibilità del settore. E apriamo le porte, con giudizio, ai supporti elettronici»
di Mauro Colombo
Le polemiche sugli arbitri accompagnano ogni campionato. Il torneo appena concluso, però, è stato per le “giacchette nere” una sorta di anno-zero. Tutto è finito sotto processo: dalle designazioni ai rapporti con i giocatori, dalla preparazione atletica alle differenti interpretazioni di situazioni analoghe. E, immancabile, si è rianimato il dibattito a proposito dei supporti elettronici alle direzioni di gara.
«La classe arbitrale paga la deficitaria gestione del settore operata negli ultimi sei anni dalla coppia di designatori Bergamo e Pairetto – argomenta Filippo Grassia, che ogni domenica, con la sua moviola “radiofonica”, ha passato al setaccio fatti e misfatti dei “fischietti” -. Gli arbitri sono come i Carabinieri, dovrebbero assicurare la massima autorevolezza. Invece Bergamo e Pairetto ne hanno gravemente compromesso la credibilità».
Qual è stato il loro errore principale?
Sulla carta i direttori di gara dovrebbero essere 38. In realtà il 75% delle partite è stato diretto da soli 14 arbitri. In compenso ci sono cinque arbitri, promossi negli ultimi due anni, che non hanno ancora diretto una partita in serie A. Non si è fatto nulla per preparare la nuova generazione, quella del dopo-Collina, per intenderci. L’attuale presidente dell’Aia Lanese, che dovrebbe subentrare a Bergamo e Pairetto, avrà a che fare con un gruppo di arbitri giovani e inesperti.
E per quanto riguarda i metodi di designazione?
Perché pagare due designatori 250 mila euro a testa, se poi la scelta degli arbitri avviene per sorteggio? Mi auguro che si torni al più presto a una scelta “meritocratica”.
Nella valutazione degli episodi di gioco, l’uniformità nei criteri di giudizio sembra una chimera…
In nessun Paese come in Italia l’applicazione della regola del fuorigioco – l’esempio più lampante – appare tanto interpretabile e discutibile. Il 1° luglio entrerà in vigore la norma che pone in fuorigioco l’attaccante al di là dei difensori anche solo con la punta del naso; sarà eliminata qualsiasi differenza tra off-side “attivo” e “passivo”: si parlerà di “interferenza” e sarà considerato in gioco solo chi, pur trovandosi al di là dei difensori, non approfitta in alcun modo della sua posizione e non reca danno agli avversari. Questo dovrebbe semplificare le cose, così come il ricorso alle immagini televisive sui gol-fantasma nella prossima Coppa Italia. Non siamo ancora al pallone elettronico, ma almeno è un inizio.
Da operatore della moviola, sia pure radiofonica, sei favorevole agli ausili elettronici?
Con i dovuti “paletti”. Non si può interrompere il gioco a ogni piè sospinto, ma se la tecnologia consente di ovviare in tempo reale a un possibile errore arbitrale, perché non farvi ricorso?
Il n.1 dei fischietti, Collina, si avvia alla fine della carriera. Dopo di lui il diluvio?
Intanto Collina ha tre opzioni davanti, dopo aver rifiutato la proposta di diventare lui stesso designatore perché non ha ottenuto quell’autonomia d’azione che chiedeva: potrebbe continuare ad arbitrare in virtù di un’eventuale deroga al “tetto” dei 45 anni; potrebbe andare a “fischiare” in Inghilterra (ha ricevuto un’offerta di 800 mila sterline annue per cinque anni per arbitrare, formare i referees inglesi e fare da testimonial); potrebbe lavorare per la Fifa (Blatter lo stima molto ed è uno dei personaggi del calcio italiano più conosciuto e apprezzato nel mondo). Via lui, i migliori dovrebbero essere Rosetti, Paparesta e Trefoloni: il primo ha macchiato la sua stagione con il clamoroso fallo di mano non visto all’Olimpico che poteva costare la serie B alla Fiorentina; il secondo non ha fatto registrare passi avanti; il terzo è addirittura in flessione. Se consideriamo che ai Mondiali del 2006 l’Italia dovrebbe essere rappresentata da De Santis, c’è poco da stare allegri.